A venticinque anni dalla sua introduzione ufficiale e a più di venti dalla circolazione delle monete e banconote, l’euro rimane uno dei simboli più evidenti del progetto di integrazione europea. Condiviso oggi da 20 dei 27 Stati membri dell’Unione Europea, l’euro non è solo una moneta ma rappresenta anche un’idea: un’Europa più forte, più coesa e competitiva sul piano globale. Tuttavia, questa visione non sempre si traduce in un consenso unanime da parte dei cittadini dei diversi Paesi membri. Il rapporto Eurobarometro del 2024 offre uno sguardo approfondito sulle percezioni dei cittadini riguardo l’euro, evidenziando non solo il sostegno diffuso che la moneta unica continua a riscuotere, ma anche le sfumature, le divergenze e le criticità che caratterizzano i sentimenti delle popolazioni europee.
Un dato particolarmente significativo è che il 79% degli intervistati nei Paesi dell’Eurozona considera l’euro un bene per l’Unione Europea nel suo complesso, mentre il 71% lo percepisce come positivo per il proprio Paese. Sebbene queste percentuali siano alte e suggeriscano un sostegno sostanziale, un’analisi più dettagliata rivela notevoli differenze a livello nazionale. Ad esempio, i cittadini finlandesi e slovacchi sono tra i più entusiasti: rispettivamente il 90% e l’89% degli intervistati in questi Paesi ritiene che l’euro rappresenti un beneficio per l’Ue. Dall’altro lato dello spettro, si trovano Paesi come i Paesi Bassi, la Grecia e la Lettonia, dove il consenso cala al 72%, una percentuale comunque maggioritaria ma che indica un maggiore scetticismo. Questi dati sottolineano che, sebbene l’euro rappresenti un elemento di unificazione, l’entusiasmo con cui è percepito non è uniforme.
Italia e Francia, tra aspettative deluse e potenzialità inespresse
L’Italia e la Francia rappresentano due casi emblematici di questa complessità. In Italia, il 76% degli intervistati ritiene che l’euro sia un bene per l’Ue, ma soltanto il 41% concorda sul fatto che abbia reso più semplice ed economico viaggiare, una percentuale tra le più basse dell’Eurozona. Questo dato riflette una percezione mista: se da un lato c’è un riconoscimento dell’importanza dell’euro per il progetto europeo, dall’altro i cittadini italiani sembrano meno convinti dei benefici pratici che la moneta unica ha apportato alla loro vita quotidiana. Le ragioni possono essere molteplici: dalla persistente crisi economica che ha colpito il Paese negli ultimi decenni, alle difficoltà di adattamento ai cambiamenti strutturali richiesti dall’adesione all’euro.
Anche in Francia emergono sentimenti contrastanti. Sebbene il sostegno all’euro rimanga alto, una parte significativa della popolazione esprime preoccupazioni riguardo all’impatto della moneta unica sull’economia nazionale. In entrambi i Paesi, il dibattito sull’euro si intreccia con questioni più ampie, come la sovranità economica, le politiche fiscali e il rapporto con le istituzioni europee.
L’inflazione e il costo della vita
Un tema ricorrente nelle percezioni dei cittadini riguarda l’inflazione e il costo della vita. In molti Paesi, l’adozione dell’euro è stata associata a un aumento percepito dei prezzi, un fenomeno che ha alimentato il malcontento in alcune fasce della popolazione. Sebbene studi economici abbiano dimostrato che l’effetto dell’euro sull’inflazione reale è stato limitato, la percezione pubblica rimane diversa. In Croazia, ad esempio, che ha adottato l’euro nel 2023, solo il 44% dei cittadini ritiene che l’euro sia un bene per il Paese, un calo significativo rispetto al 2023 (-8 punti percentuali). Questo dato evidenzia le difficoltà di adattamento iniziale e i timori legati all’aumento dei prezzi, spesso percepito come una conseguenza diretta dell’introduzione della moneta unica.
L’abolizione delle monete da 1 e 2 centesimi, sostenuta dal 61% degli intervistati, riflette un altro aspetto della percezione economica dei cittadini. Questa proposta, che comporterebbe l’arrotondamento obbligatorio dei prezzi, è vista come una misura per semplificare le transazioni quotidiane e ridurre i costi associati alla gestione delle monete. Tuttavia, potrebbe anche alimentare ulteriori preoccupazioni riguardo a possibili arrotondamenti al rialzo dei prezzi, un tema che richiede una gestione attenta per mantenere la fiducia dei consumatori.
I giovani e l’euro
Il rapporto Eurobarometro 2024 mette in luce un aspetto cruciale: tra i giovani europei di età compresa tra i 18 e i 34 anni, l’euro non è percepito semplicemente come una moneta, ma come un simbolo tangibile dell’appartenenza a un progetto comune. Questo dato si collega alla loro esperienza diretta: a differenza delle generazioni più anziane, i giovani non hanno mai conosciuto una realtà economica e sociale priva della moneta unica. Questo vissuto genera un senso di normalità e, al tempo stesso, di orgoglio verso un sistema che garantisce libertà di movimento, opportunità lavorative transfrontaliere e una maggiore competitività internazionale.
Tuttavia, il consenso tra i giovani non è privo di riserve. In alcune aree d’Europa, specialmente nei Paesi mediterranei come Italia, Spagna e Grecia, il tasso di disoccupazione giovanile rimane un problema strutturale che mina la fiducia verso le istituzioni europee. Nonostante il legame simbolico con l’euro, molti giovani in queste regioni percepiscono l’Unione Europea come distante rispetto alle loro sfide quotidiane, come la precarietà lavorativa e l’accesso limitato a percorsi di carriera sostenibili. In contrapposizione, nei Paesi nordici e dell’Europa orientale, dove le politiche di inclusione giovanile e la formazione professionale sono più sviluppate, l’euro viene visto in maniera quasi esclusivamente positiva. Questo dualismo evidenzia come il sostegno giovanile all’euro non sia monolitico, ma dipenda in larga parte dal contesto socioeconomico.
Pnrr un banco di prova per l’euro
Se l’euro è un simbolo di unità, il Piano di Ripresa e Resilienza è la dimostrazione concreta di come l’Unione Europea stia cercando di affrontare le sfide del futuro attraverso un approccio collettivo. Con i suoi 750 miliardi di euro complessivi, di cui una parte significativa destinata alla transizione ecologica e digitale, questo programma rappresenta una delle iniziative più ambiziose nella storia dell’Ue. Tuttavia, il successo del piano non è garantito, e il sostegno all’euro da parte dei cittadini è strettamente legato alla percezione dell’efficacia di queste misure.
Per molti, il Pnrr è visto come una risposta necessaria per contrastare le conseguenze economiche della pandemia e rilanciare le economie nazionali. Tuttavia, nei Paesi dell’Eurozona, permangono perplessità su come i fondi vengano distribuiti e, soprattutto, su quanto siano realmente accessibili a chi ne ha più bisogno. In Italia, ad esempio, una parte della popolazione teme che i finanziamenti finiscano per favorire settori già consolidati, trascurando categorie come le piccole imprese o i lavoratori autonomi. Al contempo, in Germania e nei Paesi Bassi, una parte dell’opinione pubblica esprime scetticismo riguardo alla sostenibilità di un debito condiviso a livello europeo.
L’euro, in questo contesto, non è solo uno strumento economico ma una piattaforma attraverso la quale dimostrare che l’integrazione europea può produrre benefici tangibili e duraturi. Se il Piano di Ripresa riuscirà a generare risultati concreti in termini di crescita sostenibile e inclusiva, contribuirà a rafforzare la fiducia non solo nell’euro, ma anche nel progetto europeo nel suo complesso. Al contrario, eventuali fallimenti rischierebbero di alimentare sentimenti di disillusione, specialmente in quei Paesi dove il sostegno alla moneta unica è già meno stabile.