Sono stati liberati i pescatori di Mazara del Vallo, dopo 107 giorni di prigionia in Libia. A dare la notizia sono stati il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che sono volati in Libia per il passo decisivo che darà la libertà ai 18 pescatori chiusi in cella dal primo settembre. Si conclude quindi con il lieto fine la storia di uno dei tantissimi casi diplomatici che hanno visto cittadini italiani finire nelle grinfie delle dittature del Nord Africa. Questa volta, era toccato ai navigatori di Mazara del Vallo, “colpevoli” (le virgolette sono d’obbligo) di aver transitato nella zona contigua del mare libico. Per coloro che non mastichino la nomenclatura del diritto internazionale, la zona contigua è localizzata tra le 12 e le 24 miglia marine dalla costa. Essa non fornisce diritti sovrani allo stato costiero, ma solo diritti di controllo sulle navi in transito, tesi a prevenire o reprimere infrazioni alle sue leggi doganali, fiscali, sanitarie o di immigrazione.
Ciò rende evidente l’illegittimità dell’arresto dei 18 pescatori, che furono costretti con le minacce dalla guardia costiera libica a seguirla a riva. Le vittime, impaurite e probabilmente pensando ad un semplice controllo, avevano eseguito l’ordine, senza probabilmente pensare che ne sarebbe conseguito un calvario di tre mesi e mezzo. Secondo la Libia, infatti, quella che si estende oltre le 12 miglia marine dalla sua costa sarebbe una Zona Economica Esclusiva del Paese, cosa, questa, che non viene però riconosciuta da nessun altro Stato.
Tra i 18 pescatori vi sono 8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi, ma l’azione diplomatica italiana non ha, giustamente, fatto distinzioni, riuscendo a ottenere la liberazione per tutti e a permettergli di tornare a casa prima di Natale. I familiari delle persone coinvolte si sono riuniti davanti al municipio di Mazara del Vallo per festeggiare la libertà dei loro cari insieme al sindaco Salvatore Quinci, il quale ha dichiarato che si tratta di “Un grande giorno per tutti”. Secondo il ricercatore italiano dell’ISPI (istituto per gli studi di politica internazionale) Arturo Varvelli, intervistato da “RaiNews 24”, dietro la detenzione dei pescatori di Mazara c’era un intento politico, ovvero quello di Haftar, il quale “voleva ottenere una sorta di riconoscimento. Considerando che Conte e Di Maio sono andati a Bengasi per trattare, possiamo dire che questo riconoscimento politico al generale Haftar ci sia stato. Vedremo quali conseguenze avrà questa vicenda”. Nell’attesa di capire se questa vicenda avrà delle conseguenze per gli equilibri libici, però, concediamoci un momento di felicità per la ristabilita libertà di 18 innocenti.