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LIBIA: ONU, JIHAD E NEO-OTTOMANISMO

Il raid aereo sull’Accademia di polizia di Tripoli, lo scorso sabato 4 gennaio, ha acceso una nuova miccia nella polveriera libica. La chiamata alle armi del generale Khalifa Haftar è stata plateale e ha riscosso un certo fervore tra tutti i libici, unendo le già note rivendicazioni su Tripoli a una nuova legittimità: non si tratta più di cacciare le milizie alleate al Gna del rivale Serraj ma di “affrontare il colonizzatore”, questo neo-ottomanismo della Turchia che abbiamo già visto all’opera in Siria. Il leader di Tobruk accusa il presidente Recep Tayyip Erdogan di essere un “deviato sultano turco” che alimenta una “guerra nazionale” attraverso l’intera “regione araba”. Erdogan, dal canto suo, ha dato pronta attuazione al mandato parlamentare – mossa che avrà sicuramente suscitato un certo imbarazzo nei diplomatici egiziani. I militari hanno iniziato il dispiegamento, ha spiegato all’emittente televisiva turca della Cnn durante un’intervista. “Il compito dei nostri soldati è il coordinamento. Lì svilupperanno il centro operativo“. In Libia “il nostro scopo è di far sopravvivere il governo legittimo” di Fayez al-Sarraj, ha aggiunto, “l’esercito turco è lì per garantire un cessate il fuoco, non per combattere“, e per cercare di “evitare tragedie umanitarie“.

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Nel frattempo un portavoce del generale Haftar ha rivendicato la responsabilità del raid, che ha causato la morte di almeno 30 cadetti. “I cadetti di quel college sono miliziani“, aveva affermato Khaled Al-Mahjoob in una dichiarazione ad Alhurra TV, ripresa dal Libya Observer. Una dichiarazione che circolava già sui siti vicini alle milizie cirenaiche ma che è stata poi smentita dal portavoce di Haftar in conferenza stampa. In risposta all’attacco, intanto, il Gna tripolino ha chiesto una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite “per discutere delle atrocità e dei crimini di guerra di Haftar“. E a Tripoli la stessa missione Onu ha condannato il bombardamento di sabato. Nelle ultime ore l’aviazione di Haftar ha accelerato il ritmo delle sue operazioni conquistando Siirte in una battaglia durata appena 3 ore. La missione diplomatica che oggi 4 ministri degli Esteri della Ue – Italia, Francia, Germania e Regno Unito assieme al rappresentante Ue Josep Borrell – sollecitati dall’italiano Luigi Di Maio, avrebbero dovuto tenere a Tripoli, è stata cancellata. Diversi i punti caldi della questione: Haftar sabato ha compiuto anche un attacco con droni presso una caserma della milizia “Nawasi” all’interno della base navale di Abu Sitta, base in cui è ormeggiata la nave della Marina Militare italiana che offre assistenza tecnica alla guardia costiera libica. A Tripoli, per di più, milizie e ambienti politici vicini alla Turchia stanno lanciando manifestazioni e contestazioni anti-italiane e anti-europee. Gli slogan dicono che “è tardi, non ci avete difeso per tempo, adesso è inutile che veniate a Tripoli”. A questo si accompagnano le reazioni del Consiglio presidenziale di Serraj. Il governo di Tripoli dice quello che con nei giorni scorsi in Italia ha detto anche l’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini: “se la Ue si presenta adesso a Tripoli, dopo mesi di assenza, senza uno straccio di idea politica da proporre al governo Serraj, senza una vera iniziativa, allora il viaggio del 4 ministri è inutile“.

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Di Maio prova a moltiplicare gli sforzi. Innanzitutto, ha deciso di accettare per l’8 gennaio un invito del collega egiziano Sameh Shoukri: al Cairo parteciperà a un incontro a 5 anche con Francia, Grecia e Cipro. Subito dopo Di Maio ha chiesto incontri anche ai suoi colleghi tunisino e algerino. Volerà a Tunisi e Algeri il 9 e il 10 per rimettere la Libia al centro della politica estera italiana nel Mediterraneo. Intanto il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha messo in guardia gli attorti internazionali dall’invio di truppe in Libia: “Qualsiasi sostegno straniero alle parti in guerra” nel Paese, ha affermato, “non farà che aggravare il conflitto e complicare gli sforzi per una soluzione pacifica“. Guterres ha sottolineato in un comunicato che “le continue violazioni dell’embargo sulle armi imposto dal Consiglio di sicurezza non fanno che peggiorare le cose“. Ma un’imposizione ha valore solo se una sua inosservanza ne preveda delle sanzioni: e le sanzioni qualcuno deve poterle imporre.

Data:

7 Gennaio 2020