Lotta eterna in Stati come l’Italia, dove gran parte della superficie è delimitata dal mare, tra le pubbliche autorità e i gestori dei lidi. Questa volta il caso che ha provocato l’intervento della Corte di Cassazione penale, con la sentenza 20088 del 2020, è relativo al comportamento del titolare dello stabilimento balneare l’”Ariana” di Gaeta, il quale aveva delimitato l’arenile con una recinzione, dotata di due porte di accesso, realizzando un ricovero per attrezzature da spiaggia, patendo l’accusa di occupazione abusiva di spazio demaniale marittimo. Secondo il gestore, infatti, questo comportamento era lecito anche in assenza di apposita concessione perché lo spazio in questione risultava sopraelevato di circa un metro rispetto al livello del mare ed era quindi ben diverso dalle cartografie risalenti al 1958 che erano servite per attestarne una demanialità marittima antica ma poi venuta meno poiché il suolo non era più toccato dal mare. Gli ermellini non hanno accolto questa tesi ricordando che il reato contestato “è configurabile anche in mancanza di un esplicito atto di destinazione demaniale del bene, derivando la demanialità dalle caratteristiche intrinseche”. Le caratteristiche intrinseche, a loro volta, sono individuate in base ai beni indicati nell’articolo 822 cod. civ. (lido del mare, spiagge, rade e porti) e nell’articolo 28 cod. nav., (lagune, foci dei fiumi che sboccano in mare, bacini di acqua salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente con il mare e canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo). Da qui l’assunto che il gestore avesse messo mano abusivamente all’arenile, anche perché l’art. 55 cod. nav. include nel concetto di “lido” anche i terreni “elevati sul mare”. Difatti, soltanto un provvedimento di accertamento di “intervenuta inutilizzabilità del bene per pubblici usi del mare”, fondato sull’art. 35 cod. nav. e promosso dal capo del compartimento marittimo, avrebbe avuto la forza di “sdemanializzare” il bene pubblico. Confermata quindi la sanzione penale della pena pecuniaria. La decisione va condivisa e apprezzata per la sua chiarezza (merce rara ma preziosa, perché orienta bene i comportamenti futuri). Resta al legislatore, però, il compito di regolamentare con più semplicità i tanti comportamenti oggettivamente inoffensivi rispetto all’integrità dei beni pubblici e che al contempo rappresentano un valido miglioramento dei servizi sia la collettività degli utenti e sia per i gestori degli stabilimenti balneari, sempre più schiacciati da norme tanto severe quanto anacronistiche. Meno divieti, più rispetto per essi. Buon mare italiano a tutti.
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Lidi e poteri dei gestori
