La crociata nei confronti delle piattaforme social non conosce sosta. È ora la volta del piccolo stato di San Marino che ormai da tempo ha intrapreso una lotta all’apparenza impari, con i colossi social. Il pugno duro da parte della repubblica del Titano si è rivolto contro TikTok, che ha dovuto pagare una sanzione da 3,5 milioni, e Facebook con una sanzione di un milione. È stata l’Autorità per la Protezione dei dati di San Marino a presentare i conti salatissimi alle due piattaforme per via di una norma del piccolo stato che prevede che i minori di16 anni possano iscriversi a un social solo con il consenso dei genitori, un consenso fondamentale e necessario per il trattamento dei dati sensibili e personali. I minori però possono facilmente aggirare l’ostacolo e d’altra parte le piattaforme non fanno nulla per vigliare affinché questa norma sia rispettata e per monitorare il consenso al trattamento dei dati. Un attento monitoraggio soprattutto di TikTok da parte delle autorità, ha potuto permettere di appurare come molti iscritti siano minori frequentanti le scuole primarie, situazione che ha spinto l’Autorità a elevare sanzioni alla piattaforma per non aver fatto nulla per verificare il consenso prestato o autorizzato da utenti maggiori di anni 16.

I legali spiegano anche come mai vi sia stata una disparità di trattamento sanzionatorio verso le due piattaforme; la causa sembra essere stata la mancanza da parte di TikTok di un chiarimento e di una giustificazione per le mancate procedure di riconoscimento, cosa che invece perlomeno Facebook ha tentato di fare. San Marino non è comunque nuova in questo tipo di battaglie legali verso i colossi social. Nel 2019 Facebook diffuse i dati personali di quasi 13.000 cittadini sammarinesi a causa di un intervento hacker. Allora la sanzione comminata dalle autorità fu di ben 4 milioni di euro per violazione delle norme del GDPR. Intanto dall’altra parte del pianeta, in Australia, sta per entrare in vigore la legge che vieta l’uso dei social da parte dei minori di 16 anni, una norma che però deve fare i conti con l’abilità dei minori stessi nell’aggirare il limite minimo di età per l’accesso alle piattaforme. È ciò che emerge da una ricerca effettuata da ESafety, ente regolatore indipendente australiano per la sicurezza nazionale, che ha rilevato come l’80% dei minori australiani, con età compresa tra 8 e i 12 anni, ha utilizzato i social media nel corso del 2024. I più apprezzati dai minori risultano essere YouTube (68%), TikTok (31%) e Snapchat (19%), in barba ai divieti di utilizzo e al monitoraggio degli adulti.

Aggirare le regole da parte dei minori sembra dunque essere la norma, cosa che però viene agevolata dalle stesse piattaforme le quali richiedono la data di nascita al momento dell’iscrizione, affidandosi così a ciò che viene dichiarato dagli utenti, senza richiedere ulteriori controlli o documenti in grado di verificare l’età. Le piattaforme al momento sono prive di adeguate regole e controlli che possano impedire che un minore inserisca dati non veritieri per potersi iscrivere come se fosse un adulto. Resta da capire cosa succederà dopo che la norma australiana di divieto di utilizzo dei social da parte dei minori entrerà in vigore e se effettivamente i milioni di minori iscritti con un account falsato vengano poi in qualche modo estromessi dalle piattaforme in seguito a controlli incrociati. Stabilire una rete di protezione attorno ai minori affinché non siano risucchiati nel vortice della dipendenza dai social, è la sfida oggi più importante ma allo stesso tempo maggiormente improba: da una parte abbiamo infatti le stesse piattaforme che, golose di un pubblico giovane e spesso non capace di attivare le sentinelle del senso critico, fanno sì che le maglie dei controlli siano facilmente aggirabili, dall’altra vi è un certo lassismo irresponsabile da parte dei genitori non sempre capaci di frenare le richieste dei propri figli ad avere un accesso incondizionato ai contenuti proposti dai pifferai magici della Silicon Valley.