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L’INDIFFERENZA ALLO SPETTACOLO DEL DOLORE

cms_20232/0.jpgProduttori e consumatori di immagini, immersi in un flusso e in una continuità visiva senza sosta. Siamo diventati nel corso di un brevissimo periodo di tempo, ossessionati dal potere simbolico che i media hanno assunto nelle nostre vite, un carattere simbolico che permette a tutti non solo di esprimersi, ma anche di veicolare qualsiasi tipo di contenuto per veicolare opinioni e intervenire sugli eventi. Figli diretti della comunicazione di massa, ovvero di quella produzione e diffusione generalizzata di forme e significati simbolici, siamo nel breve passati da essere semplicemente pubblico a essere prosumer multitasking, sintesi perfetta di un individuo sincretico nel maneggiare disinvoltamente più mezzi. Dietro però la creazione di un utente smaliziato e capace di gestire più registri semiotici, vi è anche un individuo sempre più insensibile di fronte a certi avvenimenti della realtà. Siamo anestetizzati di fronte a quello che Boltanski ha chiamato lo spettacolo del dolore, insensibili e soprattutto estremamente bisognosi di immagini che siano in grado di provocare turbamento, shock, emozioni forti per farci smuovere dal torpore.

cms_20232/1.jpgSe i cosiddetti old media hanno fatto la maggior parte del lavoro nel renderci spettatori disinteressati al pathos altrui, il web ha completato l’opera rendendo lo spettacolo del disagio, dell’odio e della morte sempre più una consuetudine per voyeur annoiati. Sempre meglio alimentarsi del disagio degli altri piuttosto che viverlo in prima persona, in particolar modo ora che ognuno di noi possiede i mezzi necessari per aumentare la distanza con gli altri e con la paura. Spogliati da empatia verso il prossimo, non ci rimane altro che provare appagamento nel visionare a getto continuo immagini che sembrano provenire da mondi lontani e che invece accadono a pochi passi da noi. Finiamo allora per appropriarci di messaggi filtrati e mediati che poi dobbiamo rielaborare, sintetizzare ancora e interiorizzare a seconda della nostra visione del mondo e dell’emozione del momento.

cms_20232/2.jpgDi fronte allora alle numerose immagini del dolore che ci arrivano oggi sui nostri schermi, bisogna attivare quella che sempre Boltanski chiama la politica della pietà cioè una politica che “si appropria della sofferenza per farne l’argomento politico per eccellenza” (Boltanski, Lo spettacolo del dolore). Si tratta nello specifico di trovare un giusto equilibrio tra ciò che si sta osservando (da uno schermo televisivo, di uno smartphone o da un monitor di un pc) e ciò che ci spingerebbe ad agire per aiutare o comunque far qualcosa verso chi prova dolore. Le immagini devono diventare, paradossalmente, ancora più forti per lo spettatore, in maniera tale da superare le sue barriere di insensibilità createsi a causa dell’overload di contenuti estrapolati da una realtà dolorosa. Estrarre i contenuti patemici dei singoli per attivare la coscienza di un pubblico poco coinvolto emotivamente sembra allora una soluzione nell’opera di convincimento di spettatori superficiali alla sofferenza altrui.

Data:

6 Dicembre 2020