Tempi duri per avere figli. La leggerezza della modernità te li ammazza con facilità e per futili motivi. In fondo siamo una società evoluta. Un’evoluzione che potrebbe anche funzionare se non ci fosse di mezzo la cattiveria umana. Nel 2017 abbiamo una chiara consapevolezza della pericolosità della violenza. Sappiamo anche che non è giusto far del male agli altri. Non lo dice la Chiesa, ma gli occhi sofferenti delle persone. Nonostante ciò, l’ingiustizia di un dolore non cercato continua a protrarsi con insistenza. Si parla della vicenda che ha coinvolto e ucciso Emanuele Morganti ad Alatri.
La notte del pestaggio – quella dello scorso venerdì – il ragazzo si trovava nella discoteca Mirò in compagnia di amici e fidanzata. Secondo le testimonianze ad un certo punto è stato allontanato dal locale a causa di uno screzio con qualcuno. Erano le 2.00 del mattino. La sua vita è finita così: fuori la discoteca, circondato da un branco di uomini inferociti che con un tubolare di ferro, calci e pugni, lo hanno massacrato. Una morte terribile per un ragazzo di vent’anni, sopraggiunta 48 ore dopo all’ospedale Umberto I di Roma dove era giunto in condizioni disperate. La causa di cotanta violenza sta in qualche parola usata per difendere la fidanzata. Ancora la dinamica è da chiarire, si aspettano tutti gli accertamenti del caso.
“Chi sa parli” dice il sindaco Giuseppe Morini. Ad Alatri ci si conosce tutti e i Carabinieri hanno già ascoltato diverse persone, alcune delle quali due volte. Tra i nove indagati, i fermati sono due. Hanno rispettivamente 20 e 27 anni e sono fratellastri. L’accusa è grave: omicidio volontario aggravato da futili motivi. Giuseppe De Falco, procuratore capo di Frosinone, ha parlato di indizi gravi, mentre la vicenda non sembra essere ancora del tutto chiarita. Forse tre le aggressioni ai danni di Emanuele, l’ultima e letale quella compiuta da Paolo e Mario, temuti da tutti ad Alatri e svelti di mano, forse sotto effetto di alcol e stupefacenti. Ora sono entrambi nel carcere di Regina Coeli
Sta di fatto che un ragazzo “innocente e perbene”, come lo ha definito il Procuratore, non c’è più. Il gesto è inqualificabile. Non si tratta di una questione di vita o di morte, bensì di ragioni superficiali. Un gruppo di ragazzi si scaglia contro un solo ragazzo. Ah questi branchi invasi dalla bramosia di fare i bulli con i più deboli! Quando gli amici lo hanno raccolto privo di sensi fuori dal locale, il volto di Emanuele era irriconoscibile. La dinamica è sconcertante, Emanuele cessa di vivere sotto gli occhi impotenti della fidanzata, Ketty che su Facebook lo ha salutato così: “Non hai fatto niente di male, a rivederci presto amore mio”. Forse urge una riflessione forte. Un pensiero che abbracci la vittima e incolpi senza scuse gli assassini. Non esiste giustificazione per aver deliberato la morte di qualcun altro. Nemmeno per quelli che, avendo assistito alla scena, avrebbero potuto fare qualcosa e che, invece, hanno girato la faccia dall’altra parte.