Ogni viaggio vero inizia soltanto dopo che si è compreso che la meta in precedenza raggiunta era solo il biglietto giusto per un nuovo inizio.
Si parte dove si è arrivati. Se non ci si ferma non è possibile iniziare un nuovo tratto di cammino. Ogni arrivo è, propriamente, la migliore opportunità che ci è donata per riconoscere la successiva destinazione.
Mentre si è in cammino, in movimento, in viaggio molte cose ci passano dinnanzi, ma non tutte è possibile portarle con sé. Immagini e sensazioni si confondono insieme; sapori e odori si uniscono insieme uno dentro all’altro. Tutto scorre, scivola via e, dentro, resta solo ciò che rende sensato e gradevole il percorso: tutto, alla fine, diventa memoria e riferimento, ricordo e appuntamento.
Quanti riferimenti, relazioni, richiami rilanciano istanti già vissuti. Tutto sembra tornare: inedito e originario. Presenza e novità non sono circostanze create da altri, ma frutto e risultato del nostro modo di affrontare l’oggi, di gestire il passato, di pensare al futuro.
Sorpresa e fascino, mistero e attrazione di sentieri già tracciati si celano agli occhi di quanti intraprendono per la prima volta. Certamente, andare per primi, significa segnare percorsi che diventeranno facili per chi verrà dopo e, alla fine, per noi stessi.
Andare, segnare, tracciare per primo, colma terribilmente il cuore di timore, trepidazione, responsabilità, ma anche, talvolta, di spavento. E’ necessario riconoscere, raccogliere, custodire ogni singolo riferimento e tutto ciò sazia il desiderio in modo impagabile. Percorrere, raccogliere e conservare tutto ciò che si era mostrato inedito e primo, permette di iniziare a scrivere, con l’inchiostro della conoscenza e dell’apprendimento interiore, le pagine bianche del nostro diario, ovvero lo scorrere dei giorni e della vita.
Ma quando, veramente, è possibile iniziare a scrivere? Soltanto mentre si è in cammino, forse, un po’, ma certamente più facilmente alla fine, a distanza.
Forse, sarebbe necessario saper attendere, raccogliere, per una vita intera e possibilmente lunga, senso e tenerezza e poi, proprio alla fine, potremmo forse colmare il candore dei nostri fogli.
E già, non viene da presto e facile la memoria scritta, quella memoria fatta di segni tracciati su pagine bianche, segni che restano, che parlano, che fanno tornare in vita luoghi, incontri, emozioni, esperienze che mai più, comunque, potranno essere replicabili.
La memoria scritta, tuttavia, saprà aiutare la comprensione, la custodia, la conoscenza e l’apprendimento. E’ fondamentale viaggiare e andare per primi, se tutto ciò è vissuto con sete interiore, desiderio di entrare dentro a quel nuovo che si manifesta dinnanzi a noi ed è stato preparato proprio per noi.
Ma essere in cammino, muoversi, viaggiare, persino vivere, senza custodire in qualche nostra stanza interiore un segnale leggibile di quanto tale cammino abbia maturato, potrebbe risultare un tempo perduto, quantomeno non vissuto appieno.
L’essenza dei ricordi si penetra soltanto quando la memoria è diventata sangue in noi, sguardo e gesto.
Scrivere non è semplicemente mettere una dietro all’altra parole più o meno sensate, come viaggiare non è soltanto entrare ed uscire da spazi nuovi che si offrono alla nostra momentanea occupazione. Occorre sostare. Fermarsi e assaporare. Raccogliere e custodire, aspettando il frutto che non si conosce.
(Servizio fotografico realizzato da Marina Tarozzi)