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L’Italia spaccata: il Sud peggio della Grecia

L’Italia spaccata: il Sud peggio della Grecia

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L’Italia è un Paese sempre più spaccato a metà: se, dopo la crisi, il Nord ha ripreso a correre e con qualche difficoltà tiene il passo della locomotiva d’Europa, vale a dire la Germania, il Sud, invece, arranca e presenta una situazione socio/occupazionale addirittura peggiore della Grecia (ma con un pil pro-capite superiore) che da oltre un decennio è stabilmente il fanalino di coda dell’Eurozona. E’ questo il risultato a cui è giunto l’Ufficio studi della Cgia dopo aver comparato una serie di indicatori economici, occupazionali e sociali della Germania con il Nord Italia e della Grecia con il nostro Mezzogiorno.

In termini di Pil pro capite il Nord Italia sconta un differenziale negativo con la Germania di poco superiore ai 4.300 euro; il dato del Mezzogiorno, invece, è superiore a quello greco di 2.000 euro. Tuttavia un cittadino del settentrione dispone di oltre 15.600 euro all’anno in più rispetto a un residente al Sud.

Sul versante della produttività del lavoro (valore aggiunto per occupato in euro), invece, sia il Nord sia il Sud hanno la meglio rispettivamente della media tedesca e di quella greca. E’ questo l’unico indicatore tra i 10 presi in esame dove l’esito delle due macro aree del nostro Paese è migliore di quello registrato a Berlino e ad Atene.

In merito all’export, infine, i dati della Germania non hanno eguali nel resto d’Europa, tuttavia il Nord Italia si difende benissimo, registrando un gap molto contenuto, anche nel rapporto tra saldo commerciale e Pil. Tra la Grecia e il nostro Sud, invece, le esportazioni sul Pil sono maggiori nel Paese ellenico, anche se il Mezzogiorno d’Italia conta una bilancia commerciale meno squilibrata di quella greca.

Sul versante occupazionale le distanze tra i dati riferiti al mercato del lavoro tedesco e quelli del Nord Italia sono importanti. Se il tasso di occupazione generale in Germania è superiore di quasi 10 punti, il tasso di disoccupazione, invece, è di poco inferiore alla metà (3,8 contro il 6,9 per cento).

Altrettanto forte è il divario riferito al tasso di disoccupazione giovanile: in Germania è quasi 4 volte inferiore (6,8 contro il 24 per cento). Ugualmente preoccupanti i risultati che emergono dalla comparazione tra il nostro Sud e la Grecia. Solo per quanto concerne il tasso di disoccupazione generale il Mezzogiorno registra una situazione migliore di quella greca (19,4 contro 21,5 per cento). In tutti gli altri casi Atene ha sempre la meglio.

Sebbene il Nord Italia presenti degli indicatori occupazionali meno positivi della media tedesca, in materia di povertà o esclusione sociale la situazione si capovolge. Nelle nostre regioni settentrionali le percentuali sono inferiori sia al rischio povertà (19 contro 19,7 per cento), così come inteso dall’indicatore previsto dalla strategia Europa 2020, sia quando analizziamo il “tradizionale” indicatore del rischio povertà (12,1 contro il 16,5 per cento). Nelle comparazione tra il nostro Sud e la Grecia, infine, le distanze sono pesantissime e in entrambi i casi la popolazione greca presenta percentuali nettamente inferiori alle nostre.

A un decennio dall’inizio della crisi economica che ha pesantemente colpito il nostro Paese, il Sud è stata la ripartizione geografica del Paese più penalizzata. Secondo una elaborazione della Fondazione Leone Moressa, tra il 2008 e il 2017 il Mezzogiorno d’Italia ha perso 310.000 occupati e ha registrato un aumento dei disoccupati pari a 592mila unità. Sempre nello stesso arco temporale, al Nord i posti di lavoro sono aumentati di 74mila unità, mentre il numero dei senza lavoro è salito di 413mila.

L’Istat, tuttavia, stima che nel Mezzogiorno le unità di lavoro standard in nero siano pari a 1.300.000, contro le 776mila presenti nel Nordovest e le 517.400 “occupate” nel Nordest. La Cgia sottolinea la forte presenza dell’economia ’non osservata’ al sud che, solo per la parte del lavoro irregolare, produce nel Mezzogiorno oltre 27 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso all’anno.

Giorgetti: “Ue verso il disastro”

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“Il problema è che in Europa non ci sono leader che meritano di essere seguiti e per questo l’Europa andrà verso il disastro“. Lo ha detto Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, a un evento di Fratelli d’Italia a Milano, parlando del seguito registrato dal vicepremier Matteo Salvini.

Quanto alle alleanze, per Giorgetti “non si può pensare di riproporre tale e quale la tradizionale alleanza di centrodestra nel futuro prossimo. Stiamo vivendo una frattura storica e una ricomposizione. Le nuove categorie del centrodestra e centrosinistra non saranno quelle classiche del passato e chi dovrà interpretare questo cambiamento sarà un soggetto sicuramente populista e sovranista“.

“Questo richiede un leader che sappia interpretare nel modo migliore questo cambiamento. E Matteo Salvini c’è riuscito benissimo” ha sottolineato. Il leader della Lega e vicepremier, ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, “ha fatto una cosa molto semplice: ha sdoganato la destra e ha di fatto dato la leadership a questo mondo. La gente lo segue, lo apprezza, lo vota e lo voterebbe di più”. Per Giorgetti “attorno a Salvini bisognerà ricostruire una proposta vincente per il futuro. Bisogna prendere atto del ruolo di Salvini oggi. Matteo è bravo e mi inchino alla sua bravura“.

Migranti via da Riace

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“Stop al progetto Sprar di Riace: i migranti presenti nel Comune saranno trasferiti altrove“. Lo si apprende da fonti del Viminale. In generale, i progetti Sprar vengono rinnovati ogni tre anni: nel caso di Riace si parla del triennio 2017-2019, ma già dall’estate scorsa il Viminale – spiegano le fonti – aveva bloccato alcuni pagamenti per anomalie nella documentazione presentata dall’amministrazione locale. Nel 2018 il comune di Riace non ha ricevuto fondi e il 30 luglio scorso il sindaco Mimmo Lucano (finito agli arresti domiciliari martedì scorso per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti) era stato avvisato della revoca dei finanziamenti, diventata ufficiale all’inizio di questa settimana (IL DOCUMENTO DEL VIMINALE).

I migranti di Riace, secondo fonti del Viminale, verranno trasferiti già dalla prossima settimana, e nel giro di un mese dovrebbero essere ricollocati in altri centri. Il coordinamento delle operazioni è affidato al Servizio Centrale, ufficio istituito dall’Anci (in base a una convenzione con il Viminale) e che gestisce la rete Sprar. Si sottolinea, continuano le fonti, che la convenzione del ministero con Anci, l’approvazione del progetto Sprar a Riace e i primi stop ai finanziamenti per presunte irregolarità si riferiscono a gestioni precedenti all’arrivo di Matteo Salvini al ministero.

Per il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, il trasferimento dei migranti “è una decisione assurda e ingiustificata. Mi auguro che dietro tale decisione non si celi l’obiettivo di cancellare una esperienza di accoglienza, estremamente positiva, il cui riconoscimento ed apprezzamento è largamente riconosciuto anche a livello internazionale”. Oliverio chiede “al Ministro dell’Interno di rivedere questa decisione”.

Ma per Salvini “chi sbaglia, paga. Non si possono tollerare irregolarità nell’uso di fondi pubblici, nemmeno se c’è la scusa di spenderli per gli immigrati”.

“Ricostruiamo il Pd”, Zingaretti lancia la sua corsa

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Nicola Zingaretti lancia la sua candidatura alla segreteria del Partito democratico e lo fa da Piazza Grande, l’evento da lui promosso nel weekend a Roma. “Piazza Grande è un luogo che fino a stamattina non esisteva, dove si incontrano storie e pensieri differenti non per litigare ma per costruire qualcosa di nuovo” ha detto il governatore del Lazio. “Per troppo tempo, ed è stato grave, le differenze hanno significato divisioni e rotture e ci troviamo la peggiore destra europea al governo. Per troppo tempo ci siamo illusi che per non disturbare qualcuno era meglio ritrovarsi tra eguali e si sono scelti non i migliori ma i più fedeli e lo abbiamo pagato”, ha sottolineato il candidato alla segreteria del Pd, che ha aggiunto: “Questo luogo va ricostruito. Il processo di rigenerazione della politica deve prendere atto che bisogna cambiare“.

“Lo dico a tutti: non abbiamo alcuna intenzione di voler tornare indietro verso strade già battute e che hanno fallito, non vogliamo più neanche continuare avanti sulla stessa strada che ci ha portato a fallire – ha scandito – Vogliamo cambiare strada. Costruire finalmente una nuova speranza per questo Paese”. Il percorso che è stato avviato è “senza confini, aperto a tutti, ben oltre i confini di un partito politico che si deve rigenerare – ha evidenziato Zingaretti – Dobbiamo rigenerare una cultura politica che abbia come cuore e anima l’apertura e l’inclusione, lo spirito di servizio e l’umiltà che inizia dall’ascolto di chi ha bisogno della buona politica”.

La missione del Partito democratico, ha continuato il candidato alla segreteria, “non è una cosa che può fare un leader da solo ma deve essere la sfida di un intero popolo che si rimette in cammino, questa è la grande missione del Pd”. Dunque, “inizia un percorso che, lontano da polemiche contro qualcuno, è orientato a costruire una nuova forza popolare e proporre una nuova speranza nel Paese che partirà dai territori e potrà dire che l’Italia se l’è vista brutta ma, nel momento peggiore, una parte d’Italia lo ha capito, si è rialzata, riorganizzata e ha ricominciato a vincere”.

Il governatore del Lazio ha parlato anche della manovra del governo: “Non vi azzardate a tagliare un euro ai trasferimenti degli enti locali, non è più possibile, perché questo omicidio di futuro in atto in questo momento colpisce determinate categorie del Paese, a partire dai giovani”. “Non ci prenderete in giro – ha avvertito – saremo vigili perché a nessun pensionato, pendolare studente che ha bisogno del welfare venga tolto un centesimo solo perché con la vostra arroganza non avete il coraggio di dire che avete vinto con promesse irrealizzabili”.

Zingaretti ha tirato con soddisfazione le somme della prima giornata di lavoro di Piazza Grande: l’evento ha avuto 3.200 adesioni da tutta Italia e la partecipazione di 600 tra sindaci e amministratori locali. “Siamo tanti, più del previsto – ha detto – domani per le conclusioni ci spostiamo all’aperto, altrimenti non ci stiamo”. Proprio ai primi cittadini e a chi si trova “in trincea contro il governo” Zingaretti ha ceduto i riflettori nel primo giorno della manifestazione.

Al fianco del governatore del Lazio, in prima fila per ascoltare gli interventi introdotti da Paola De Micheli, per una parte dei lavori ha fatto capolino anche Maurizio Martina. “Sono qui per ascoltare, è giusto che un segretario vada ad ascoltare le proposte che ci sono. Ce ne saranno altri di questi appuntamenti, l’importante è tenere presente che il nostro avversario è la destra, ci serve unità e apertura”, ha spiegato il segretario.

Piazza Grande è stato presentato come un evento non partitico, e infatti all’ex Dogana non si sono viste sventolare bandiere Pd. Ma sono stati molti i volti noti dem che si sono affacciati (molti di AreaDem di Dario Franceschini): Luigi Zanda, Roberta Pinotti, Franco Mirabelli, Francesco Russo, Stella Bianchi, Marco Miccoli, David Sassoli, Gian Claudio Bressa, Francesca Puglisi, Pierpaolo Baretta, Michela De Biase, Lorenza Bonaccorsi, Sesa Amici tra gli altri.

I veri protagonisti sono stati, però, gli amministratori locali. Come Virginio Merola (“basta con il capo di turno torni partito della gente”) o Pierfrancesco Majorino (“serve una nuova pagina del Pd con qualche cerchio magico in meno”). Oppure gli applauditissimi Damiano Coletta, sindaco di Latina, e Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri. Questo, in particolare, ha sferzato il Pd: “Con il Pd che si è vergognato di difendere lo ius soli, che sulla politica di accoglienza ha aumentato le morti e le tensioni nei centri Libici, con il Pd delle tessere che non si toccano non si può dialogare. Serve una rigenerazione”.

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14 Ottobre 2018