I Governi che vogliono abbellire il proprio operato, elencano sempre piccoli aumenti di qualche spesa sociale, ma a livello globale quel che fa effetto è l’andamento a lunga scadenza. Inoltre i dati, come sempre, vanno interpretati. Se le necessità sociali aumentano e la spesa resta invariata in termini reali, la protezione sociale diminuisce. Le strategie dei Governi italiani degli ultimi anni vanno verso la riduzione reale di una spesa per una protezione sociale già insufficiente.
Perché va specificato “riduzione reale”? Perché la presenza di una forte inflazione fa crescere le cifre, quindi all’apparenza la cifra spesa cresce, ma se i pannoloni costano di più ma la spesa resta invariata in realtà si possono comprare meno pannoloni, e la situazione “reale” peggiora. Anche il confronto con il PIL è fallace, perché se la spesa necessaria a parità di prestazioni reali sale più del PIL allora in realtà la protezione sociale diminuisce.
Occorrerebbe poi andare a distinguere con il lanternino cosa sia inteso per protezione sociale e cosa non lo sia. Ma qui non possiamo scrivere un libro. Il guaio è che neanche sui giornali si può scrivere un libro, e si assiste a un profluvio di notizie apparentemente vere e sostanzialmente false a seconda degli interessi di chi paga il redattore.
Non occorre cercare lontano per spiegare il calo di natalità italiano (escludiamo gli stranieri, con cittadinanza e senza, dove i ragionamenti debbono essere diversi. Anche perché “gli stranieri” non dovrebbero essere trattati come un blocco unico, date le enormi differenze culturali e ideologiche esistenti all’interno di codesta categoria), perché anche sentirsi socialmente sempre meno protetti incide sulla volontà di fare figli. Una causa è la disoccupazione italiana “reale” ben superiore alla media UE, che da decenni rende sempre più difficile alle donne e agli uomini trovare un lavoro sindacalmente protetto in età giovanile, sì da facilitare la scelta di fare figli. Che, secondo la definizione ISTAT, la disoccupazione cali è una bella illusione in cui casca solo chi non vede il mondo reale, con diminuzione dei salari, aumento dell’incertezza, e diminuzione delle tutele.
Per “sindacalmente protetto” si intende qui un lavoro dove l’essere incinta, il partorire e l’assenteismo necessario per curare dei figli, anche con periodi di aspettativa, non comportino licenziamenti, sottoretribuzioni o persecuzioni sommerse da parte del datore di lavoro. Salvo eccezioni però questo si verifica solo nel Pubblico Impiego, e spiega anche perché in alcuni settori di esso la percentuale di donne superi di gran lunga quella dei maschi. Ricordiamo qui un fatterello curioso: circa mezzo secolo fa (oggi non abbiamo informazioni di prima mano) il corso di laurea in Matematica alla Università di Roma era prettamente femminile; la spiegazione, a detta di molte studentesse, a parte l’interesse per la materia era che avrebbero potuto andare a insegnare e quindi avrebbero potuto gestire le attività familiari, anche perché allora l’insegnamento prendeva solo la mattinata, senza la mole di lavoro burocratico e infocratico superfluo odierna.
La difficoltà storica per le donne di trovare lavori sindacalmente protetti, e la realtà che fa avere anche lavori mediamente con minori contributi, si traduce in una minor percentuale di donne con pensione derivata da contributi. Donne che poi si ritrovano a dipendere dalla pensione di reversibilità del marito, se ce l’hanno, pensione che per di più il Governo italiano ha trovato trucchetti contabili per a ridurre, riducendo di fatto in miseria milioni di vedove. Per le donne (e gli uomini) soli, quindi senza reversibilità, la situazione economica in vecchiaia è ancora peggiore.
La spesa per la protezione sociale è ancora inferiore alla media nei paesi UE più poveri, dove la situazione delle vedove ovviamente è ancora peggiore. Il che spiega perché dall’Est Europa provengano tante badanti. Il paradosso è che oggi, dati i rapporti di forza sindacali tra badante dipendente e datore di lavoro pensionato, sono di fatto sindacalmente più forti le badanti straniere che una precaria italiana che lavori in una azienda privata.
A riprova, secondo i dati Eurostat, l’Italia ha speso per le pensioni di reversibilità, nel 2017, solo 45 miliardi di euro pari al 2,6% del Pil, una quota che è sì doppia di quella media Ue (1,3% mentre è 1,7% nell’area Euro) ma compensa la mancanza in Italia di uno Stato centrale assistenziale efficace. Si potrebbero elencare altri dati, ma la realtà è sotto gli occhi di tutti coloro che sono coinvolti; mentre sfugge alla classe politica, che in genere non ha problemi economici. I casi di pensionate costrette a rubare viveri per sopravvivere descritti dai media sono un flusso continuo!
Ovviamente i giornali che seguono l’ideologia neoliberista che vuole la riduzione della spesa sociale evidenziano solo l’alta percentuale della spesa. Assomigliano a coloro che lamentano le maggiori spese per le forze dell’ordine nel Paese dove esistevano (adesso sono di più!) ben quattro mafie, caso unico in Europa, e che ha esportato la mafia negli USA; maggiori spese giustificatissime, eppure evidentemente insufficienti visto che mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona, continuano a prosperare e ad estendersi geograficamente. E che la spesa per Polizia e annessi sia insufficiente lo prova la realtà, dove ormai si parla di mafia romana, mafia milanese, più le varie mafie nigeriana, sudamericana, cinese, eccetera. Se la malattia si propaga evidentemente le cure sono insufficienti, ma questo è uno Stato in cui quando le carceri sono strapiene non si pianifica la costruzione di altre carceri, ma si adottano provvedimenti per ridurre il numero effettivo dei detenuti, anche con sentenza passata in giudicato.
Il dato sulla spesa di protezione sociale va analizzato a fondo anche perché in Italia la spesa sociale si traduce in gran parte in “vitalizi assistenziali”, mentre nei Paesi più ricchi esistono anche forme di assistenza diverse e aggiuntive. Se ad esempio i Comuni spendessero di più per l’assistenza alle vedove povere, il taglio reale alle pensioni di reversibilità sarebbe meno pesante.
Assistiamo quindi all’ennesimo paradosso italiano, per cui a una spesa media apparentemente più alta rispetto ad altri Paesi corrisponde una protezione reale minore; se le pensioni di reversibilità devono, come dovrebbero, crescere allora la spesa complessiva dovrebbe essere superiore alla media UE. In alternativa occorre trovare altre forme di supporto economico alle vedove. E ovviamente non solo a loro.
L’obiezione ricorrente “non ci sono soldi” è risibile, e facilmente confutabile. I soldi moltissimi italiani li hanno, basto vedere la spesa per l’acquisto di automobili di lusso, le spese per turismo e l’elenco potrebbe continuare. Si deve solo dirottare parte di questo flusso di spese “di lusso” verso la protezione sociale. Anche rivalutando in termini reali le pensioni divenute troppo basse con il passare dei decenni, causa sistemi di recupero dell’inflazione inadeguati. Invece il Governo attuale rema al contrario, ma non è che quelli di parte politica opposta si siano datti da fare molto di più a riguardo.
Per confermare che la rivalutazione delle pensioni sia inadeguata, basta considerare l’evoluzione del potere d’acquisto reale nei decenni per le pensioni basse. Applicare infatti l’indice di rivalutazione ISTAT, che misura un paniere medio, ai poveri che hanno un paniere di consumi ben diverso, è un errore voluto.
Il trucco è applicato largamente anche da questo Governo. Come se non bastasse l’inadeguatezza degli indici di rivalutazione, negli ultimi anni si è avuta la riduzione dell’indicizzazione per milioni (milioni!) di pensionati. Invece di alzarle quando sono insufficienti per vivere, le pensioni vengono abbassate in termini reali! Ovviamente, e lì il Governo si vanta di averle alzate, il calo è in termini di potere di acquisto, non di cifre!
E’ chiamato in economia “tassa occulta sull’inflazione”. In parole povere i Governi vogliono l’inflazione per ridurre la spesa “reale” complessiva dovuta al debito senza che i creditori se ne accorgano. Questo vile trucco è stato usato dai Governi italiani per decenni anche per disporre di più debito pubblico, tanto con l’inflazione sarebbe diminuito in termini reali.
Il giochetto si è inceppato con l’entrata nell’euro, che di fatto bloccando l’inflazione italiana a livelli tedeschi ha impedito la svalutazione continua del debito pubblico, che ha così cominciato a crescere anche in termini reali.
Anche la “moda”, tipica delle aziende italiane, di pagare meno contributi sociali possibile, ha effetto nei decenni aggravando la situazione delle donne , perché le donne sono più soggette a lavorare in nero, a causa della minor protezione sindacale di fatto ottenibile. Moltissime delle leggi oggi accusate di aver permesso pensioni con pochi contributi furono promulgate proprio per dare pensioni a chi “non poteva” avere contributi, perché in quei tempi l’evasione contributiva era enorme!
Per di più alcuni partiti “dei ricchi” (secondo una vecchia esternazione di Romano Prodi, ma vale anche oggi) hanno emesso quando al Governo una raffica di provvedimenti che comportano riduzione dei versamenti contributivi. Peccato che questa tecnica per ridurre il costo del lavoro vada a lunga scadenza a peggiorare i conti dell’INPS, ma l’effetto si vedrà quando la causa è lontana nel tempo e la causa è stata dimenticata. Prassi molto diffusa tra i governi italiani “furbi”, che creano il buco lasciando ai successori il compito di tapparlo.
Se si vuole che la spesa per i vitalizi di reversibilità diminuisca è necessario che le donne possano disporre di vitalizi “propri” adeguati, ottenibili solo con un monte-contributi adeguato, ottenibile solo offrendo alle donne lavori “in bianco”, stabili e da quando sono più giovani possibile. Esattamente il contrario delle strategie degli ultimi decenni, a cui si è aggiunta anche la sovraformazione superflua per alcune tipologie di lavoro; mezzo secolo fa per fare la maestra elementare bastavano quattro anni di scuola superiore, adesso ne occorrono cinque, più cinque di laurea magistrale, più un anno di formazione per i concorsi; e non risulta che i bambini allora fossero formati peggio di adesso!
Oltre a una sindacalizzazione “forte”, una delle soluzioni possibili per rendere possibile l’ingresso nel mondo del lavoro stabile e retribuito adeguatamente prima possibile è quindi l’invertire il trend pluridecennale di richiesta di sempre maggiore qualificazione pre-lavoro sostanzialmente inutile o superflua o non pagata.
La Pubblica Amministrazione “fa mercato” e il processo deve cominciare da lì. Dove ora è richiesta la laurea specialistica va richiesta la laurea breve, dove è richiesta la laurea breve va richiesto solo il diploma di scuola media superiore; va eliminata la folle richiesta di corsi di specializzazione post-laurea non retribuiti, come accade ad esempio per gli insegnanti. La formazione, quando veramente serve, si deve fare post-assunzione a carico del datore di lavoro, nel caso ad esempio la Pubblica Amministrazione.
Siamo all’assurdo che decenni fa per insegnare alle elementari bastavano quattro anni di diploma superiore, e la formazione dei bambini era ottima, mentre oggi è richiesta laurea specialistica, diplomi di specializzazione, eccetera. Stesso ragionamento per le scuole professionali, dove prima bastavano tre anni adesso siamo al 4+2. Idem per l’infermieriestica, dove un tempo l’affiancamento poteva cominciare a 16 anni e adesso è richiesta la laurea!
Evidentemente il sistema educativo va riformato, perché chiedere più qualificazione supeflua agli insegnanti è anche un costo per le famiglie, perché posticipa l’entrata nel mondo del lavoro, perché questo riduce a sua volta la possibilità di formare in giovane età una famiglia uomo-donna, e questo a cascata riduce il numero di nascite, contribuendo al calo demografico italiano.
Così come va riformato, non “ottimizzato” (che oggi significa ridotto) ma potenziato, tutto il sistema di protezione sociale. Certamente la spesa in termini reali deve aumentare, e quindi deve aumentare il prelievo fiscale, ma vi sono amplissimi spazi di recupero sui redditi alti e altissimi.