C’e’ un settore che non conosce crisi ed e’ quello dello sfruttamento minorile. Un mercato che vede incrementare i guadagni e il numero delle vittime. Quello dello sfruttamento del lavoro minorile e’ una piaga che si e’ incrementata nel tempo, grazie al disinteresse dei potenti del nostro pianeta. Non sono immuni anche certe multinazionali che, lontane dai riflettori, in passato, non si facevano scrupolo di usare i bambini anche solo per cucire palloni.
Tuttavia, il numero dei bambini-lavoratori negli ultimi tredici anni e’ calato di un terzo. E’ il dato positivo apparso nell’ultimo rapporto dell’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’agenzia delle Nazioni Unite impegnata nella lotta al lavoro minorile. Ma la buona notizia impallidisce e l’indignazione ci assale quando si leggono le statistiche: nel 2012 sono ancora sfruttati 168 milioni di minori, circa il 10 % dei bambini tra i 5 e i 17 anni. Certo, un passo avanti rispetto agli inizi del XXI secolo, quando i bambini al lavoro, nelle fabbriche e nei campi, erano 246 milioni. Ma ancora siamo lontani dal poter parlare di successo.Anche perche’ l’obiettivo fissato dalla comunita’ internazionale di eliminare le peggiori forme di sfruttamento entro il 2016 non sara’ raggiunto, visto che attualmente sono ancora 85 milioni i bambini che vivono in condizioni disumane, sottoposti a lavori pericolosi, quasi al limite dei lavori forzati e spesso collegati allo sfruttamento sessuale.
E’ certo che in testa alla lista nera ci sono i paesi asiatici, seguiti dall’Africa e dal Sud America. Uno sguardo ai dati rende meglio l’idea dello scenario drammatico e raccapricciante. Il rapporto di Human Rights Watch, pubblicato nell’agosto scorso, rende noto che in Tanzania, bambini di otto anni lavorano in piccole miniere d’oro, con rischi gravi per la salute e la vita. Scavano pozzi instabili, lavorando sotto terra fino a 24 ore e poi trasportano pesanti sacchi, avvelenati dal mercurio.
O, ancora, in oltre tre quarti dei conflitti del mondo sono impiegati minori come combattenti. Non si tratta solo di adolescenti, ma anche di bambini di non piu’ di sei anni. Le Nazioni Unite ne calcolano oltre 250.000, associati a forze o a gruppi armati e costituiscono un’enorme risorsa per economia illegale, crimine organizzato, conflitti armati. In Medio Oriente, scosso da cruenti tensioni e conflitti regionali, i bambini sono diventati parte integrante dei conflitti. Secondo un recente rapporto del Segretario Generale ONU, le forze armate siriane hanno usato i bambini come veri e propri scudi umani. Ci sono state anche una serie di accuse di impiego di ragazzini, da parte delle milizie affiliate al governo, in incursioni nei villaggi, dove sono in corso pesanti combattimenti. Altro dato agghiacciante e’ il numero consistente di minori vittime di tratta: bambini e adolescenti sradicati dai loro paesi di origine e venduti per essere sfruttati a livello sessuale, lavorativo, ma anche in accattonaggio forzato, attivita’ illegali, espianto di organi. In Europa risultano oltre 9.500, nel 2010, le vittime accertate e presunte di tratta, di cui il 15 % minori. Romania, Bulgaria, Nigeria e Cina, i principali paesi di provenienza.
Una piaga, quella dello sfruttamento minorile, da cui, tuttavia, nemmeno i Paesi occidentali possono dirsi immuni. Il lavoro minorile, infatti, non e’ solo una realta’ dei Paesi del Terzo Mondo, in cui gli strati deboli della popolazione sono costretti a pagare lo scotto piu’ alto per uno sviluppo forzato, ma e’ anche una realta’ dei paesi industrializzati in cui si vanno sempre piu’ estendendo le sacche di poverta’ ed emarginazione. Save the Children ha diffuso un rapporto intitolato “Piccoli schiavi invisibili” che parla del fenomeno dello sfruttamento dei minori. L’Italia, e questo e’ il dato che fa accapponare la pelle di chi legge, e’ il paese con il maggior numero di vittime in Europa. Nel nostro amato Bel Paese sono ancora 260.000 i pre-adolescenti costretti a lavorare gia’ giovanissimi a causa di indigenti condizioni familiari, di un rapporto con la scuola che non funziona o per far fronte da soli ai loro bisogni.
Il lavoro minorile e’ un problema globale, intrinsecamente legato a quello dell’economia familiare e del paese in cui vivono i minori. Molti, quindi, i bambini che perdono il diritto all’istruzione perche’ devono contribuire all’economia della famiglia. Molti i bambini con un’infanzia negata. Va da se’ che la violenza, la poverta’, lo sfruttamento, sono figli di un’ignoranza forzata. Il 16% della popolazione mondiale non sa ne’ leggere, ne’ scrivere. Di questi, 67 milioni sono bambini, gran parte dei quali concentrati in Siria, Africa sub sahariana e Asia meridionale.
Partendo dal presupposto che l’educazione non e’ solo un diritto fondamentale, ma anche un diritto specifico dell’infanzia, l’alfabetizzazione deve porsi al centro delle politiche d’intervento in quei paesi in cui l’istruzione di base per tutti e’ indispensabile per il raggiungimento di obiettivi come l’eliminazione della poverta’, la lotta allo sfruttamento minorile, la riduzione della mortalita’ infantile e della crescita della popolazione, nonche’ il raggiungimento dell’uguaglianza di genere, la garanzia di uno sviluppo sostenibile, della pace e della democrazia. E perche’ questo avvenga sono necessarie una maggiore volonta’ e consapevolezza politica, unite a maggiori sforzi e ad interventi concreti da parte di tutti i governi.. Ci sono 168 milioni di buone ragioni a sostegno, che aspettano.