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L’OPINIONE DEL FILOSOFO…L’UNIONE DI PENSIERO E VITA (III^PARTE)

Filosofia, politica e poesia

Oltre a concordare sulla riflessione sul male, in entrambe le autrici pensiero e politica sono collegati. La politica è una questione molto importante per entrambe, anche se la perseveranza e la dedizione con cui ciascuna di loro si è dedicata a questo tema, è molto disomogenea. La filosofia, dal canto suo, cerca in qualche modo di prendere le distanze dalla divinità: “L’origine della filosofia affonda in quella lotta che ancora si svolge dentro il sacro e davanti ad esso. La filosofia nasce come prodotto di un atteggiamento originale, preso in una rara congiuntura tra l’uomo e il sacro. La formazione degli dei, la loro rivelazione attraverso la poesia era indispensabile, perché è stata lei, la poesia, che per prima ha affrontato il mondo nascosto del sacro”.

Una delle principali conquiste di Maria Zambrano è quella di aver cercato un equilibrio tra ciò che si pensa e ciò che si sente nel considerare l’ essenza dell’essere umano, ciò che la mette in relazione con le correnti esistenzialiste, che si affacciano sul vuoto e sul nulla, come la poca importanza che certe correnti del pensiero contemporaneo danno alla storia. E questo avviene per la portata profonda che Zambrano dà alla dialettica poetica, che racchiude un significato individuale e collettivo, oltre a mettere in gioco le coordinate del tempo storico.

La dialettica poetica ripropone, nello stile in cui fece Nietzsche, il conflitto tra i termini apollinei e dionisiaci, come essere ed esistenza o discorso e linguaggio poetico. Va detto che l’istanza apollinea non è altro che l’ordine del discorso metodico, la storia attenta, la misura regolata; il dionisiaco è l’estasi alterata, l’eccesso scomposto, la forza caotica. Entrambi gli impulsi si articolano con il sacro.

La parola poetica è azione vitale, in quanto significa atto di fede. Quindi, si può dire che la parola poetica implica la connessione con l’origine e come tale esplora altre possibilità che sono causa e oggetto della vita. Quanto alla sacralità della parola, essa assume istanze diverse, dalla sua dimensione comune, attraverso la sua intelligibilità e suono, fino ad essere idea. La traiettoria della ragione poetica, quindi, porta con sé simboli, immagini, segni e istanze emotive che identificano l’essere umano con l’esistenza.

La poesia non persegue, come la filosofia, l’unità assoluta, ma un insieme di tutte le cose: “Quindi quel tremore che resta dietro ogni buona poesia e quella prospettiva illimitata, una scia che lascia dietro di sé ogni poesia e che ci conduce oltre a lei, è quello spazio aperto che circonda tutta la poesia”.

Secondo Zambrano, la filosofia aspira a un’unità che non ammette errore né rivolta, mentre la poesia integra tutto il sapere umano, anche ciò che non è esistito, e in questo sta la sua forza e rivendicazione vitale: “Ammirevole giustizia caritatevole, poiché tutto ha diritto di essere, anche ciò che non ha mai potuto essere. Il poeta trae dall’umiliazione del non essere ciò che geme in lui, trae dal nulla il nulla stesso e gli dà un nome e un volto, cerca di cogliere una verità che è singolare”.

La fredda chiarezza del logos filosofico, precisa Zambrano, trionfa come risorsa strumentale, “perché la poesia è nata per essere il sale della terra e vaste regioni della terra non la ricevono ancora. La verità ancora ermetica non la riceve ancora… In principio era il logos sì, ma… il logos si è fatto carne ed è vissuto tra noi, pieni di grazia e di verità”.

I libri strettamente politici di Zambrano sono “Orizzonti del liberalismo”, “Gli intellettuali nel dramma della Spagna”, “L’agonia dell’Europa” e “Persona e democrazia”, tuttavia dal 1958 si consolidò una svolta nel suo pensiero e la questione politica perse la sua rilevanza a vantaggio della ragione poetica.

Questo atteggiamento non si trova in Arendt, che è più fedele in tutta la sua opera al focus politico, anche se negli ultimi anni, esprime l’intenzione di andare oltre, allargandolo il suo lavoro fino a raggiungere una “trans-politica”. Non sapremo mai se i capitoli incompiuti de “La vita dello Spirito” facevano parte di questo progetto. Nel rigore dei loro approcci, Arendt cura maggiormente il dettaglio e analizza il valore storico dell’evento politico, mentre Zambrano lo decontestualizza per trasformarlo in un evento immanente alla condizione umana, forse un pretesto per parlare di altri temi: la tragedia dell’umano, la metafisica, il razionalismo che l’assolutismo porta in sé…

Ciò che le accomuna, però, è il desiderio di comprendere i grandi drammi del loro tempo attraverso una prospettiva civica, analizzando le chiavi politiche che hanno permesso l’emergere dei regimi totalitari. Inoltre, entrambe difendono il concetto aristotelico di zoon politikón, e nelle loro opere propongono i requisiti necessari per l’istituzione di organizzazioni politiche giuste che consentano all’individuo di sviluppare pienamente e nel migliore dei modi tutti gli aspetti della loro personalità sociale. C’è sempre una svolta filosofica nel presunto lavoro politico.

La pietà e l’amore mondiale.

In Hannah Arendt l’amore mondiale e la nascita rappresentano il momento di riconciliazione con l’orrore della storia e con l’ingiustizia dell’esilio. La stessa Arendt li definisce come l’inflessione gentile che produce la sensazione di “sentirsi a casa nel mondo”. Il lavoro dell’atto stesso del pensare è la molla che permette ad Arendt di raggiungere quello zenit luminoso, in contrasto con l’oscurità dei tempi bui.

cms_24155/3v.jpgIn Zambrano il contrappunto è rappresentato dal sentimento di pietà e dal momento della rinascita all’alba. La pietà, come l’amore mondiale di Hannah Arendt, l’ordo amoris di Max Scheler e l’amor intellettualis di Spinoza, è un sentimento intellettuale che permette all’essere umano di trovare modi positivi di vivere l’alterità: la propria e quella degli altri. L’alterità rappresentata dall’Altro diventa così un tassello fondamentale e costitutivo dell’identità del soggetto. Zambrano la definisce “la preistoria di tutti i sentimenti positivi”. La pietà permette di stabilire nuove leggi di ospitalità che presentano lo straniero non come una minaccia (hostis), ma come una promessa (hospes).

Per delimitare il senso di hostis e hospes, come fa Massico Cacciari, si può dire che ha sempre un valore reciproco e che questa reciprocità si verifica oggi solo nel regno dell’inimicizia e non dell’ospitalità e dell’ accoglienza. E allora, cosa hanno trattenuto la nostra cultura e le nostre lingue del termine hospes? Possiamo ancora fare esperienza della lingua dell’ospitalità?

Perché ci sia un hospes è necessario stare insieme, l’ hospes non è mai unico, sta solo con un altro che, allo stesso tempo, è di per sé doppio. Cioè, l’ospitalità non può essere semplicemente rappresentata attraverso una relazione tra due: sia gli hospes che gli hostis sono doppi in se stessi, perché hospes è proprio chi in ogni momento si riconosce in parte straniero, cioè hostis. Noi stessi, quando siamo ospiti, nel senso di chi ospita, se lo siamo, è perché ci riconosciamo anche come stranieri. Proprio perché riconosciamo sempre noi stessi anche in questa condizione, possiamo essere ospiti e riconoscere all’ospite, lo status di ospite. D’altra parte, gli accordi di diritto internazionale cercano di recuperare e definire termini come nemico e guerra, nonostante le confusioni teoriche che possono essere generate, proprio perché la lingua non riesce più a cogliere il significato originale di queste parole, indicando un rapporto essenziale in virtù del quale host è un termine della semantica dell’ospitalità e dell’accoglienza.

Sospeso nell’equilibrio dell’irrealtà è l’eroe immaginario, in cui Don Chisciotte si configura come un personaggio sconfitto, vale a dire il personaggio pieno di un romanzo, che rappresenta la condizione umana, un pellegrino spinto da un sogno di libertà, per il quale non si arrende mai. E se lo fa, è solo per rientrare nel sogno della libertà, cioè nel processo della parola come sogno creativo.

Un altro dei maestri di Zambrano, Unamuno, ha saputo vedere questa condizione del personaggio, che si rende autonomo alla ricerca di quella preziosa libertà. Don Chisciotte parte, e all’inizio del suo viaggio romanzesco, ricostruisce l’unità per incontrare il mistero della propria esistenza, secondo il principio: “È il cerchio del compimento totale di una vita personale in cui si sviluppa la vocazione libera da tutte le aspirazioni romanzesche. Il romanzo della libertà è stato sconfitto dalla vocazione di un ’più’ che si nasconde dietro la libertà e ad essa tende”.

Zambrano mostra, quando sorge questo tipo di unità, che la realtà dell’autrice, quella dell’essere, quella della storia, quella dell’esistenza, è quella della composizione essenziale: la poesia. È il modo di stabilire un ordine sulla via dell’ambiguità che spicca in ogni racconto romanzesco: “Il romanzo mostra la via della libertà nella sua forma più ambigua: il sogno della libertà”.

Dalla volontà alla libertà

Ma questa ambiguità è tipica del sogno della libertà. E la libertà, fino ad ora, non è stata vissuta in altro modo nella storia umana. E se qualche pensiero è stato preceduto da un sogno, il pensiero della libertà porta con sé il sogno della sua origine, per cui l’uomo si appropria di qualcosa di divino che gli è stato rivelato da una passione tanto divina quanto umana.

Il sogno della libertà, in questo modo, è il più essenziale, poiché è il sogno dell’alba, l’inizio dell’umano. Il suo aspetto divino non deifica l’uomo ma, dice Zambrano, lo svela, e svelandolo produce quello stato costante di vivere morendo, o nascere vivendo. In questa tensione, per l’uomo la libertà implica un sogno di liberazione; per questo Don Chisciotte si allontana, rompe il silenzio della pagina, il buio degli anni, la solitudine della coscienza, per andare incontro agli altri, perché in sostanza: “La libertà appartiene al regno di ciò che hai da darle e che si ha veramente solo quando è data, come la parola, come il pensiero stesso”.

cms_24155/4.jpgNella seconda sezione de “La Vita della Mente”, Arendt si avvicina alla volontà dal punto di vista della sua storia, nell’inevitabile connessione della volontà con il concetto di libertà. La volontà è l’organo spirituale del futuro, la riflessività della volontà, che si articola in una tensione interna alla facoltà stessa, è rivolta verso un progetto, che dovrà trovare la sua realizzazione nel mondo; al contrario del pensiero, la volontà non è fine a se stessa, è la molla dell’azione e solo agendo si può porre fine alla sua tensione interiore: “La libertà della spontaneità costituisce parte integrante e ineliminabile della condizione umana. E il suo organo spirituale è la volontà.”.

Questa spontaneità dipende direttamente dalla condizione umana della natalità, questione che era già stata discussa fra le pagine di “Vita Activa” e che anche in questa occasione viene riproposta: “Ogni uomo, creato come una singolarità, costituisce un nuovo inizio in virtù della sua nascita”. Nelle pagine finali della seconda sezione de “La Vita della Mente”, la capacità stessa di cominciamento ha le sue radici nella natalità, cioè nel fatto che gli esseri umani, uomini nuovi, sempre e di nuovo appaiono nel mondo in virtù della nascita “condannati a essere liberi in ragione dell’essere nati, non importa se la libertà ci piace o aborriamo la sua arbitrarietà”.

La libertà, intesa come capacità di dare inizio al nuovo, dipende dal fattore della natalità; ma questa capacità di dare inizio al nuovo dipende dal fatto che l’uomo viene al mondo come un individuo singolare ed unico e questa unicità dipende a sua volta da un’interazione con gli altri uomini. Per ciò che riguarda il pensiero, anche il selbstdenken, l’autonomia del pensiero, dipende da una forma di interazione: “nulla può essere più spaventoso della nozione di libertà solipsistica”, in riferimento al fatto che è proprio attraverso il volere che si plasma il carattere dell’io, la fonte dell’identità specifica della persona.

cms_24155/5v.jpgNella “Vita Activa” questa irripetibilità dell’individualità di ogni uomo è rappresentata da quella storia che prende vita attraverso l’agire all’interno dell’intreccio delle relazioni umane: la sua biografia diventa così il condensato della sua identità. Così, il momento della rinascita all’alba, affine al concetto di nascita della Arendt ed espresso in modo molto suggestivo nell’uscita di Antigone dalla tomba, simboleggia quell’atteggiamento che spera in un futuro migliore che Zambrano ha sempre difeso, anche nei momenti più difficili della sua vita, viaggio senza fine.

In conclusione, affascina la ferrea fiducia che Arendt e Zambrano hanno nella condizione umana, negli artefici di un mondo che si perpetua attraverso i sottili equilibri determinati dai comportamenti umani, che illuminano con le loro azioni il nostro tempo.

Fine

L’OPINIONE DEL FILOSOFO…L’UNIONE DI PENSIERO E VITA (I^PARTE)

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L’OPINIONE DEL FILOSOFO…L’UNIONE DI PENSIERO E VITA (II^PARTE)

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Data:

17 Dicembre 2021