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LA GRECIA AI CONSERVATORI

La scorsa domenica è stata una giornata storica per tutta la Grecia. Il voto del 7 luglio ha rappresentato una svolta per il Paese che, dopo otto anni di recessione, solamente dallo scorso anno non è più sotto tutela europea, con un tasso di disoccupazione calato del 9% nonostante resti ancora alto. Nel 2015 fu Alexis Tsipras, leader di Syriza, a formare un nuovo governo con il preciso mandato di resistere ai diktat di Unione Europea e del Fmi, indicendo un referendum con cui i greci hanno bocciato i piani di austerity; promessa non mantenuta, come ci si sarebbe potuti aspettare, dato che lo stesso Tsipras per forza maggiore si è trasformato nell’esecutore materiale del programma di austerità. Alcuni alleati lo hanno abbandonato, mentre il “traghettatore” ha permesso alla Grecia di superare la crisi più grave dopo il ritorno della democrazia, nel 1975. Il leader di Syriza avrebbe voluto essere giudicato in base al suo operato, e invece i greci – come sempre più spesso accade nel mondo – non hanno giudicato i numeri, bensì la vita di tutti i giorni. Si è fermato al 31,53% il partito di sinistra, conquistando 86 seggi, mentre la vittoria è andata Kyriakos Mitsotakis, leader di Nea Dimokratia, partito di centrodestra. L’ex analista di McKinsey, figlio di Konstantinos Mitsotakis (premier dal 1990 al 1993, capo di uno dei partiti maggiormente responsabili del tracollo nazionale), ha giurato ieri sulla Bibbia pronunciando la formula davanti al capo della chiesa ortodossa greca, Ieronimos II, forte del 39,8% di voti che gli hanno dato la maggioranza assoluta in Parlamento. Con i suoi 158 seggi il neo premier potrà governare con mano sicura quando verrà votata la fiducia il prossimo 21 luglio.

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Si dovranno affrontare i problemi in cui il Paese versa dopo la fine dei programmi di aiuti della famigerata troika, con stringenti obiettivi di bilancio costantemente monitorati dai creditori, a cui lo stesso premier chiederà di rinegoziare l’avanzo primario richiesto per recuperare le coperture necessarie al taglio delle tasse a partire dal 2020. Meno tasse, salari più alti e maggiori investimenti e flessibilità: queste le promesse elettorali del partito di centrodestra che hanno invaghito la classe media, proprio quella classe media che ha dovuto sopportare il prezzo del salvataggio della Grecia. Come se non bastasse, Mitsotakis ha promesso anche una serie di privatizzazioni e liberalizzazioni per far fronte alle necessità, auspicando anche una deregolamentazione dei mercati del lavoro; qualcosa di già sperimentato dal mondo occidentale nei celebri anni della Thatcher e di Reagan. Dietro Syriza, i socialisti di Kinal hanno raggiunto l’8,1% (22 seggi), i comunisti del Kke il 5,3% (15 seggi), i nazionalisti di Elliniki Lysi il 3,7% (10 seggi) e Diem25-Mera25 di Yanis Varoufakis il 3,44% (9 seggi).

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Il partito di estrema destra Alba Dorata, invece, non è riuscito a superare la soglia di sbarramento, ratificando le intenzioni europeiste dei greci. I mercati ieri hanno festeggiato la vittoria dei conservatori: se nel 2015, all’apice della crisi e dei timori di una possibile “Grexit”, il tasso pagato dai bund ellenici aveva toccato il 14%, all’alba del nuovo voto i rendimenti dei titoli di Stato decennali è sceso al 2,09% – nuovo minimo storico – con lo spread in calo a 246 punti. “È ora che la Grecia si faccia sentire in Europa” ha dichiarato il neoeletto premier, concludendo che “i cittadini hanno preso il destino nelle loro mani. Domani è l’alba di un nuovo giorno”.

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Data:

9 Luglio 2019