Quasi un panino su 5 (oltre il 15%),tra quelli prodotti in tutta Europa, finisce buttato.Il dato, rilanciato dal magazine di settore Food Ingredients Global Insights, è stato presentatoall’ultima edizione del Food Tech Congress.
Sempre secondo la medesima ricerca, inoltre, lo spreco di pane varia da paese a paese: rappresenta, per esempio, solo un ventesimo dello spreco alimentare complessivo in Spagna ma più di un quarto in Norvegia. Ogni anno finiscono nella spazzatura 5 milioni di tonnellate di pane prodotto, per un valore di 12,5 miliardi di euro. Questo nonostante l’Europa sia l’area che, a livello globale, consuma più prodotti da forno in assoluto: più della metà (53,6%) di tutto il pane prodotto a livello planetario viene infatti mangiato sul suolo europeo. Il problema, secondo la ricerca, sarebbe da collegare al fatto che i consumatori richiedano sempre pane il più fresco possibile. Tutto ciò contribuirebbe a una sovrabbondanza dello spreco, a causa della breve durata di conservazione, delle filiere corte e dell’alto grado di sovrapproduzione.
Comunque, se l’Europa è in cima alla classifica, anche negli Stati Uniti lo spreco dei prodotti da forno è elevato: secondo quanto ha recentemente riportato Future Market Insights, infatti, si stima che negli USA vengano prodotte oltre 500mila tonnellate di prodotti da forno in eccesso ogni 12 mesi. Tuttavia, in base a un rapporto pubblicato dalla stessa testata, il mercato dei panificati sta progressivamente raggiungendo una maggiore consapevolezza verso le pratiche di sostenibilità, anche grazie alle nuove opportunità offerte nell’ambito della nutrizione animale. Un prodotto da forno comprende infatti una miriade di ingredienti che, anche quando lo stesso prodotto non è più vendibile per alimentazione umana, possono essere trasformati in componenti nutritivi per mangimi, in particolare quelli destinati al bestiame da allevamento: bovini, ovini e suini.
L’Italia, in particolare, è all’avanguardia in questo campo: dal 1981 a Marene, nel cuneese, proprio dall’idea di valorizzare ex-prodotti dell’industria alimentare preparati per l’uomo ma non più ad esso destinati per motivi estetici e di logistica, ha preso vita Regardia, realtà leader in Italia nella circular economy applicata alla produzione d’ingredienti per mangimi per animali da reddito e di matrici per le bioenergie tramite la trasformazione di ex-prodotti alimentari.

In Italia, secondo recenti stime, il 33% del pane prodotto solo dalla GDO, pari a 13mila quintali l’anno, non viene consumato.La lotta allo spreco alimentare è la core mission di Regardia: sul sito web una apposita sezione consente a qualunque azienda di diventare fornitore di prodotti da forno (di qualunque tipo, anche quelli destinati all’industria dolciaria) altrimenti destinati ad essere buttati.
Il valore nutrizionale? Sempre secondo Future Market Insights, i dati sarebbero abbastanza sorprendenti: gli scarti di panificazione costituiscono generalmente una fonte dall’8 al 15% di proteina grezza, dal 5 al 10% di estratto etereo e di amido con un volume superiore al 40%. La variabile, naturalmente, è data principalmente dalla composizione del prodotto originario. Pochi dubbi, insomma, sull’opportunità e la sicurezza del recupero di questi alimenti.
Non è, tuttavia, solo quello della mangimistica l’ambito in cui gli sfridi di produzione dell’industria dei panificati e dell’industria dolciaria possono essere recuperati. Ci sono, infatti, anche le bio-energie, in particolare il bio-metano.

L’economia circolare non è solo un concetto, è una realtà che porta benefici tangibili per il pianeta e per le persone. Ogni scarto diventa un’opportunità, ogni azione un passo verso un mondo più giusto e sostenibile.