Luca Bastianello dopo la maturità decide di voler rompere la tradizione familiare e fare l’attore.
Il padre lo incoraggia e gli consiglia l’Accademia che era appena nata.
Supera il provino ed è lì che trova il suo mentore in Alberto Terrani che lo seguirà nei suoi primi passi verso la carriera e anche dopo. Luca nel corso dell’intervista racconta che senza di lui non sarebbe riuscito a dare il meglio in questo lavoro.
Tanti ruoli tra teatro, cinema e televisione fino ad approdare nella soap opera “Il Paradiso delle Signore daily” nel ruolo di Dante Romagnoli un manager italo americano.
Il suo arrivo è una ventata di freschezza, colto, intelligente, spiritoso, socievole. Crede nelle donne e le rispetta.
E’ innamorato di Marta con la quale ha scambiato un bacio mentre lei era in America.
Può un uomo varcare l’Oceano per una donna che conosce appena? Non si può trattare di invaghimento ma di amore. Marta è sposata e nel 1962 in Italia non c’era ancora il divorzio.
Entrambi hanno tutti contro ma Marta non si decide a chiarire con il marito, si trasferisce a casa della sua famiglia. Si confida con la zia Adelaide che l’ha cresciuta.
Dante non molla! Come finirà?
Hai seguito una strada diversa da quella della tua famiglia, come nasce la passione per la recitazione?
Ad incoraggiarmi a seguirla è stato mio padre che mi ha indirizzato verso una nuova Accademia d’arte drammatica “Palcoscenico”. Questa era stata fondata da un attore che che aveva lasciato la carriera per curare la moglie gravemente malata e dopo la sua morte aveva ripreso in mano la carriera di attore ed era tornato ad insegnare. Il Comune di Padova insieme al teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni” gli aveva lasciato una mansarda all’interno del Teatro. Quando è stato aperto il Bando, ho mandato due foto terribili e un curriculum inesistente. Feci il provino e mi presero. Lasciai la mia fidanzata di allora e partii per questa nuova avventura della quale m’ innamorai sin dal primo giorno. Ricordo che arrivai in ritardo ma il Maestro Alberto Terrani mi mise in prima fila e ci fu da subito una grandissima intesa. Nacque un grande rapporto di amicizia e forse è stata la persona che più mi ha più supportato durante gli anni all’Accademia. Dopo tre anni mi diplomai ed andai a Roma.
Com’è andata?
Avevo fatto il Liceo Classico ed ero appassionato di storia non tanto di teatro perché è nata dopo. Vedevo poco i miei genitori perché lavoravano entrambi. Spesso sgattaiolavo e andavo ad accendere la TV, facevo la mia scorpacciata di film e immaginavo questo mondo fantastico, riproducevo i movimenti e quant’altro. All’incirca avevo sette o otto anni. La mia prima volta al cinema, andai a vedere “Nuovo Cinema Paradiso”, una storia meravigliosa che ha al centro la figura di Totò Cascio. E’ il mio film preferito!
Il mio attore preferito è Dustin Hoffmann e tu hai portato a Teatro “Rain Man” con Luca Lazzareschi e la Regia di Saverio Marconi.
L’abbiamo portato per tre stagioni e fu un peccato lasciarlo perché avremmo potuto farne dieci di stagioni. Era uno spettacolo piuttosto complesso, ingegneristicamente parlando era una macchina architettata molto bene ma molto rischiosa per noi che lavoravamo, carrelli che si spostavano in continuazione, avevamo 37 secondi per il cambio scena e un minuto e mezzo per il cambio costume.
Qual era il tuo ruolo?
Charlie Babbit il fratello stronzo, ruolo che nel Film era interpretato da Tom Cruise! Abbiamo fatto tre anni di tournée. A Roma l’abbiamo rappresentato al Teatro Quirino.
Cos’hai portato di tuo nel personaggio di Dante Romagnoli?
Dante va a rompere gli equilibri di dinastie e soprattutto di sentimenti ormai scritti su pietra. La coppia Marta–Vittorio ormai ha più follower di Madonna!
A quali altri studi ti sei approcciato?
Sono l’unico della famiglia che non ha fatto Giurisprudenza ma mi ero iscritto a Scienze della Comunicazione che era appena nata. Successivamente ho abbandonato un po’ per il lavoro e un po’ per delusione in quanto sono incappato in tre professori che erano uno più strano dell’altro. Dopo aver frequentato un Liceo Classico, che rientrava tra i migliori cinquanta in Italia, e l’Accademia, che era un fiore all’occhiello, mi aspettavo molto di più.
Successivamente mi sono reso conto che pur studiando tantissimo non riuscivo mai a prendere 30 e lode. Mi chiesi “Non me lo danno perché non sono romano”, “mi liquidano in dieci minuti perché sanno che parto a manetta e le cose le so” oppure “è un sistema putrido che bisognerebbe scardinare dall’interno e ristrutturarlo completamente”. Forse ho sbagliato ad iscrivermi a quella Università, in un circuito dove c’erano 5620 iscritti all’anno. Avrò dato un dispiacere alla mia famiglia perché erano tutti laureati. Semmai dovessi decidere di rifare l’Università sicuramente non sceglierei la stessa facoltà. Nello stesso periodo vinsi una borsa di studio di diecimila euro da un produttore di Padova, molto famoso, Carlo Foresta (Direttore del centro di gameti maschili in Italia). Mi aveva visto a teatro in “l’Ippolito di Euripide” a Vicenza. Avevo ventitré anni ed ero uno tra i più giovani protagonisti di una tragedia greca. Quei soldi, invece di comprarci la macchina o andarci in vacanza, li investii in un cortometraggio. Io ed il regista Salvatore Chiosi ci mettemmo all’opera e andammo come evento speciale alla 62° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione corto-cortissimo con “La trama di Amleto”: un monologo di venti minuti su una rivisitazione dell’Amleto di Shakespeare.
A Londra viene ritrovato un manoscritto di “Amleto” con la firma autografa di Richard Burbage, primo attore della compagnia teatrale dei “Kings Men” in cui William Shakespeare lavorava come attore ed autore. Il manoscritto rappresenta quasi uno scoop. Nella prima pagina c’è una sorta di prologo al dramma di cui nessuno era mai venuto a conoscenza. La drammaturgia era incentrata su Amleto. La tragedia, quindi, in origine, non iniziava sugli spalti del Castello di Elsinore, ma sulla tomba del padre di Amleto. Dunque non solo succube, pigro, indifeso o stralunato ma colui che attraverso il dolore, la catarsi emotiva dentro la cripta dove si trova il padre (sepolto dopo due giorni dall’assassinio), crea la trama. Ecco il motivo dietro il titolo dell’opera. Una giornalista ci chiese se fosse vera la storia del ritrovamento del manoscritto di Shakespeare a Londra perché il cortometraggio iniziava con questa storia. Naturalmente non ce la sentimmo di fare la boutade e di fingere che fosse vero. Saremmo rimbalzati da Tokyo a New York. Se avessimo detto di sì avremmo avuto molta più risonanza. In prima fila c’era Piera degli Esposti, Vincent D’Onofrio (ossia Palla di Lardo in Full Metal Jacket di Kubrick) e Giovanna Mezzogiorno. Io ero il più giovane, avevo solo ventiquattro anni. Inoltre, ero anche coproduttore. Credo fortemente che se ti piace una cosa bisogna andare fino in fondo.
Nel “Paradiso delle Signore” a Dante piace Marta, è innamorato di Marta. Ha abbandonato tutte quelle che erano le certezze o i cardini della sua vita ed è andato contro una famiglia potente a New York, l’equivalente agli Agnelli in Italia. Sicuramente è una decisione estrema, con il tradimento c’è poi l’abbandono. Sono due sentimenti estremi che se non si provano non si può giudicare. Io purtroppo ho provato entrambi. Sia il tradimento agito e sia quello subìto. Ci sono molte conseguenze dal dolore alla sofferenza e molto altro che sconcertano ma è un movimento. Il tradimento come diceva il Professor Aldo Carotenuto è un argomento molto caro forse perché ognuno di noi lo vive nel corso degli anni e quindi ognuno ne può parlare in un modo completamente autentico. Se si chiudono completamente gli occhi si possono ricordare i momenti in cui si è stati veramente gelosi oppure quando si aveva paura di essere traditi. Sono momenti drammatici che ognuno di noi vive.
Cosa ti aspettavi dal mestiere di attore?
Quando ho deciso di fare l’attore non sapevo cosa volesse dire. Vedevo gli attori nei film, avendo vissuto il cinema americano degli anni ’80. Poi ho scoperto il neorealismo: Leone, Germi, Scola, Fellini. Lo studio e la passione mi hanno portato a scoprire la storia del cinema italiano ed è successo negli anni dell’Accademia. Ognuno di noi deve questo al Maestro Terrani. Non sono mai stato brillante a scuola ma in Accademia sono cambiato.
Molte di queste cose le ho trasferite in Dante. Anche se ha fatto molti casini, ha anche dato un’opportunità al Paradiso delle Signore che fino ad allora non aveva mai pensato di poter fare. Nel 1960 c’è stato il boom economico sia in Italia che in altre città estere, immaginiamo cosa potesse essere New York. Fare un contratto con la più grande agenzia pubblicitaria del mondo era sicuramente importante. Per un manager di Milano è come dire che Olivetti sarebbe potuto diventare Apple ma alla fine non c’è stato il salto di qualità.
Dante è le trait d’union che inserisce il turbo e parte come un razzo per offrire la più grande occasione di produttività del Paradiso: il lancio nel mercato americano in una delle città più glamour degli anni 60. Champagne, Whisky e sigarette si uniscono agli ambienti super cool della metropoli più industrializzata e più potente del mondo. Lì c’è stata sicuramente una differenziazione del personaggio di Dante nel contesto in cui era inserito. Infatti Dante non fuma e non beve perché è uno sportivo, gioca a tennis, è uno che si concentra ed è un salutista. Anticipa tutto quello che poi ci sarà a Los Angeles nella seconda metà degli anni ’60 con le room del benessere, la disintossicazione della droga a fiumi per i sessantottini. E’ quello che anticipa i tempi e vede in Marta qualcosa che nessuno riesce a capire, neanche i Guarnieri. Per quanto vogliano il suo bene sono sempre legati ad una base convenzionale della società, il matrimonio, le relazioni tra famiglie potenti, una città (Milano) ma sempre una provincia dell’Italia. Non vedono la straordinaria capacità, il talento di questa giovane fotografa che è pronto ad esplodere. Secondo me quello che bisogna riconoscere a Dante è il coraggio nelle decisioni. Questo può farlo solo chi è fedele al 100% a se stesso e che ha anche predisposto gli altri al linguaggio misterioso dell’anima, quel bacio degli anni ’60 è diverso da quelli che ci scambiamo oggi anche per messaggio. Quando ci baciamo al 99% chiudiamo gli occhi e quindi c’è l’abbandono. Al di là dell’aspetto sentimentale si saranno parlati come succede nel corteggiamento. Quando si abbandonano a quel bacio, si trovano in un momento di euforia e paura.
Paura di cosa?
Se c’è da una parte il negare a se stessi le proprie emozioni si finisce con lo stare male. Il grande Sigmund Freud diceva “Chi ama soffre, chi non ama si ammala” non si può rinunciare all’amore e alle pulsioni di una cosa che non ti sai spiegare, in un momento in cui stai per sposare la figlia di una delle famiglie più potenti di New York con cui da dieci anni stai costruendo relazioni, trovi una persona e ti chiedi perché devi rinunciare a questo sentimento per che cosa? E’ un salto triplo carpiato!
E’ normale che ci sia un sentimento per spingerti ad andare a Milano!
L’adulterio è sempre esistito e ne abbiamo menzione nella Letteratura con Lancillotto e Ginevra, Tristano e Isotta, Paride, Ulisse…! Bisogna chiedersi il perché? Forse la lontananza? Era un periodo storico in cui lei poteva tornare in Italia oppure lui poteva raggiungerla. Non lo hanno fatto. La lontananza avrà creato in Marta una situazione psicologica difficile. E’ questo il punto che tutti dovrebbero capire! Lei non ha avuto un momento di debolezza ma di grandissimo coraggio. Riferendoci a quanto detto dal Professor Carotenuto sul tradimento: un movimento che impone delle decisioni drastiche ma richiede anche un grande atto di coraggio e di generosità nei confronti della vita. “Il primo tradimento di cui ogni essere vivente è soggetto, è l’abbandono della madre nel momento in cui viene al mondo”. Ci saranno anche altri tradimenti e se guardiamo alla vita degli individui come piccoli tasselli che dopo averti messo in una costante incertezza emotiva ti spingono verso un potere straordinario sull’andamento della tua vita. Concordo con tutti quelli che sono arrabbiati con Marta che aspetta, si mette in uno stato di silenzio, di negazione della propria presenza e quindi anche del fatto di poter capire che cosa effettivamente è successo tra Dante e Marta, soprattutto da parte del marito. Dante in certi momenti è leggero come se fosse un italo-americano che ritorna alle origini e riscopre il piacere di stare a Corte. In questo caso il circolo con delle persone come la Contessa per la quale gode un grande affetto perché sa benissimo che è lei la persona che decide le sorti della famiglia Guarnieri. Inoltre, ha anche una grande capacità di dialogo con la nipote perché la conosce molto a fondo avendola cresciuta. Dante è un raccoglitore di informazioni, è un processore di elaborazione americana.
Tesse la tela come Penelope!
Un po’ sì perché lui aspetta. Un uomo di vent’anni che negli anni ’50 sceglie di andare in America, grazie alla famiglia che lo ha aiutato ma anche grazie al proprio coraggio di dire “Non mi accontento, voglio vedere cosa c’è dall’altra parte del mondo. Sta succedendo l’ira di Dio e voglio essere presente perché ci sta riportando a galla e a volare.” Dante è qualcosa di nuovo, è un razzo supersonico. Quando parli con lui cerca sempre di trovare il lato positivo della vicenda. Non lo affondi con una battuta anzi da quella battuta lui o impara qualcosa o riesce a rispondere e a trarne una lezione. Ha un rapporto molto bello con il Commendatore perché si fronteggiano, ognuno porta una propria verità, un proprio bagaglio di emotività. C’è uno scontro vero in quanto è il padre della persona che ama.
Qual è la tua verità?
So che c’è un matrimonio ma non sono una persona che vuole distruggere una famiglia. Voglio sottolineare che Marta qui a Milano non può fare nulla, ritorna ad essere quella che è già stata. Ha bisogno di evolversi in un altro ambiente. Se volete il suo bene dovete darle questa possibilità, dovete farglielo capire. Marta non prende posizione su questa faccenda, potrebbe scegliere di andare con il marito o senza. Ci sono dei problemi di natura personale come la sterilità che Marta ha somatizzato.
Perché si parla solo del tradimento di Marta e di Dante?
Già! Tradire la propria moglie in casa con l’ex fidanzata storica, moglie del fratello da cui ha avuto due figli, Vittorio dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza.E’ uno scoglio che riceve il certificato di resistenza alla “nave matrimoniale del rapporto Marta e Vittorio”. Se riescono a passare su questo scoglio magari riusciranno a tamponare la falla, il matrimonio si risolleverà e anche le loro vicende altrimenti “ben venga!”. Abbiamo testato che su quello scoglio, la nave-matrimonio non resiste e bisogna costruire qualcosa di diverso, di più potente, di più profondo”. Durante una storia d’amore le sfide da affrontare sono parecchie.
Conosci qualche elemento che possa portare alla sparizione di Ravasi?
Se fosse vero il sospetto che Ravasi sia stato ucciso per conto dei Guarnieri, questi finirebbero in carcere e butterebbero le chiavi. Uno sgamato come Dante che vive tra la famiglia Koffmann e Sterling e capisce tutto il commercio estero tra le istituzioni, le agenzie governative a New York non ha i canali per capire che cosa è successo a Ravasi? Non ci sono dubbi, è ovvio che la versione del Commendator Guarnieri sia la più efficace. In quel momento Dante si schiera “Vuoi un mio aiuto? Te lo do”. Non dico “pendi dalle mie labbra e mi metti in buona luce con Marta” perché sa benissimo che dal momento in cui gioca a carte scoperte è un grande giocatore onesto. Alla fine ha attraversato l’Oceano perché c’era un sentimento importante. Non voleva avere un’avventura ma tutto il contrario perché viene da una famiglia importante di Milano ed è una persona che costruisce delle relazioni durature. Doveva sposarsi con Jenni Koffmann dopo un fidanzamento di dieci anni e non può scherzare perché ha firmato un contratto prematrimoniale. I Guarnieri avevano scoperto che Dante stava per subire un processo e chissà quali scheletri immaginavano, invece era che se firmi il contratto matrimoniale e non ti sposi sei colpevole perché lo rescindi.
Che uomo è Dante?
La bellezza del mio personaggio è quella di avere la coscienza pulita, prova un sentimento importante per una donna in cui ha visto del grande talento ma anche una grande tristezza e depressione che è scaturita dalla lontananza. Avrebbe dovuto dire “mi trovo a New York dove tutto sta nascendo e marcia ad un ritmo vertiginoso, dove delle persone ti possono dare delle opportunità di carriera, di crescita che non potresti mai avere o lontanamente sognare in una città come Milano negli anni ’60”. Sei presa in questo vortice e ti lasci andare non accettando il dono che la vita ti offre.
Carpe diem!
L’America è fondata su questo detto. Oltre al coraggio richiede anche una voglia di vivere, di muovere la propria visione ed il proprio talento con lo spirito del mondo. Su questo argomento c’era un bellissimo articolo di Francesco Alberoni sul Corriere che invitava a coglierlo. Bisogna odorarlo e percepire dove sta andando. Noi adesso potremmo andare in Cina e la Cina dov’è andata a fare i più grandi investimenti da cent’anni a questa parte? In Africa e saremmo già in ritardo. Dante conosce tutti i movimenti geopolitici dagli anni ’50 che sono esplosi dopo la guerra fredda negli anni ’60. Vede una donna creativa, simpatica, bella, onesta e per lei tradisce quella che dovrebbe diventare sua moglie. Lo fa con un’italiana ed è come ritornare alle origini. E’ un po’ come dire “Ho conquistato l’America, mi sono laureato ad Harvard, conosco le persone più importanti di New York, sto per legarmi ad una donna che viene da una famiglia importante però incontro questa italiana”. E’ un po’ come ritrovare delle sensazioni diverse. Dante crede nelle donne e le rispetta fortemente anticipando il femminismo con il lancio di un’idea molto importante che si vedrà nei prossimi episodi. Tanti diranno che lo ha fatto solo per tornaconto personale ma devo dire che non è vero. Dante è una persona molto consapevole delle proprie armi e dei propri desideri. Vede il disagio emotivo che ha vissuto nei racconti di Marta che si confida perché è in un Paese che non è il suo, non conosce nessuno. Quando andiamo all’estero trasferiamo la nostra voglia di amare, di stare insieme, di condividere qualcosa di buono da mangiare.
Volevo chiudere con una domanda visto che hai parlato spesso di talento, secondo te il Talento nasce grezzo e va limato oppure è spontaneo?
Penso che si debba distinguere tra il talento e il genio. Il talento appartiene ad ognuno di noi e se si ha la fortuna di incontrare una persona o una situazione consona, sboccia. Da lì parte un percorso di costruzione e di limatura del talento altrimenti da solo non esiste. Ho visto colleghi che erano molto più bravi di me che hanno avuto delle fantastiche occasioni ma le hanno perse perché non hanno costruito e limato il loro talento, non hanno alimentato quella fiammella che ci appartiene. Non puoi pensare che non si spegnerà mai.
E’ un po’ come l’amore!
Sì è un modo di sapersi amare, comprendersi e conoscersi. A volte anche di mortificarsi parlando a se stessi che è la cosa più importante. Se io non avessi incontrato Alberto Terrani non avrei mai fatto questo lavoro. Il Genio si identifica in Mozart perché componeva ad undici anni, ha bruciato le tappe. Il Genio forse è posseduto da un demone ma non con un’accezione negativa. Terrani quando insegnava diceva sempre “quando impersoniamo un Santo, dobbiamo essere comunque in uno stato demoniaco”. E’ un modo per definire lo spirito dell’attore. Solo così puoi trasferire in una pellicola, su un palcoscenico o ad una platea le sensazioni che sono nel personaggio che stai interpretando. Deve avvenire un turbamento interiore. Può darsi che il mio talento sia stato alimentato dai racconti di mio nonno che ha fatto la Resistenza, è Partigiano, ha sganciato una carrozza piena di ebrei che erano diretti ad Auschwitz partendo da Bologna. Lui con la sua bici è andato e ha sganciato il vagone e li ha fatti scendere. Aveva fatto la guerra in Eritrea, la prigionia durante il periodo fascista. Avranno contribuito ad accrescere il mondo meraviglioso che ho vissuto nella mia adolescenza. Il suo talento lo ha portato ad essere un pittore autodidatta e quando il sabato andavo da lui mi diceva “prima di andare a giocare a calcio, mi devi fare un cerchio” ed io m’incavolavo perché non riuscivo mai a farlo come il suo. C’erano dei pomeriggi in cui dimenticavo di andare al campetto da calcio e mi accanivo per fare il cerchio nel migliore dei modi. Ho imparato a disegnare e tante altre cose. E’ una generazione che va preservata.