Il grande progetto del Global Gateway, annunciato orgogliosamente dalla Presidente della Commissione, Ursula Von Der Leyen, si configura come la risposta europea alla Belt and Road Initiative, l’estesa rete di collegamenti marittimi e terrestri che il governo cinese sta costruendo tra Asia, Africa ed Europa, ribattezzata Nuova via della seta. Seppure il movente di entrambe le parti sia la visione globalizzata ed integrata delle economie dei singoli stati, la cui sincronizzazione si prevede che venga accresciuta dagli importanti interventi infrastrutturali accordati tanto dal governo cinese, che dall’Unione Europea, ciò che differenzia sostanzialmente i due progetti sono le modalità di erogazione delle risorse dispensate. “La Cina presta, noi diamo finanziamenti” – sottolinea la commissaria al partenariato internazionale Jutta Urpilainen.
Il piano dal 300 miliardi, copre una vasta gamma di iniziative, dalle ferrovie ai cavi in fibra ottica, con un focus particolare su 5 settori di investimento tra cui figurano: il digitale, con la sicurezza di rete; la salute con la costituzione di filiere dei medicinali e la produzione locale di vaccini; i trasporti, in modalità eco-friendly; l’educazione e la ricerca, , e tutte le iniziative legate all’energia e alla transizione ecologica. Di questi 300 miliardi, la cui architettura molto complessa, si struttura in un ammontare di 18 miliardi corrispondenti a sovvenzioni dirette, provenienti da programmi europei rivolti all’azione esterna, e di 145miliardi provenienti dalle banche di investimento dei Paesi Membri, il 10% sarà esclusivamente dedicato alle infrastrutture digitali. “Con il Global Gateway facciamo un passo in più per appoggiare investimenti e infrastrutture nel resto del mondo. I Paesi hanno bisogno di partner di fiducia per conseguire progetti sostenibili, segnati da alta trasparenza e buona governance.
Vogliamo mostrare che un approccio democratico fondato sui valori può affrontare le sfide globali”, dice la Von der Leyen lanciando il piano. Uno dei vantaggi che l’UE si aspetta di trarre da un’iniziativa di tale portata è senza dubbio, una facilitazione nell’approvvigionamento di idrogeno, risorsa chiave del Green Deal europeo, attraverso l’intensificazione delle connessioni con paesi come il Cile, o i paesi dell’Africa mediterranea e sub sahariana, che hanno tanto da offrire in tal senso. L’alternativa in senso democratico rispetto al prototipo cinese invece, consiste nel fatto che uno dei requisiti a cui l’UE ha deciso di vincolare gli investimenti, oltre alla sostenibilità ambientale, che esclude gli investimenti sui combustibili fossili, il rispetto, da parte dei paesi beneficiari, dei diritti umani, in linea con gli standard comunitari. Violazioni delle condizioni in tal senso sarebbero infatti suscettibili per clausola, di sospensione persino di progetti avviati.