“Il dialogo è nella legge e tutto quello che è stato fatto finora non è dialogo: il dialogo non è voler imporre ai governanti di violare la legge”. E’ quanto ha detto il premier spagnolo Mariano Rajoy dopo il Consiglio dei ministri che ha dato il via libera all’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione per la sospensione dell’autonomia della Catalogna.
Sospensione vista come un “golpe” dal Pdecat, il partito di Carles Puigdemont. Il presidente della Generalitat oggi pomeriggio ha partecipato alla manifestazione indipendentista a Barcellona che ha portato in piazza circa 450mila persone.
Scatta l’art. 155: cosa succede e tutte le misure
PUIGDEMONT– La scelta di ricorrere all’articolo 155 è un “attacco alla democrazia” ed è “incompatibile con lo Stato di diritto” ha dichiarato questa sera il presidente della Generalitat, chiedendo la convocazione di una seduta plenaria del Parlamento di Barcellona per discutere e decidere sul “tentativo di liquidare la nostra democrazia”. Il governo di Mariano Rajoy ha dimostrato “disprezzo per la volontà dei catalani”, questo è “il peggior attacco” alla Catalogna da quando il dittatore Franco abolì la Generalitat, ha proseguito Puigdemont, che si è impegnato a “continuare ad agire in maniera pacifica”. “Questo è un attacco alla democrazia che apre la porta ad altri abusi”, ha detto ancora il leader catalano che si è poi rivolto “all’Europa, non solo ai leader ma ai cittadini europei”. “Se i valori fondanti europei sono stati messi a rischio in Catalogna – ha scandito – lo saranno anche in Europa”.
RAJOY – Sulla base dell’articolo, Rajoy proporrà al Senato di destituire il presidente della Generalitat e gli altri consiglieri del governo regionale e di convocare elezioni nella regione entro sei mesi. “Non si sospende l’autonomia né l’autogoverno ma si destituiscono le persone che si sono messe fuori dalla legge e dallo Statuto” sull’autonomia, ha detto Rajoy che ha poi denunciato “il processo totalmente unilaterale, contrario alla legge e che ha cercato lo scontro” messo in moto dalle autorità catalane, “iniziato con l’intenzione di obbligare il governo ad accettare un referendum che tutti sapevano non potevamo accettare”.
QUATTRO OBIETTIVI – Sono quattro gli obiettivi che il governo spagnolo si pone attraverso il ricorso all’articolo 155 della Costituzione per il ’commissariamento’ della Catalogna: “Ripristinare la legalità, tornare alla normalità, continuare il rilancio dell’economia e celebrare nuove elezioni”.

Ricorrere all’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione “non era nostro desiderio, né è mai stata la nostra intenzione, ma nessun governo può accettare che si violi la legge, che si cambi la legge e che si faccia tutto questo per imporre i propri interessi sugli altri”, ha affermato Rajoy dopo il Consiglio dei ministri.
VOTO IN SENATO IL 27 – Il Senato spagnolo ha confermato che si riunirà in seduta plenaria venerdì 27 per approvare il ricorso all’articolo 155, richiesto oggi dal governo. A quanto riferiscono i media spagnoli, alle 13 di martedì 24 si riunirà una commissione ad hoc del Senato. Creata appositamente, sarà composta da 27 membri, espressione dei diversi gruppi parlamentari, che già siedono nella commissione delle Autonomie o in quella Costituzionale. Il presidente della Generalitat catalana potrà andare di persona ad esporre le sue ragioni in commissione, mandare un suo rappresentante o scrivere una lettera.
La commissione formulerà la sua proposta entro giovedì alle 12, per poi votarla alle 17. Venerdì è convocata la seduta plenaria per il dibattito e il voto. I lavori cominceranno alle 10 e dovrebbero terminare entro le 15. Il voto favorevole è scontato, grazie alla maggioranza assoluta di cui gode il Partito Popolare del primo ministro Rajoy.
450MILA IN PIAZZA A BARCELLONA – Circa 450mila persone hanno partecipato alla manifestazione indipendentista di questo pomeriggio a Barcellona, secondo le stime della Guardia urbana della città.
Puigdemont tra le prime file. Con lui il vicepresidente della Generalitat, Oriol Junqueras, il portavoce del governo Jordi Turrul, il ministro degli ’Esteri’ Raul Romeva, la presidente del Parlamento catalano Carme Forcadell e l’ex presidente della Generalitat, Artur Mas, oltre a molti deputati dei partiti secessionisti. Presente alla marcia anche la sindaca di Barcellona, Ada Colau.
La dimostrazione era stata organizzata per chiedere la liberazione di Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, leader delle associazioni secessioniste Assemblea Nazionale Catalana (Anc) e Omnium Cultural, in carcere con l’accusa di sedizione. Ma ha assunto un valore più forte dopo che il governo spagnolo ha chiesto al Senato l’attivazione dell’articolo 155.
Strage di poliziotti in Egitto: 55 morti
Sarebbe di almeno 55 poliziotti egiziani morti il bilancio della sparatoria con presunti terroristi scoppiata ieri durante un blitz delle forze di sicurezza in un presunto covo di militanti a sudovest del Cairo. Lo ha riferito la tv satellitare al-Arabiya, che cita fonti della sicurezza locale. Il ministero degli Interni del Cairo ha però confermato un bilancio ufficiale ben più ridotto, che parla di 16 poliziotti uccisi, 13 feriti e di un agente che risulta disperso. Il ministero, secondo la stessa al-Arabiya, conferma inoltre che 15 “terroristi” sono stati uccisi o sono rimasti feriti.
Lo scontro a fuoco è avvenuto nel distretto di al-Wahat al-Bahriya, nel governatorato di Giza. Secondo il giornale al-Masry al-Youm l’obiettivo dell’operazione era un presunto covo del gruppo Hasm, che in passato ha rivendicato diversi attacchi contro le forze di sicurezza egiziane e che le autorità del Cairo considerano legato al movimento dei Fratelli Musulmani. Secondo al-Arabiya, continuano intanto le operazioni delle forze di sicurezza nell’area.
Repubblica Ceca, vince il ’Trump di Praga’
Il miliardario populista Andrej Babis, soprannominato il ’Trump ceco’, si conferma vincitore delle elezioni nella Repubblica Ceca. Con il 99,9% dei voti scrutinati, il suo partito Ano risulta in testa con il 29,7% dopo una campagna elettorale contro l’arrivo di rifugiati e di stampo euroscettico.
Il voto ha segnato una svolta a destra per il Paese. Secondo arrivato è il partito conservatore Democratici Civici con l’11,3%. Il suo leader, Petr Fiala, ha escluso un’alleanza con Babis. Segue il partito anti-immigrati Libertà e Democrazia Diretta dell’uomo d’affari ceco-giapponese Tomio Okamura che promette di impedire “l’islamizzazione” del Paese, arrivato al 10,6% rispetto al 6,9% del 2013. I socialdemocratici (Cssd) del primo ministro uscente Bohuslav Sobotka, vincitori delle elezioni di quattro anni fa con il 20,5%, sono crollati al 7,9%. Alla testa di una coalizione con il partito Ano, Sobotka aveva convocato elezioni anticipate in seguito a uno scontro con Babis, titolare del dicastero delle Finanze.
“Non siamo un pericolo per la democrazia”, ha detto questa sera il 63enne Babis parlando ai suoi sostenitori in festa a Praga. Il miliardario ceco ha annunciato di aver invitato via sms tutti i leader politici per aprire colloqui e formare al più presto un nuovo governo.