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MALAFFARE

Quando, giorno dopo giorno, le corruzioni legate al malaffare vengono a galla, i misfatti sono già stati compiuti, alcuni anche da diversi anni. “I peccati del mondo sono l’ingiustizia e la prevaricazione. Io li chiamo concupiscenza, cupidigia di potere, desiderio di possesso.

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Questi sono i peccati del mondo e dobbiamo combatterli con tutte le forze di cui disponiamo”. Questi i peccati indicati da Papa Francesco che si servono di alcuni strumenti per esser commessi, il principale ed il più comune dei quali si chiama corruzione. Si tratta certamente di peccati presenti in tutto il mondo ma in Italia, nella nostra bella Italia, sono più diffusi e presenti che altrove, anche se raramente vengono a galla rimanendo occultati per sempre nella melma dell’immoralità.

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Vent’anni fa esplose, con tutta la forza possibile, lo scandalo che fu, da tutti ,chiamato “Tangentopoli”. Sembrava che si fosse riusciti a bonificare la palude della corruttela pubblica, i suoi miasmi e il malaffare continui e costanti che ne derivavano. I partiti più implicati e gli imprenditori più compromessi furono travolti al punto tale da rimanerne completamente schiacciati. Tutto era cominciato nel 1992 e fu sull’onda dell’ insoddisfazione popolare abilmente cavalcata che ebbe inizio il berlusconismo. Certo questi magistrati che, con l’operato del loro sacrificio personale, avevano creduto d’aver liquidato definitivamente il malaffare non erano però riusciti ad estirpare le radici, sta di fatto che il frutto che uscì da Tangentopoli era ancor più velenoso di quello che c’era manifestato prima.

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La differenza consiste nel fatto che all’epoca di Tangentopoli lo scandalo consisteva almeno per il 70 per cento in denari trafugati per finanziare i partiti e solo il 30 (e forse anche meno) finiva nelle tasche dei mediatori. Col berlusconismo le cose cambiarono e la refurtiva finì interamente in tasche private. Moralmente si tratta di una differenza assai poco percettibile ma comunque oggi è peggio di ieri.

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Quelli che allora erano i mediatori, gli affaristi, gli intermediari in tasca ai quali finivano gli spiccioli adesso lavorano in proprio col potente di turno in grado di determinare ogni cosa. Si sono formate lobby delinquenziali, mafie d’alto bordo (c.d. dei colletti bianchi) e le abbiamo viste al lavoro nella ricostruzione de L’Aquila, nella scandalosa gestione della Protezione Civile di Bertolaso e soci, negli appalti all’isola della Maddalena, nell’Expo di Milano e infine, proprio in questi giorni, nella più bella e più pestilenziale laguna del mondo.

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Lo scandalo del Mose è probabilmente il più eclatante, non tanto per l’ammontare delle cifre che pur sono assai consistenti, ma sicuramente per la quantità e la qualità delle persone coinvolte. Ci sono squali, piranha e pesci piccoli. Sono compromessi, a vario titolo, il sindaco della città, gli azionisti del consorzio Venezia Nuova che è l’unico concessionario dell’opera, il direttore generale del predetto consorzio, un generale che fu comandante della Guardia di Finanza e perfino il magistrato della Corte dei Conti distaccato in quella città.

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Il partito più rappresentato in questa schiera di corrotti-corruttori è Forza Italia e Galan, che fu tra i fondatori, scelto per il Veneto da Dell’Utri; ma anche il Pd è nel novero perché il Sindaco non è un iscritto al partito ma la sua lista fu sponsorizzata pesantemente, cosa questa innegabile, dai democratici. La corruzione, in quanto misfatto, si combatte in tre modi e in tre momenti distinti: la prevenzione, l’inchiesta, la punizione certa dei colpevoli.

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Qualche sera addietro, l’ex Pubblico Ministero di “ Mani Pulite”, il dottor Antonio Di Pietro, ha lamentato, nel corso di una trasmissione televisiva andata in onda da una nota emittente nazionale, l’assoluta mancanza di prevenzione. Non esiste ancora una vera ed efficace legge contro la corruzione, sono state anzi varate, in questi anni, le disoneste leggi “ ad personam” che hanno abolito il reato di falso in bilancio, ridotto il periodo di prescrizione, non istituito il reato di riciclaggio e via dicendo; leggi queste che non solo non contrastano ma facilitano e incentivano la corruzione. Evidentemente non è chiaro l’ordine di priorità dei provvedimenti dei quali il nostro Paese ha davvero maggior bisogno.

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Sono: la creazione di nuovi e numerosi posti di lavoro, l’incentivazione di nuovi investimenti, un moderno sistema di ammortizzatori sociali, la prevenzione della corruzione. Tutto il resto viene dopo perché non serve né a rilanciare la crescita né ad attutire la rabbia sociale, come molti “Soloni” finanziari vorrebbero farci credere.

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Quando lo scandalo del malaffare emerge, i fatti ovviamente si sono già verificati, le Procure ed i Giudici, purtroppo, operano quando il reato è già stato ampiamente consumato. Qualche tentativo di varare una prima legge anticorruzione fu fatto ma venne stravolto in Parlamento ed i Governi non seppero impedirlo perché i sabotatori erano inseriti nei posti di comando ed impedirono che la macchina della Giustizia, a mezzo di leggi adeguate, venisse messa in moto come si sarebbe dovuto fare. Se le cose continueranno ad andare in questo modo forse è necessario allargare un poco il nostro quadro mentale; forse non basta parlare di Governi e di Parlamenti insidiati da continui contrasti interni e di insufficiente o addirittura carente lavoro di prevenzione; forse bisognerà parlare nuovamente del cosiddetto “Popolo Sovrano”.

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Quasi il 40 per cento del nostro popolo sovrano si è astenuto dal voto nelle ultime elezioni. Il 20 o anche il 30 per cento di astensione è fisiologico, ma al di là di questo limite no, saremmo e siamo davanti a un evento che i politici devono guardare con attenzione. Se poi osserviamo i votanti che scelgono movimenti, partiti e leader populisti, cioè demagoghi che promettono e non mantengono o addirittura fanno il contrario di ciò che a parole hanno promesso, allora è segno che il popolo sovrano ha abdicato dalle sue funzioni. Popolo sovrano, debito sovrano: non vi sembra un gioco da bambini in cerca di indovinelli? Purtroppo è una dura e cruda realtà. Se la politica non la faranno i giovani, rimarrà appannaggio degli altri.

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Invece sono proprio loro, i giovani, che hanno tutto l’interesse a cercare di costruire il loro futuro e, prima di tutto, a garantire che vi sia un futuro. Da Tangentopoli in poi, e per un infinito ventennio di malaffare, non solo si è fatto assai poco, ma quel poco che si è fatto lo si è fatto male. Cos’altro deve succedere, per convincere la politica a muovere un passo concreto, tangibile e inequivocabile, contro la corruzione che torna a minare le basi della convivenza civile e della concorrenza economica?

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Quanti altri blitz devono verificarsi, per spingere il Governo e i due rami del Parlamento a ripristinare con un atto definitivo, responsabile ed efficace, il principio di stretta legalità in assenza del quale, in questi anni di fango, si sono approfittati in molti se non tutti? Domande tutt’altro che oziose (o capziose), di fronte all’acqua lurida che tracima dal Mose, dove proprio la politica si è definitivamente messa “a libro paga”, esigendo quello che i nostri Magistrati chiamano “lo stipendio di corruzione”.

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Da Tangentopoli e Mani Pulite in poi, e per un infinito ventennio di malaffare pubblico e privato, non solo si è fatto assai poco, ma quel poco che si è fatto lo si è fatto, forse volutamente, assai male. Grandi proclami, piccoli compromessi. Leggi totem, da dare in pasto al popolo bue. E poi appalti in deroga a volontà, per ottenere a getto continuo fondi neri, anche in tempi più recenti, che speravamo finalmente proficui sul piano della ricostruzione morale e della legislazione penale. Così non è stato. Così non è ancora e chissà se lo sarà mai.

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E al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che meritoriamente dichiara di voler “cambiare verso” all’Italia anche dal punto di vista della giustizia e che opportunamente si è mosso per dare più poteri al Commissario Anti-corruzione, il Magistrato Cantone, non è inutile ricordare quanto è accaduto e quanto sta ancora accadendo. Al di là degli annunci, che pure servono a scuotere la coscienza di un Paese disabituato al meglio e assuefatto al peggio, ma che da soli non bastano a consolidare nell’opinione pubblica la percezione di un vero cambiamento.

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Data:

23 Luglio 2014