E’ rientrato in Italia Marcello Dell’Utri. Giovedì scorso, in un comunicato, la stampa libanese ha divulgato la notizia, secondo la quale l’ex senatore di Forza Italia sarebbe stato consegnato alle autorità italiane di lì a breve, grazie al completamento, sia da un punto di vista legale che logistico, delle procedure di estradizione. Ieri mattina i rappresentanti dello Stato italiano hanno prelevato Dell’Utri dall’aeroporto di Fiumicino ed in ambulanza è stato portato immediatamente nel carcere di Parma. Condannato a 7 anni dalla Cassazione per concorso esterno alla mafia, il fondatore di Forza Italia, uomo ponte tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi, è stato per tre mesi in Libano, ricoverato in un ospedale e guardato a vista dagli agenti della polizia locale, dopo essere stato arrestato, lo scorso 12 aprile, dagli agenti dell’intelligence libanese in una suite dell’albergo Phoenicia.
La storia giudiziaria di Dell’Utri comincia nel 1994, anno di scalata al potere di Forza Italia, quando la procura di Palermo, in seguito alle testimonianze di alcuni pentiti, comincia ad indagare sui rapporti eventualmente esistenti tra Dell’Utri, Cosa Nostra e Silvio Berlusconi. Rapporti che, sin dal lontano 1974, tempi in cui Berlusconi era ancora un “anonimo”, giovane imprenditore, vedono Dell’Utri fare da intermediario tra i boss di Cosa Nostra e l’amico Silvio. Sono i primi anni ’70 e, secondo i giudici, un incontro, al quale erano presenti Dell’Utri, Silvio Berlusconi, Gaetano Cinà, Mimmo Teresi, Stefano Bontade e Francesco Di Carlo, cambia la vita, personale e professionale, del giovane Berlusconi. Un incontro che sigla il patto di protezione tra Cosa Nostra e l’ex Cavaliere. Una protezione, sempre secondo i giudici, molto onerosa, inaugurata proprio a pochi giorni da quel primo incontro con 100 milioni di lire al boss Cinà. E, per vent’anni, a curare quelli che erano “contatti” tutt’altro che episodici, c’era sempre lui, Dell’Utri, il trait d’union, l’intermediario tra Palermo e Milano.
In aprile scorso, la Corte di Cassazione accoglie la richiesta del pg Aurelio Galasso e conferma la condanna a sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa Nostra. A seguito della condanna, il sostituto procuratore generale di Palermo Luigi Patronaggio emette un ordine di carcerazione nei confronti di Dell’Utri. Ma Dell’Utri da marzo scorso non è in Italia. Dell’Utri è in Libano, arrivato con un volo da Parigi il 24 marzo scorso. Ha viaggiato con il suo passaporto e ha usato la sua carta di credito.
Dell’Utri è latitante. Quando l’8 aprile scorso, la corte d’Appello di Palermo ha emesso un’ordinanza cautelare in carcere nei confronti dell’ex senatore e questi non è risultato reperibile in nessuno dei recapiti conosciuti, ne è stato ufficialmente dichiarato lo stato di latitanza. Sono seguite, da allora, settimane lunghe. Settimane di attesa. Si è temuto che il Presidente libanese Michel Suleiman non firmasse l’estradizione, sia perché a scadenza del suo mandato, sia per le eventuali pressioni messe in essere dall’ex presidente libanese Amin Gemayet a favore di una protezione per Dell’Utri, appunto, e per l’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, attualmente a Dubai. Così non è stato. E, in extremis, nell’ultimo giorno del suo mandato, il 23 maggio scorso, il presidente Suleiman ha firmato l’estradizione con un decreto privato che non necessita la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Oggi Dell’Utri è in Italia. La giustizia ormai non può non fare il suo corso.