La prima ministra britannica Theresa May ha annunciato che si dimetterà il 7 giugno, dopo che tutti i suoi tentativi di far passare l’accordo per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sono falliti. Sarà ricordata come la premier della Brexit. E, proprio a causa di quella Brexit che non è riuscita durante il suo incarico a portare a compimento, che ha lasciato la guida di Downing Street.
Stando a quanto riferito da fonti di governo alla Bbc, May dovrebbe anche fissare un calendario per l’avvio delle procedure di nomina del suo successore, probabilmente il prossimo 10 giugno, dopo la visita nel Regno Unito del presidente americano Donald Trump, prevista il 3 giugno.
Nel suo discorso la May ha voluto anche ricordare quanto fatto dal suo Governo per portare a termine le politiche di austerità inaugurate da David Cameron e per aver avviato un’inchiesta sul disastro della torre di Grenfell a Londra. Poi non poteva mancare un appello all’unità: “Questo Paese è un’Unione, non soltanto una famiglia di quattro nazioni, ma un’unione di persone, indipendentemente dal colore della nostra pelle e dell’identità delle persone che amiamo, siamo un tutt’uno, e insieme abbiamo un gran futuro”.
Ma facciamo un passo indietro. È stato il primo ministro britannico David Cameron a volere un referendum sulla Brexit salvo poi fare un passo indietro ma tardivo. Chiuso il referendum, Cameron si è dimesso.
E Theresa May lancia ufficialmente la propria candidatura alle primarie del Partito Conservatore una settimana dopo, il 30 giugno 2016. Il 29 marzo 2017 il Parlamento inglese ha votato a favore della Brexit e comunicato alla Ue la decisione presa. Questa, a sua volta, ha dovuto preparare e votare una risoluzione che fissa i paletti del negoziato con la Gran Bretagna: è così che è cominciato ufficialmente il cammino di uscita dello Stato dalla Ue. Il 5 aprile 2017 la prima mossa della UE: il Parlamento europeo a Strasburgo ha approvato la risoluzione che fissa i paletti del negoziato per la Brexit che dureranno almeno fino al 2019. Come infatti regolato dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona, il paese che abbandona l’Unione e le autorità dell’Unione stessa hanno due anni per negoziare i termini della separazione.
Oggi Theresa May si è dimessa, dopo mesi di difficoltà, sconfitte in Parlamento e litigi nel governo. Nei giorni scorsi la situazione della prima ministra si era complicata dopo che aveva presentato un nuovo piano per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, che prevedeva una serie di concessioni pensate soprattutto per ottenere il sostegno anche di una parte dei parlamentari Laburisti. Tra queste concessioni c’era anche la promessa del governo di organizzare un nuovo referendum su Brexit se il Parlamento lo avesse chiesto a maggioranza, azione questa che ha portato alla fine del mandato della May, ormai abbandonata da tantissimi membri del partito Conservatore, i quali hanno cominciato a pensare a un voto di sfiducia straordinario nei suoi confronti.
Dopo le dimissioni di May ci sarà una nuova elezione interna al partito per scegliere il nuovo segretario e di conseguenza il nuovo primo ministro. Jeremy Corbyn, leader del Partito Laburista, ha chiesto che vengano fatte delle nuove elezioni, ma il sistema britannico prevede che il leader del partito di maggioranza diventi anche il primo ministro.
Non ci resta, quindi, che aspettare il nuovo primo ministro cui toccherà il compito di fare approvare entro il prossimo autunno un accordo per Brexit dal Parlamento, per evitare che si arrivi alla prossima scadenza prevista dall’Unione Europea senza accordo.
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