Gli assistenti vocali di Google e Amazon, che stanno ottenendo un discreto successo, potrebbero mettere a repentaglio la privacy dei loro fruitori. Pare che migliaia di conversazioni – facilmente riconducibili ai profili degli utenti – siano finite in chat aziendali, nonché nelle mani degli stessi dipendenti Amazon. Il tutto sarebbe stato documentato da un’inchiesta di Bloomberg, multinazionale operativa nel settore dei mass media.
“Senza dubbio il controllo delle registrazioni vocali è fondamentale per i produttori di smart speaker, che così facendo possono sviluppare nuove funzionalità e rendere i dispositivi sempre più precisi. Tuttavia non si possono sottovalutare i rischi in termini di privacy – spiega l’avvocato Marco Martorana, fondatore dell’omonimo studio legale con sede a Lucca, operativo da oltre 15 anni nel settore della protezione dei dati personali, in particolare nell’ambito delle nuove tecnologie – Tra le mura private ciascuno di noi espone la propria sfera più intima, parlando di qualsiasi argomento: lavoro, visite mediche, problemi legali… I dispositivi intelligenti non si limitano a registrare i dati, ma li rielaborano: così facendo possono estrapolare informazioni ulteriori, come le preferenze e le abitudini di vita”.
“L’inchiesta di Bloomberg ha portato alla luce un elemento di non poco conto: talvolta le attività di trattamento di dati personali realizzati dalla casa produttrice, seppure riportate all’interno dell’informativa privacy, non fanno luce sulle implicazioni delle proprie dinamiche tecniche-operative. – prosegue l’esperto di privacy – Per giunta, queste ultime possono essere ridefinite nel tempo. Dall’inchiesta, per esempio, si scopre l’esistenza di una chat aziendale in cui i dipendenti di Amazon sono autorizzati a condividere i casi che ritengono ‘anomali’. Per questo motivo, un’attività del genere impone di valutare attentamente i rischi connessi e applicare misure di sicurezza ad hoc”.
“Amazon – chiarisce ancora Martorana – richiede il consenso espresso dei clienti per poter accedere alle loro registrazioni vocali per lo sviluppo di nuove funzionalità ma, a maggior ragione in un caso come questo, il consenso dell’utente per essere anche ‘consapevole’ deve essere preceduto da informazioni specifiche, chiare e dettagliate. Informazioni che riguardano non solo le finalità di trattamento ma anche le modalità di rilevazione dei comandi vocali, i rischi a cui gli utenti possono andare incontro e le misure di sicurezza adottate per tutelarli”. Conclude poi sostenendo: “Non si può negare che questi dispositivi siano molto utili per varie mansioni quotidiane. Servirebbe però una maggiore consapevolezza sul fatto che, anche se le singole finalità di trattamento sono riportate nell’informativa, spesso entrano in gioco dinamiche interne che l’utente finale non conosce del tutto”.