Forse non tutti sanno che la grande Matilde Serao (Patrasso, 1856 – Napoli, 1927), una tra le maggiori scrittrici e pubbliciste italiane, spregiudicata cronista della Napoli del suo tempo, come pure vera antesignana della parità dei diritti delle donne, scrisse, tra le sue tante opere, un piccolo trattato dedicato alle norme di buon vivere da osservare durante il matrimonio e la villeggiatura.
In questo libretto critica, con la sua inconfondibile pungente ironia, le mode e gli sperperi della sua epoca, i vizi e le virtù di sposi e viaggiatori.
In questo articolo ci focalizziamo con curiosità (e benevolenza) sul mondo dei matrimoni (civili e religiosi) di fine 800 con usanze, mode e costumi che, sicuramente, oggi ci apparirebbero quantomeno singolari.
Ai tempi della nostra Matilde non dovevano intercorrere più di 24 ore tra il matrimonio civile e quello religioso (una sposa mezza maritata e mezza no faceva ridere!) perciò era buon galateo celebrare le nozze civili il Sabato e quelle religiose la Domenica.
Il matrimonio civile, pur essendo un atto importante ma privo di ogni romanticismo, si celebrava con i parenti strettissimi: genitori, testimoni, fratelli e sorelle, (eventualmente qualche zio o, se ancora vivi, i nonni).
La sposa doveva avere un “look” (diremo oggi) molto ricco. Abito in velluto, o broccato secondo la stagione; “mise” che userà, in seguito, per le visite di grande etichetta. Il cappello non doveva mai essere chiuso a cappottina, sarebbe stato un tremendo errore di gusto. Da preferire, invece, un bel cappello rotondo, chic, da utilizzare nelle circostanze formali accennate prima.
Sulle spalle della sposa andava un grande mantello ricco, mai una giacchetta. Qualche bel gioiello, scelto tra i doni che lo sposo doveva avere già regalato. Scarpini di capretto nero, calze di seta nera, guanti bianchi, ombrellino ricco e ornato.
Lo sposo indossava la classica “redingote”, ovvero una giacca elegante tagliata al ginocchio secondo la moda proveniente dall’Inghilterra retaggio del re Edoardo Principe di Galles, passato alla storia per il suo vestire sempre personalizzato e curato in ogni minimo particolare. All’epoca erano, infatti, l’Inghilterra e la Francia che dettavano legge nell’ambito del “trend” della moda.
Con la redingote si abbinavano pantaloni grigi, cravatta chiara, scarpe di pelle lucida, guanti bianchi. Era elegante avere un bel fiore all’occhiello, ma non d’arancio.
Per le rispettive mamme era uso vestirsi come da visita presso il Municipio, eleganti ma non troppo. I genitori maschi, i testimoni ed i parenti, in redingote e tuba.
La famiglia della sposa doveva provvedere alle carrozze che erano in numero di tre o quattro. La prima era destinata alla sposa con suo padre e i suoi testimoni.
La seconda era per lo sposo, sua madre, la madre della sposa e un testimone.
Nelle altre carrozze, in ordine gerarchico, il resto delle famiglie. Tale ordine veniva rispettato sia all’andata sia al ritorno, a cerimonia avvenuta.
Il tutto avveniva senza schiamazzi né eccessive manifestazioni d’esultanza poichè queste abitudini non erano previste per il matrimonio in Comune.
Se l’ufficiale dello stato civile era persona nota e di conoscenza, si doveva invitarlo alle nozze religiose. Nelle 24 ore che precedevano il rito religioso, la sposa doveva mantenere contegno riservato e ancora di fidanzata.
Arrivato finalmente il giorno del matrimonio religioso (quello vero!) si poteva celebrarlo in due modi: secondo l’uso antico, ovvero quello semplice (che veniva all’epoca ancora praticato talvolta in provincia) che era modesto ma grazioso e commovente. Questo tipo di festeggiamento, all’epoca della Serao, stava però gradualmente scomparendo anche presso i ceti meno ricchi.
Secondo la tradizione si organizzava, completamente, la casa degli sposi; le nozze erano celebrate la sera in chiesa e poi, generalmente la sera, a casa con un altare improvvisato. Dopo le nozze si aprivano le danze e si offrivano sorbetti, dolci, confetti e vini in copiosa quantità. Finite le danze, gli ospiti accompagnavano gli sposi alla nuova casa. Quando le nozze erano celebrate al mattino, si offriva un grande pranzo, al termine del quale si accompagnavano gli sposi a casa loro.
Questo tipo di festa non era elegante, né prevedeva doni costosi o pranzi importanti e formali, né viaggi di nozze.
Il matrimonio moderno, invece, era esattamente il contrario e, a detta della Serao, anche coloro che non potevano permetterselo, pur di ostentare un matrimonio esclusivo e chic, si indebitavano pericolosamente.
Il matrimonio moderno proveniva dalla moda francese e prevedeva spese molto consistenti, regali importanti, addobbo floreale per la chiesa, tappeti e guide per camminare, un ricco pranzo e il viaggio di nozze.
Gli inviti per le persone di riguardo (quelle che noi chiamiamo partecipazioni) si mandavano almeno dieci giorni prima a nome dei genitori della sposa. Per gli amici e i parenti bastava l’invito a voce o tramite una lettera affettuosa.
Ogni invitato che andava a nozze di una certa importanza, aveva la sua carrozza o se ne procurava una. La famiglia della sposa, comunque, doveva averne a disposizione quattro o cinque, in caso di bisogno.
L’addobbo della chiesa veniva realizzato con piante grandi, che formavano boschetti ai lati dell’altare, a terra, strisce di tappeti per gli ospiti. In strada doveva essere richiesta qualche guardia in più per regolamentare le carrozze che arrivavano.
All’ingresso della chiesa dovevano stare due giovani (della famiglia) che avevano il compito di accogliere gli ospiti ed accompagnarli a sedere. L’arrivo della sposa doveva essere puntuale: il ritardo esponeva ad aspre critiche.
La sposa entrava in chiesa al braccio di suo padre. La precedevano i giovani introduttori che le facevano strada. Se aveva lo strascico, c’era un paggetto vestito di raso bianco (generalmente un bimbo della famiglia) che lo sosteneva tra le mani. Dopo di lei entrava sua madre al braccio dello sposo, poi i testimoni ed il compare che prendevano posto sull’altare, insieme ai parenti stretti.
Dopo di essi, infine, entravano le altre coppie di invitati, secondo la gerarchia di entrambe le famiglie. Per il rito nuziale era buon uso raccomandare al sacerdote di non essere troppo lungo nel sermone (quella che noi chiamiamo omelia o, in gergo, predica). La musica era sicuramente necessaria, ma si dovevano eseguire non più di tre brani. Dopo il rito, la sposa salutava tutti, saliva in carrozza con lo sposo per recarsi a casa, dove sarebbero poi giunti anche gli invitati per porgere le loro felicitazioni. Nell’attesa la sposa doveva togliere il velo, ma conservare l’abito bianco e i fiori d’arancio tra i capelli.
I festeggiamenti moderni, alla francese, prevedevano poi il ricco pranzo con il menu scritto, naturalmente, in francese in quanto le pietanze erano costituite da piatti francesi. Si creavano segnaposto se gli invitati erano numerosi. Dopo il gelato, era la sposa che, al braccio dello sposo distribuiva le fette di torta agli ospiti, regalava i fiori d’arancio che aveva tra i capelli alle ragazze non ancora sposate, distribuiva a signore e signorine sacchetti di confetti (alla mandorla) e cucchiate degli stessi ai signori, prendendo i confetti da un vassoio d’argento.
Terminato tutto ciò, la sposa andava a vestirsi per il viaggio di nozze che poteva svolgersi fisso in un solo luogo o essere itinerante. Durava, generalmente quindici giorni o un mese.
Tutto sommato non c’è grossa differenza con i matrimoni attuali. Si è sicuramente perpetuato ed accentuato l’uso delle nozze d’effetto, spettacolari, da film americano, con spese spesso esorbitanti ed esagerate, per la gioia degli operatori del settore che è ormai divenuto uno dei business più interessanti dei nostri tempi.
Ma si sa, “il giorno più bello” (come viene definito adesso) è uno solo e, come tale, va goduto. Proprio ad ogni costo!