Meloni, Salvini e Berlusconi firmano ’patto anti-inciucio’
“Grazie a Fratelli d’Italia il centrodestra compatto firma il patto anti-inciucio. Fin dalla campagna elettorale per le politiche del 2018 chiedevamo agli alleati di sottoscrivere questa proposta, abbiamo rinnovato l’appello ad Atreju 2019 e durante la grande manifestazione in Piazza San Giovanni. Oggi finalmente è arrivata la firma degli alleati e voglio ringraziare Matteo Salvini e Silvio Berlusconi”. Lo annuncia la leader di Fdi Giorgia Meloni.
“Di fronte alla richiesta del governatore del Veneto di confermare il sostegno all’autonomia – aggiunge Meloni – Fratelli d’Italia ha chiesto e ottenuto di aggiungere all’accordo anche quelli che considera essere due punti imprescindibili: il sostegno di tutto il centrodestra al presidenzialismo, elemento fondamentale per rafforzare l’Unità nazionale e l’efficienza delle istituzioni centrali, e il patto anti-inciucio per vincolare tutti i partiti della coalizione al rispetto degli impegni programmatici presi con i cittadini”.
“Mentre Pd e Cinquestelle litigano per le poltrone e si presentano divisi alle regionali – dice Meloni – il centrodestra lancia un altro grande segnale di compattezza e oggi dice con una voce sola: mai al governo con la sinistra”.
L’ACCORDO – Nel testo dell’accordo Salvini-Meloni-Berlusconi si legge: “I responsabili nazionali della Lega, di Fdi e di Fi al fine di rafforzare le ragioni di una perdurante intesa e coalizione di centrodestra in vista dei futuri impegni elettorali regionali e nazionali” si impegnano “a non dare corso, in questa e nella futura legislatura, a qualsiasi accordo di governo, con partecipazione diretta o esterna, insieme ad altre forze politiche, fatto salvo una formale unanime e diversa intesa tra le forze politiche che sottoscrivono il presente documento”. Viene messo nero su bianco anche l’impegno “a dare seguito alla richiesta del Presidente del Veneto di porre tra i temi prioritari il riconoscimento di autonomia differenziata delle regioni che lo richiedano in attuazione dell’ART.116, terzo comma, della Costituzione mediante una comune e coordinata attività parlamentare che ne assicuri la realizzazione nel rispetto del documento allegato, richiamato al punto 2 del presente accordo”. Nel documento Lega, Fdi e Fi definiscono inoltre “prioritaria la riforma costituzionale per introdurre il Presidenzialismo e la riforma della giustizia nel nostro ordinamento”. Vengono infine confermati “i punti programmatici di centrodestra sottoscritti in vista delle elezioni 2018”.
Soddisfatta Forza Italia: abbiamo “chiesto ed ottenuto l’impegno comune a proseguire storiche battaglie del Movimento e del suo presidente come quella per introdurre in Italia il presidenzialismo e per la riforma della giustizia. Quest’ultima, alla luce anche delle recenti rivelazioni, appare urgente e improrogabile”, si legge in nota del movimento azzurro. “Forza Italia -prosegue il comunicato- è soddisfatta di aver inserito nel testo dell’accordo il tema delle infrastrutture: i programmi per i governi regionali oggi e nazionale poi avranno così un capitolo dedicato al rilancio dell’Italia e della sua economia attraverso la realizzazione di infrastrutture nuove e più efficienti, le cosiddette ’grandi opere’. Forza Italia è impegnata ovunque per la vittoria dei candidati di centrodestra, che si confermerà anche questa volta maggioranza naturale degli italiani”.
Alleanza Pd-M5S agita i dem, Zingaretti difende intesa e garantisce tutela identità
La possibilità di alleanze con il Movimento 5 stelle per le prossime elezioni amministrative, apertasi dopo il via libera arrivato dalla piattaforma Rousseau, riaccende il dibattito all’interno del Pd. Da una parte chi si mostra tiepido o addirittura contrario rispetto all’ipotesi di intesa, chiedendo anche un congresso nel 2021 per riaffermare l’identità riformista del partito; dall’altro chi segnala la necessità di concentrarsi prima sul prossimo appuntamento elettorale, rivendicando anche i risultati raggiunti nell’ultimo anno dalla leadership del Nazareno. Finché è il segretario, Nicola Zingaretti, ad intervenire con un lungo post su Facebook, puntualizzando che gli eventuali accordi con M5S saranno frutto di “un processo nel quale stare, combattendo con la nostra identità”.
Un’esigenza posta dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, esponente di Base riformista, in un lungo intervento su ’Il Foglio’, anticipato già ieri: “ci confronteremo con questa novità nei prossimi mesi. Senza avere però la pretesa -spiega- di annullare o azzerare quelle profonde e radicali differenze politico-culturali che esistono tra noi e i Cinquestelle, che rimangono tutte e che danno un carattere tattico alla nostra alleanza, molto distante da quella rappresentazione di un’alleanza prospetticamente stabile perché genetica e culturale”.
Più duro il sindaco di Firenze Dario Nardella: “Io non ho pregiudizi di principio, ma annunciare patti politici alla vigilia di qualche elezione, come fatto in Umbria, è più una tattica miope che il frutto di un serio progetto politico. Se si vogliono fare passi politici strategici, non basta qualche intervista sul giornale, si abbia il coraggio di coinvolgere ed ascoltare iscritti, amministratori ed elettori con un congresso, vero, di nome e di fatto. Certo non ora in cui dobbiamo essere tutti concentrati per battere le destre nelle elezioni regionali e comunali del 20 settembre. Ma dopo, se si vorranno prendere decisioni talmente cruciali, sarà inevitabile prepararsi a un congresso per darci un nuovo profilo riformista”.
“La suggestione di Dario Nardella -plaude il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci- merita grande attenzione. Ipotizzare un congresso tematico del Pd nel 2021 può essere un’ottima idea per rilanciare la forza aggregante del riformismo”.
Parole che suscitano la dura reazione del vicesegretario Andrea Orlando: “Che ne dite di fare la campagna elettorale prima e parlare di assetti interni poi?” “Sarebbe molto meglio -fa eco Michele Bordo, vicecapogruppo alla Camera- se, anziché parlare di congresso, ci concentrassimo tutti sulla campagna elettorale. Mi permetto tuttavia di ricordare, specie a chi era nel gruppo dirigente che guidava il partito allora, che solo due anni fa il Pd era isolato e fuori da ogni processo politico, mentre oggi siamo centrali nell’esperienza di governo e in crescita nei sondaggi”.
A mettere i puntini sulle i interviene allora direttamente il segretario Zingaretti. “Sull’esito della votazione nella piattaforma Rousseau da parte della base del Movimento 5 Stelle -premette- si sta generando troppa confusione. Non sempre senza malizia e, spesso, con una buona dose di strumentalità si fanno ricostruzioni fuorvianti”.
“L’eventuale decisione di costruire un accordo o meno -specifica allora il leader Dem- è ovviamente delegata a processi politici locali e all’individuazione di candidati credibili da sostenere per vincere. Un processo nel quale stare, combattendo con la nostra identità”.
“Nessuna voglia di ’esultare’ per questo risultato, ma, avendo nei Comuni e Regioni sistemi elettorali maggioritari, soddisfazione sì. Credo sia lecito esprimerla perché si allarga la possibilità di costruire alleanze. A meno che siamo arrivati al punto di augurarci che sarebbe meglio avere i partiti nostri alleati tutti contro nei territori, nelle battaglie per i sindaci e i presidenti di Regione”.
“Alleati e non avversari. Ripeto: è quanto abbiamo detto dal primo giorno. Proprio perché forti delle nostre idee, vogliamo farle vincere nei processi reali, politici e sociali che ci sono e non solo declamarle nelle interviste e nei tweet. Questo impegno è molto più complesso e impegnativo ma è molto più utile all’Italia. Partito a vocazione maggioritaria -rivendica in conclusione Zingaretti- è questo: avere una proposta per il Paese e l’impegno quotidiano per attuarla nella società e nella proposta politica”.
Referendum, Sardine si schierano per il no: “Non possiamo tacere”
“Il 20-21 settembre saremo chiamati alle urne per votare una riforma costituzionale. Riforma che va a modificare profondamente il nostro Parlamento. Tagliando il numero dei parlamentari si mettono in discussione le fondamenta della democrazia parlamentare, con la sua capacità di esprimere il pluralismo e la complessità della società. In un modello maggiormente orientato alla decisione che alla discussione (come quello cui stiamo andando incontro negli ultimi anni) verrà sminuito uno degli elementi imprescindibili della cosa pubblica. Il problema attuale dei nostri rappresentanti non è il sovrannumero, come i populisti vogliono farci pensare, ma la qualità del dibattito e della classe dirigente. Quindi vi diciamo la nostra. Ecco quattro motivi tra tanti per cui voteremo no”. Così su Facebook il movimento 6000 Sardine.
Primo motivo, scrivono, “c’è un problema di rappresentanza. Il suo fine ultimo è quello di favorire l’identificazione tra elettori ed eletti. Il parlamentare è fondamentale perché deve portare la voce dei cittadini nelle istituzioni. Con il taglio dei parlamentari verrebbe fortemente indebolito questo principio e con lui la centralità del Parlamento. Secondo – proseguono – 1,35 euro “non è risparmio. Riducendo i parlamentari a una voce di costo si fa un grave errore. La democrazia e la libertà non si svendono in cambio di un piatto di lenticchie. La democrazia non è economica né a buon mercato. Terzo, “la chiamate efficienza? Molte leggi sono state varate in tempi brevi, ma questo è sinonimo di efficienza? Le discussioni parlamentari sono un valore e la velocità esecutiva non è efficienza se sacrifica la rappresentanza democratica”.
E infine, il quarto: “Le leggi elettorali passano e la riforma costituzionale resta. Chi ci dice – scrivono – che con un proporzionale puro con sbarramento al 5% tutto si sistemerà, mente. Mente perché la legge elettorale è una norma ordinaria e non sarà inserita nel testo referendario: le leggi elettorali in Italia passano più o meno come i governi se pensiamo che dagli anni ‘90 abbiamo visto susseguirsi ben tre leggi elettorali. La Costituzione resta. Per queste e tante altre ragioni le Sardine si schierano per il no, contro questa riforma demagogica e dannosa”.