I social sono il must del momento, l’attrazione per tutti i gusti, soprattutto di quelli peggiori. Nella realtà l’apparenza conta parecchio, per cui si tende a mostrare il meglio di sé per paura del giudizio altrui; sui social questa inibizione scompare magicamente. La gente davanti a una tastiera si trasforma improvvisamente mettendo in luce il proprio lato oscuro, incurante e gonfia d’ego sbandiera ai quattro venti la parte peggiore, quella celata sotto la maschera dell’ipocrisia.
Qualcuno dice che i social siano pura finzione, ma scavando a fondo non pare esattamente così. Le parole scritte sul web valgono quanto quelle pronunciate dal vivo, non v’è scusante per chi si comporta da cafone insultando o irridendo con il fine di sfogare rabbia e frustrazioni. La spazzatura personale andrebbe svuotata in altri modi, magari attraverso la coltivazione di passioni utili per la crescita e il benessere interiore come il movimento fisico e la lettura, ad esempio. Certamente “costruirsi” è difficile e anche migliorarsi, ovviamente. Sicuramente da qualche parte bisogna partire per eliminare l’insoddisfazione che induce a buttare scorie negative sul resto del mondo. Il primo passo per cominciare è smettere di insultare gli altri, il secondo consiste nell’alzare il sedere e andare a prendersi quel che si vuole con impegno e determinazione. Le scuse sono pari a zero quando si tratta di obiettivi. Attribuire la colpa a un soggetto estraneo non conduce a nulla di buono, al massimo può costituire la spinta per ingranare. C’è da dire che facendoci cadere con il muso per terra, ci regalano l’opportunità di agire con grinta e sentimento. La rabbia rappresenta un potente alleato in caso di raggiungimento di un fine.
Detto questo, ci si chiede perché le persone abbiano bisogno di realizzare se stesse. Le risposte sono multiple e tra tutte spicca il fatto che un individuo felice contribuisce in maniera positiva alla definizione di una buona società. La felicità permette di accrescere con gioia il proprio potenziale e diminuisce notevolmente l’insoddisfazione fatta a suon di sfoghi su Internet o altrove. La cattiveria è frutto di un egoismo implacabile che, anziché risollevare, atterrisce. Nessuno si accorge di esser finito nelle grinfie della malignità finché tale modus operandi non oltrepassa la linea dell’insopportabilità dell’esistenza. La vita assorbe il colore nero cedendo respiro a una insana cattiveria. Nel frattempo la felicità, utopia del secolo, diventa potere di pochi, ossia di coloro che comprendono le mille sfaccettature della vita. La completezza e l’appagamento sono irraggiungibili solo se non facciamo niente per conquistarli. Un consiglio intelligente: meno sproloqui, più azioni.