Una app per tutti i divi 2.0, dedicata alle celebrità che hanno l’impellente necessità di tenere traccia del profluvio di notizie e di risposte che giornalmente ricevono sui social. Si chiama, non a caso, Mentions, ed è l’ultima nata di casa Facebook, un’applicazione esclusiva per tutti coloro i quali posseggono un account verificato. I vip grazie all’aiuto di questa app possono scoprire cosa dicono e pensano i loro fan, iniziare una conversazione con personalità pubbliche e non che stanno parlando di loro, raccontare la propria storia, condividere aggiornamenti, foto, video e quant’altro in tempo reale e direttamente sul proprio smartphone.
Mentions non è altro che il buco della serratura dal quale spiare cosa fanno e dicono gli altri sul tuo conto, il muro sottile che ci divide dalle altrui conversazioni e attraverso il quale origliare, per meglio divincolarsi sull’altrui giudizio. È il contrassegno esclusivo (infatti ha una tonalità cromatica diversa rispetto alla app standard di Facebook) a beneficio dei nuovi ed evanescenti personaggi del jet set mediatico. Un tempo, durante l’esplosione del fenomeno del divismo cinematografico, le personalità del grande schermo facevano sognare i propri fan attraverso atteggiamenti da vip che si protraevano ben oltre la fine della pellicola. Lo stile di vita, discutibile a volte, doveva essere quello dell’uomo impossibile o della femme fatale, mete irraggiungibili per la gente del popolo, alla quale non rimaneva altro che sognare un mondo impossibile e dai connotati da favola.
A parlare dei divi e a “spingere” sulla loro immagine pubblica e, soprattutto privata, ci pensavano le riviste, giornali e radio, in un continuo lavorio finalizzato a costruire un’aura divina attorno ai personaggi di celluloide. Un fenomeno che, strano a dirsi, sembra sia nato prima in Italia e poi si sia spinto e materializzato sotto forma di stelle dello spettacolo, negli Usa.
È oltreoceano che la macchina messa in moto dall’industria dello spettacolo hollywoodiano ha creato lo star system, l’empireo in cui gli dei della pellicola si mostravano al pubblico di massa, adorante e in estasi mistica, attraverso le riprese in primo piano dei loro volti perfetti e delle loro pulsioni sentimentali ed emotive. Oggi il divismo, se ancora si può usare questo termine a rischio di apparire desueti, è la costruzione di un’icona attraverso lo schermo, prima televisivo e subito dopo informatico.
Dimenticati e rigettati nel corso del tempo i vari codici Hays, buona recitazione, rettitudine morale in un calderone televisivo e cinematografico nel quale si tende a immergere un po’ di tutto, parallelamente su Internet si posta, si tagga, si selfa, si pubblica, si aggiorna, si commenta la propria immagine e quella del vip, in uno stordimento collettivo dato dal nuovo oppio dei popoli: la Rete.