In apertura del suo intervento all’Assemblea generale delle Nazioni Unite il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha espresso la solidarietà dell’Italia al Messico colpito dal terremoto e l’incoraggiamento alle persone impegnate nei soccorsi.Per fronteggiare l’emergenza migranti “non basta la generosità dei singoli, ma serve una risposta globale“. Lo ha detto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni nel suo intervento all’Assemblea generale dell’Onu, ricordando l’azione dell’Italia “impegnata a salvare centinaia di migliaia di persone a rischio di annegamento“. In apertura del suo intervento il presidente del Consiglio Gentiloni ha voluto esprimere la solidarietà dell’Italia al Messico, colpito dal terremoto e l’incoraggiamento alle persone impegnate nei soccorsi.
LIBIA – “La Libia è il tassello fondamentale per restituire al Mediterraneo il proprio ruolo storico di motore di civiltà, pace e sicurezza” aggiunge il presidente del consiglio, Paolo Gentiloni. “La sua stabilizzazione è un obiettivo prioritario, che dobbiamo raggiungere attraverso un dialogo inclusivo, nel quadro dell’accordo politico, rifiutando qualunque velleitaria ipotesi di soluzione militare”.
VENEZUELA – “La situazione senza precedenti venutasi a creare in Venezuela richiede una risposta ferma e coesa della comunità internazionale” ha detto il presidente del Consiglio, Gentiloni. “Siamo impegnati in tal senso in ambito europeo, ma riteniamo fondamentale che si mobiliti tutta la comunita’ internazionale, anche i tradizionali alleati del Venezuela, nell’interesse stesso del Paese e della sua stabilità, affinché si possa riavviare un percorso politico fondato sul dialogo”.
Test Medicina 2017, pubblicati i risultati
E’ arrivato il momento tanto atteso dagli aspiranti medici. Da ieri sono infatti consultabili online sul sito www.universitaly.it i risultati del test per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato in Medicina e Odontoiatria. I punteggi sono pubblicati in forma anonima e consultabili solo nell’area riservata ai candidati e nel rispetto delle norme per la protezione dei dati personale. Senza il codice per accedere all’area riservata, bisognerà aspettare i risultati nominali che saranno pubblicati il 29 settembre, mentre la graduatoria nazionale di merito nominativa sarà pubblicata il 3 ottobre.
A sostenere la prova, lo scorso 5 settembre, sono stati 60.038 candidati e a risultare idonei, totalizzando i 20 punti minimi necessari stabiliti dal Miur, sono 52.389, l’87,26% del totale. La prova è durata 100 minuti nei quali i giovani aspiranti medici hanno dovuto rispondere a 60 quesiti. Il punteggio medio nazionale registrato tra gli idonei e di 44,68, quello più alto a livello di ateneo è di 49,81 a Pavia. La percentuale più elevata di idonei si è registrata a Padova, con il 93,61% e il punteggio più alto (88,5) è stato conseguito a Milano. 26 sono gli atenei che ’ospitano’ i primi 100 classificati e le università che hanno avuto più candidati tra i primi 100 sono a Bologna (19), Padova (17) e Milano (15).
Trauma primo parto per 1 milione di mamme
Travaglio e parto traumatico per circa 1 milione di mamme in Italia, il 21% del totale, che affermano di essere state vittime di una qualche forma – fisica o psicologica – di violenza ostetrica alla loro prima esperienza di maternità. Un’esperienza così negativa che avrebbe spinto il 6% delle donne, negli ultimi 14 anni, a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza, provocando di fatto la mancata nascita di circa 20 mila bambini ogni anno nel nostro Paese. Sono alcuni dati dell’indagine nazionale ’Le donne e il parto’ realizzata per indagare il fenomeno della cosiddetta “violenza ostetrica”, cioè l’appropriazione dei processi riproduttivi della donna da parte del personale medico.
La ricerca, realizzata su iniziativa dell’Osservatorio sulla violenza ostetrica Italia (Ovo), è stata condotta dalla Doxa e finanziata dalle associazioni La goccia magica e CiaoLapo Onlus. Ha coinvolto un campione rappresentativo di circa 5 milioni di donne italiane, tra i 18 e i 54 anni d’età, con almeno un figlio di 0-14 anni, analizzando i diversi aspetti e momenti vissuti dalle madri durante le fasi del travaglio e del parto: dal rapporto con gli operatori sanitari alla tipologia di trattamenti praticati, dalla comunicazione usata dallo staff medico al consenso informato, dal ruolo della partoriente nelle decisioni sul parto al rispetto della dignità personale.
E’ emerso che per 4 donne su 10 (41%) l’assistenza al parto è stata per certi aspetti lesiva della propria dignità e integrità psicofisica. “Lo scorso anno, abbiamo promosso la campagna #bastatacere sui social media – spiega Elena Skoko, fondatrice e portavoce dell’Ovo Italia – per capire la portata del fenomeno. Hanno aderito così tante donne, in così pochi giorni, che presto la campagna è diventata virale. Con la nascita dell’Osservatorio anche nel nostro Paese, abbiamo deciso di fare un passo avanti per cercare di tratteggiare i confini di un fenomeno ancora sommerso di cui, però, chi l’ha vissuto porta con sé le cicatrici tutta la vita, arrivando anche a decidere di non avere più altri figli. Ora sappiamo che il fenomeno è ancora più diffuso di quanto temessimo”.
In particolare, la principale esperienza negativa vissuta durante la fase del parto è la pratica dell’episiotomia, subita da oltre la metà (54%) delle mamme intervistate. E’ un intervento chirurgico che consiste nel taglio della vagina e del perineo per allargare il canale del parto nella fase espulsiva: un tempo considerata un aiuto alla donna per agevolare l’espulsione del bambino, oggi l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) la definisce una pratica “dannosa, tranne in rari casi”.
Ad aggravare la situazione il fatto che in Italia 3 partorienti su 10 negli ultimi 14 anni, vale a dire 1,6 milioni di donne, dichiarano di non aver dato il consenso informato per autorizzare l’intervento. Inoltre, stando ai dati dell’indagine, per il 15% delle donne che hanno vissuto l’episiotomia, pari a circa 400 mila madri, si è trattato di una menomazione degli organi genitali, mentre il 13% delle mamme con l’episiotomia ha visto tradita la fiducia nel personale ospedaliero.
A registrare il numero più alto di episiotomie sono le regioni del Sud Italia e le isole, con il 58%, seguite dal centro e Nord-Est Italia (55% pari merito), ultimo il Nord Ovest con 49%. Valutando la qualità complessiva della cura, a fronte di un 67% del campione che dichiara di aver ricevuto un’assistenza adeguata, 1.350.000 donne riferiscono di essersi sentite seguite solo in parte dall’equipe medica. Dato confermato dal 6% di neomamme che afferma di aver vissuto l’intero parto in solitudine. “Di fronte a questa fotografia oggettiva del fenomeno – ha dichiarato Alessandra Battisti, cofondatrice dell’Ovo Italia – auspichiamo una collaborazione con medici e istituzioni volta ad includere le donne nei processi decisionali, anche politici, che portino ad un cambiamento reale dell’assistenza nella direzione del rispetto e dalla dignità della persona umana”.
“La campagna è volta anche a sostenere il percorso della proposta di legge Zaccagnini che vuole far riconoscere la violenza ostetrica come reato, dato che senza un riconoscimento giuridico per le donne diventa difficile poter denunciare”, prosegue Battisti.
La ricerca Doxa-OvoItalia parla chiaro: in Italia, il 32% delle partorienti ricorre al parto cesareo. Di queste, il 15% racconta che si è trattato di un cesareo d’urgenza. Nel 14% dei casi, rivela l’indagine, si è trattato di un cesareo programmato su indicazione del medico, mentre solamente il 3% di donne ne ha fatto esplicita richiesta. Secondo l’indagine, l’84% del campione partorisce il primo/unico figlio all’interno di un ospedale pubblico. Il 12% ha scelto una struttura ospedaliera privata ma convenzionata con il Ssn, il 3% ha optato per cliniche private non accreditate e 1% in casa o casa del parto.
Le inappropriatezze denunciate attraverso la ricerca sono molteplici. Il 27% delle madri lamenta una carenza di sostegno e di informazioni sull’avvio dell’allattamento, il 19% la mancanza di riservatezza in varie fasi e momenti della loro permanenza nell’ospedale; al 12% è stata negata la possibilità di avere vicino una persona di fiducia durante il travaglio; al 13% non è stata concessa un’adeguata terapia per il dolore. Non solo. Il 4% (circa 14.000 donne all’anno) afferma di aver vissuto una trascuratezza nell’assistenza con insorgenza di complicazioni ed esposizione a pericolo di vita. L’Istituto Superiore della Sanità stima che in Italia, ogni anno, ci siano oltre 1.259 casi del genere (“near miss”), mentre le morti materne sono sottostimate del 60%.