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MILANO FASHION WEEK – Collezioni spring-summer 2025

Dal diciassette al ventitré settembre la città di Milano è stata al centro dell’attenzione internazionale per la fashion week più importante dell’intero fashion system. Con buona pace di New York, Londra, ma anche Parigi è la capitale meneghina a dettare la moda che verrà, anche il designer Michael Kors, presentando la sua collezione nella grande mela, ha reso omaggio all’Italia e allo stile mediterraneo degli anni ’50 che si respirava a Capri, Ischia e Procida.

Assistendo alle cinquantasette sfilate fisiche, guardando le otto digitali e presenziando ad alcune delle settanta presentazioni in store, il fil rouge della prossima primavera-estate è la voglia di vestirsi bene, di indossare capi sartoriali, di accessori e capi che si rifanno ad icone del passato come Jacqueline Kennedy che ha ispirato un ispiratissimo Sabato De Sarno per la maison Gucci. Un ritorno prepotente di voler indossare tutto in match, soprattutto scarpe e borse, un ritorno prepotente agli archivi delle maison come visto da maison Prada, ma anche un ritorno prepotente agli anni più prolifici della moda come visto da Versace. Il trend “balletcore” continua a tenere botta come visto sulla passerella londinese di Simone Rocha e su quella milanese di Salvatore Ferragamo, le ballerine, must have di questo autunno-inverno, non intendono smettere di invadere le scarpiere delle fashion addicted. Un ritorno prepotente al mood marinaresco, continuano ad aggirarsi trasparenze glam-chic, la pelle e i tessuti spalmati, anche loro must have di questo autunno, ci aiuteranno nel periodo di transizione tra l’inverno e la prossima primavera. Ci saranno gli hot pants, ancora le frange, la punta quadrata, bralette in vista, il ritorno del cappuccio su capispalla, abiti e crop top, cristalli e sparkling, maxi shopper, tanti bijoux, anche in versione bold. Le nuance saranno soprattutto neutre, occhio al marrone (già in trend da quest’inverno) che sarà il nuovo nero, ma ad accendere queste nuance ci penseranno soprattutto il giallo e il rosa, anche in versione fluo. Dopo anni nei quali era re Giorgio a chiudere la fashion week meneghina, quest’anno non ci sarà, la maison Giorgio Armani presenterà la sua collezione spring-summer 2025 il prossimo diciassette ottobre a New York in occasione dell’apertura del suo flagship in Madison Avenue. Per una maison che va, come Blumarine e il suo nuovo direttore creativo David Coma (il cui debutto è previsto con la pre-fall 2025), c’è né una, come Laura Biagiotti, che è ritornata in calendario per festeggiare i cinquant’anni della maison. Prima di commentare le sfilate che più hanno solleticato buyers e fashion editor mi sembra doveroso decretare ufficialmente la morte della body positivity. La fashion week milanese non ha fatto altro che svelare l’ipocrisia di parole come inclusione ed accettazione di qualsiasi body shape che, soprattutto nel fashion system, non hanno mai avuto senso se non quello di cavalcare un trend del momento e quello di voler essere politically correct. Come vi ho sempre detto il fashion system non è e non sarà mai inclusivo e questa fashion week, con solo lo zero virgola cinque per cento di outfit che non rientravano nelle taglie trent’otto e quaranta, ne è stata la prova lampante. La rappresentazione dei corpi è tornata, ma in realtà non se ne era mai andata, ad essere quella esile, anche perché le “paladine” d’oltre oceano del body positivity appena hanno avuto l’occasione, grazie soprattutto al farmaco ozempic, sono diventate magrissime facendo un bel ciao ciao all’accettazione di sé e all’imparare a vivere bene nel proprio corpo. Scegliersi bene chi ascoltare è fondamentale nella vita, molto meglio chi vi dice le cose a muso duro che i falsi idoli che parlano in base solo al politically correct e a quello che la gente vuole sentirsi dire, ma che in realtà porta solo all’ennesima frustrazione.

Sono le voci di Anna e Silvia Fendi, che raccontano la storia della maison fondata dalla madre Adele Casagrande-Fendi, ad aprire la sfilata pensata dal direttore creativo Kim Jones dove tutti gli archetipi che hanno fatto la storia della maison romana sono presenti come gli abiti lingerie, il tulle, le gonne midi, le bluse, i tailleur, i blazer strutturati e soprabiti. Dei quasi cento anni di storia di Fendi il designer si concentra nel rieditare gli anni ’20, anni cruciali nel ridefinire il modo di vestirsi delle donne, in chiave contemporanea, ma senza lasciare per strada il glamour tipico della moda dell’epoca influenzata dall’Art Déco. Outfit dopo outfit è stato sempre più lampante il minimalismo delle linee, caro al designer, e la sofisticata opulenza romana, marchio distintivo della maison, che prende forma attraverso preziosi ricami, outfit evanescenti che rievocano il glamour del romanzo “The Great Gatsby” di F. Scott Fitzgerald. È una collezione che gioca con le stratificazioni, con il lusso sussurrato dove la palette colori dalle nuance neutre e polverose sembrano cedere il passo ai tessuti e ai ricami senza mai sovrastare i capi. Bellissimi gli abiti lingerie e soprabiti che sembrano preziose vestaglie. Gli accessori sono l’elemento imprescindibile che ribadisce, se ce ne fosse bisogno, le ballerine come calzature must have della prossima primavera-estate, ma con un antagonista imprevisto: lo scarponcino. L’accessorio che ha catalizzato l’attenzione di buyers e fashion editor è stata la bag “Mamma Baguette”, dedicata alla mamma e fondatrice, che è un’evoluzione dell’iconica bag modello baguette, ma in versione più ampia, morbida, arricciata nel punto chiusura e declinata in molteplici colori e materiali.

Il direttore creativo Fausto Puglisi rende omaggio al fondatore della maison Roberto cavalli scomparso lo scorso dodici aprile portando in passerella la cifra stilistica del compianto designer: quel mood “sexy sfrontato” che ha conquistato le donne di mezzo mondo. Per ricordare il fondatore sono arrivate anche e le iconiche top model degli anni ’90 che lui tanto amava come la Campbell, la Herzigova e la Boscono. C’è tutto l’heritage della maison in questa collezione, ma anche un sapore nuovo, un sapore che sa di mare e che arriva dalla città natale di Fausto Puglisi: Messina. Il mood marinaresco è palpabile dai profili di corda dei long dress, dalle stampe che rievocano il mare e i tramonti infuocati impresse sui long dress in chiffon dai tagli cut-out, ma ci sono anche le stampe pitonate, tanto marrone, il beige, il nero e l’oro che rendono glam outfit fatti di camicie oversize, shorts, gonne midi e maxi, pizzi, ricami e jeans decorati. L’emozione grande è arrivata quando, uscito l’ultimo outfit di scena, è calata dall’alto una gigantografia del fondatore e con le top model che hanno portato in passerella sette abiti d’archivio creati da Roberto Cavalli negli anni ’90. Un tributo sincero che ha commosso tutti i presenti e chi ha amato lo spirito indomito e provocatorio di Roberto Cavalli.

Da Max Mara sono gli estremi che si attraggono a rendere il minimalismo super chic. Le maxi gonne e i long coat bilanciano i crop top e i mini bra. I blazer sono sciancrati ed hanno spalle squadrate, gli abiti hanno cut-out geometrici, le camicie oversize si allacciano sulla schiena, l’iconico cappotto cede il passo ad un long trench, le calzature sono flat e la palette colori è neutra con una predilezione per il marrone e il blu più profondo. Pezzi timeless che possono entrare nel guardaroba di tutte quelle donne che amano indossare il minimal senza passare inosservate e che non vogliono passare per fashion addicted.

Le parole chiave per interpretare la collezione della maison Prada sono: imprevedibilità ed heritage. I designer Miuccia Prada e Raf Simons hanno cercato di contrapporre alla sovra informazione e agli algoritmi imposti dai social l’imprevedibilità e l’individualità umana. In questa collezione c’è di tutto e di più, dove non c’è un fil rouge e dove tutti possono trovare qualcosa da indossare che rappresenti al meglio la propria individualità. Da una maison planetaria come Prada è facile intuire che questo sia anche una strategia di marketing per accontentare e conquistare mercati estremamente diversi che devono essere disposti ad acquistare a prezzi, diventati ormai proibitivi per i più, i capi nelle boutique. C’è ancora la vita bassa, ma solo secondo Prada, gli abiti iper decorati, i midi coat leopardati, i mocassini, i tacchi kitten, le borse di ogni foggia e misura, le gonne con le borchie, le visiere che coprono il volto e tanti colori mescolati tra loro. Dopo l’imprevedibilità e il caos sfila l’heritage della maison che pesca capi ed accessori dagli archivi e li riporta in passerella come gli abiti ghost degli anni ’90, le derby platform a righe del 2011, gli oblò a specchio del 1999, le ugly shoes del 1995. Un ritorno all’heritage che conquisterà le sciure che da sempre si riconoscono nella maison e un’imprevedibilità che conquisterà il mercato più giovane, soprattutto quello orientale.

Anche per la maison Moschino il richiamo dell’heritage è stato più forte del navigare in nuove acque stilistiche. Il nuovo direttore creativo Adrian Appiolaza ha portato in passerella lo spirito dissacrante ed ironico del fondatore della maison Franco Moschino; Lo slogan “Tubino or not tubino” stampato su un semplice abito bianco n’è stato l’esempio perfetto. In passerella arrivano panni stesi ed oggetti di uso comune, come un bollitore che diventa una bag, che si ergono ad emblema dell’anti glamour che la maison, attraverso il suo fondatore, ha portato nel serioso fashion system. Una collezione dove convivono, non sempre in maniere armonica e coerente, stampa pois, frange, volumi over, scritte e lunghezze variabili.

Anche per la maison Gucci, nel continuo viaggio attraverso l’heritage della maison e delle sue muse ispiratrici, lo sguardo è rivolto al passato ed in particolare agli anni ’60.  Il direttore creativo Sabato De Sarno rende omaggio allo stile della sua prima e più illustre cliente, nonché immortale icona di stile: Jacqueline Kennedy. Anche per Gucci la cura dei dettagli è maniacale, gli outfit sono in match con gli accessori, il vestire bene degli anni ’60 è più attuale che mai, la silhouette è esile come quella di Jacqueline, c’è tanta pelle, splendidi abiti lingerie, i long coat sartoriali, i jeans wide leg, mini dress e tailleur sparkling e un ritrovato charme Gucci che nel passato prossimo era andato perso. La palette colori è dominata dal Rosso Ancora (una nuance di rosso freddo very glam) e dal silver, ma c’è anche tanto verde nelle sue molteplici nuance a dare un twist a delle nuance neutre che esaltano la perfezione delle linee. L’arrivo di De Sarno è stata salvifica per una maison che nelle mani di passati designer aveva perso credibilità e charme, diventata ad uso e consumo di pseudo influencer e trendsetter, una fine che, la blasonata e storica maison fiorentina, non meritava e che grazie a De Sarno non arriverà. La più bella collezione di questa Milano fashion week a pari merito con la collezione della maison Fendi.

Per la maison Versace lo sguardo non si è fermato agli anni ’60, ma ha continuato il suo viaggio per approdare agli anni ’90. Sono stati gli anni più prolifici ed innovativi per la maison, anni di spensieratezza e voglia di fare, la stessa Donatella Versace ha sottolineato la voglia di portare in passerella, in tempi cupi come quelli odierni, quella sana voglia di gioia ed ottimismo che hanno caratterizzato quegli anni, anche nel fashion system. Una collezione, a dispetto del mood minimal e nuance neutre, quella di Versace che porta in passerella un mix and match di stampe, colori come l’azzurro, il giallo, l’oro e il marrone che diventa il nuovo nero. Anche la medusa diventa predominante come l’iconica metal mesch rieditata in versione 3D. Ci sono outfit che riportano in passerella stampe poppy della collezione Versus fall 1997, una collezione straordinaria che rese la medusa la più desiderata a livello internazionale.

Se Gucci ha reso omaggio alla sua musa Jacqueline Kennedy, la maison Dolce & Gabbana ha reso omaggio alla sua icona pop: la pop star Madonna. Tutta la collezione si avvita sulla storia della cantante che ha influenzato la moda degli anni ’80/’90 con trasgressione e voluta ironia, è una collezione pervasa da abiti second skin in satin e coppe appuntite, bustier con lacci e gancetti, fiocchi, pizzi, trasparenze, tailleur gessati dal mood mannish e l’iconica stampa floreale. C’è tutto l’heritage più iconico della maison e chi meglio della pop star Madonna poteva rappresentarlo arrivando al fashion show coperta da un lunghissimo vero nero preziosamente ricamato.

Il designer Matthieu Blazy per la maison Bottega Veneta porta in passerella una contemporanea quotidianità fatta di blazer oversize e spalle strutturare, maxi pull con scollo a V, bluse, tanta pelle (materiale distintivo della maison), slip dress e paillettes. L’asimmetria diventa il mantra del nuovo guardaroba urban-chic che vede nella gonna pantalone che copre una sola gamba il suo must have. Nel quotidiano di Bottega Veneta c’è anche spazio per il gioco e la leggerezza dei bambini fatta di vestirsi con abiti stropicciati e con la cravatta portata in modo scanzonato. Sfilano le immancabili it-bags intrecciate che hanno reso così popolare la maison nel mondo.

Appena calato il sipario sulla fashion week milanese è arrivato l’annuncio della designer Alberta Ferretti che ha creato un terremoto nell’intero fashion system. La designer ha annunciato di voler lasciare il timone della sua maison, creata quarant’anni fa e che continuerà a portare il suo nome, per dare spazio ad una nuova energia creativa e ad un nuovo direttore creativo, ad ora sconosciuto. L’addio di Alberta Ferretti ha spiazzato tutti gli addetti ai lavori e le sue affezionate clienti, anche perché nessun sentore o indiscrezione erano trapelate durante la sfilata. Dopo aver saputo che questa è stata la sua ultima collezione non potevo esimermi dal commentarla, anche perché Alberta Ferretti, soprannominata la signora dello chiffon, è la designer che meglio ha rappresentato la donna in tutte le sue sfaccettature senza mai dimenticare quel tocco femminile glam-chic mai lezioso. Lo sguardo attento della designer ha vestito ogni lato della vita di una donna, dal tailleur mannish per donne in carriera ai suoi iconici abiti in chiffon per la sera quando tutte vogliono essere sensuali senza lasciare per strada glamour ed eleganza. La collezione è pregna di abiti, midi e maxi, di tailleur pantalone, di bluse che prendono il posto del blazer, di outfit monocromatici. La palette colori è dominata dal bianco e dal nero, ma diventa vibrante grazie a colori come il blu royal e l’arancio e dove i sandali non hanno mezze misure: vertiginosi o flat, ma sempre femminili. Grazie Alberta Ferretti per il tuo lavoro instancabile a favore delle donne, per aver creato capi che ne esaltino l’essenza e la natura individuale senza mai cadere nel parossismo stilistico che in questi anni ha contagiato molti designer nel vano tentativo di conquistare fette di mercato o per assecondare trend discutibili che hanno avuto lo spazio di uno sbadiglio.

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28 Settembre 2024

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