I social media sono ormai entrati nelle nostre abitudini quotidiane. Sempre più persone scelgono di iscriversi a queste piattaforme per condividere informazioni, pubblicare immagini e vissuti personali o semplicemente per esserci, mettersi in mostra ed evitare l’esclusione sociale. Regole per far parte di questa grande famiglia non ve ne sono. O meglio, quelle previste non sono certamente vincolanti e sono particolarmente semplici da aggirare.
Prendiamo Facebook, per esempio, uno dei più famosi e diffusi social nel mondo. L’iscrizione prevede che l’utente fornisca i propri dati personali, come la data di nascita, e poco altro. In due minuti si entra a far parte del club. Ciò vuol dire che vi sono tantissimi minori che regolarmente si iscrivono a Facebook, persone che, data la loro acerba maturità, dovrebbero attendere ancora qualche anno per poter confrontarsi in un mondo, quello virtuale, frequentato da ogni tipologia di persone. A porre un paletto e a capire quale sia l’età giusta per iniziare a utilizzare i social network ci hanno pensato alcuni psicologi, che consigliano un’età minima di 13 anni. A questa età, infatti, secondo gli ultimi studi, il cervello avrebbe raggiunto un certo grado di maturità in grado di saper gestire situazioni difficili e dal sapore ambiguo. In poche parole il nostro cervello intorno all’età dei 13 anni saprebbe come comportarsi nel momento in cui si pubblicano e si esprimono opinioni forti emotivamente.
Questa la teoria, ma la pratica ci mostra invece che molti, addirittura milioni di bambini sotto i dieci anni, utilizzano social e programmi di messaggistica. I nativi digitali sono utenti già perfettamente integrati nelle nuove tecnologie al punto da non richiedere nessuna procedura di apprendimento e di aiuto da parte di altri, soprattutto di persone adulte a volte non in grado di districarsi nella miriade di applicazioni digitali tanto da dover chiedere loro stessi aiuto ai figli. I social media sono applicazioni invasive che non risparmiano nessuno, ad ogni età e a ogni grado di latitudine, e del resto è la stessa società che richiede, e impone, ad ognuno di noi di essere multitasking. Demonizzare dunque non serve a niente, ma come sempre bisogna, cum grano salis, moderare e soprattutto sorvegliare ciò che i nostri figli fanno sulla e della Rete. La socialità gestita nel mondo virtuale appare veloce e istantanea, fenomeno che può all’apparenza risultare positivo, ma che in realtà avrebbe bisogno di uno sviluppo per gradi. Come tutte le cose della vita.