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MONTALE E ESPOSITO – La poesia del venerdì

Eugenio Montale e Dora Esposito, sebbene appartenenti a epoche diverse, trovano un punto di convergenza significativo nel modo in cui utilizzano il mare come metafora per esplorare l’inquietudine e la complessità dell’esistenza umana. Attraverso le loro poesie, “Casa sul mare” di Montale e “Il mare” di Esposito, emergono temi comuni di introspezione, angoscia e il costante movimento delle emozioni che caratterizzano l’esperienza umana.

Nella poesia di Montale, il mare diventa un luogo di fine e di riflessione sul viaggio della vita. I suoi versi descrivono un paesaggio costiero statico, dove i “minuti sono eguali e fissi” e l’anima è divisa dalle “cure meschine”. Il mare, con i suoi “assidui e lenti flussi”, rappresenta la costanza e l’inevitabilità del tempo che scorre. La nebbia di memorie e i suoni della risacca diventano simboli della transitorietà della vita e della difficoltà di trovare un significato duraturo. Montale esplora la possibilità di un oltre-tempo, una fuga dal tempo e dallo spazio ordinari, ma con un tono di scetticismo e rassegnazione.

D’altra parte, Esposito utilizza il mare per rappresentare la tumultuosità delle emozioni interne. Il mare “gorgheggia, ribolle”, agitato da un’inquietudine profonda che si riflette nelle “acque grigie e verdi”. La descrizione vivida delle onde che “squassa e si infrange sugli scogli” e dell’aria salmastra che “riempie i polmoni” crea un’immagine potente dell’interazione tra il corpo e la natura. Esposito vede il mare come uno specchio della propria anima, dove la calma apparente nasconde una tempesta interiore pronta a esplodere. La poetessa riconosce l’irrequietezza della sua anima e la capacità del mare di placare temporaneamente questa angoscia.

Entrambi i poeti utilizzano il mare come metafora centrale per esprimere l’inquietudine esistenziale, ma lo fanno attraverso approcci stilistici e prospettive diverse e trovano nel mare una fonte di ispirazione per indagare le profondità dell’animo umano, mostrando come la natura possa riflettere e influenzare il nostro stato interiore.

Eugenio Montale

È stato uno dei maggiori poeti italiani del Novecento, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1975. Nato a Genova, Montale si formò come letterato e sviluppò la sua carriera come critico letterario e traduttore. La sua poesia si distingue per un linguaggio spesso criptico e simbolico, fortemente influenzato dal simbolismo e dall’ermetismo.

La sua opera più significativa, Ossi di seppia (1925), segna il suo esordio poetico, con una visione del mondo segnata dalla solitudine e dall’incertezza esistenziale. In essa, il mare e la natura sono usati come metafore della condizione umana, dominata dall’impossibilità di trovare certezze. Montale esplora temi come il dolore, la morte, il fallimento delle illusioni e l’incomunicabilità, attraverso una poesia che mescola la dimensione intima con il senso di alienazione della società moderna.

Successivamente, in Le occasioni (1939) e La bufera e altro (1956), Montale affina il suo stile, approfondendo il contrasto tra il desiderio di comprensione e la difficoltà di comunicazione. La sua poetica riflette la realtà della Seconda Guerra Mondiale e gli anni del dopoguerra, attraversando un periodo storico complesso con uno sguardo critico e disilluso.

Montale si dedicò anche alla traduzione di autori come T.S. Eliot e William Blake, e il suo pensiero si estese a temi filosofici e letterari che resero la sua poetica una delle più influenti in Italia. Nonostante la sua ritrosia alla vita pubblica, il suo impatto culturale fu profondo, e la sua poesia continua a essere un punto di riferimento per la letteratura contemporanea.

La scelta

In Casa sul mare, Eugenio Montale esplora il concetto del viaggio come metafora della condizione esistenziale e della ricerca di senso nel flusso inesorabile del tempo. La poesia si sviluppa attraverso immagini di un paesaggio costiero che riflette lo stato d’animo del poeta: una realtà statica, fatta di attimi ripetuti e di suoni sommessi che incarnano l’inevitabilità del passaggio del tempo e della memoria. Il paesaggio marino diventa così un luogo in cui la natura sembra immutabile, ma al contempo inesorabilmente segnata dal movimento e dal cambiamento, proprio come la vita umana. Montale, con il suo linguaggio preciso e riflessivo, riesce a esprimere la solitudine dell’individuo e l’impossibilità di sfuggire alla transitorietà della vita. In questo scenario, il mare non è solo il luogo fisico di arrivo, ma anche lo specchio della psiche umana, un paesaggio interiore in cui la ricerca di un oltre-tempo si scontra con il limite dell’esistenza. La sua poesia, con il tono riflessivo e rassegnato, ci invita a confrontarci con la nostra condizione di finitezza, a fare i conti con il tempo che scorre senza poterlo fermare.

Casa sul mare
Il viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora i minuti sono eguali e fissi
come i giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.
Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
i soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.
Tu chiedi se così tutto svanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.

Montale conclude Casa sul mare con una riflessione amara e disincantata sulla condizione umana. La poesia si chiude su un’immagine potente di marcia verso l’eterno, in cui il cuore del poeta sembra ormai inascoltato, destinato a seguire un percorso che non troverà più ritorno. La suggestione del mare che continua a muoversi, le onde che si alternano senza fine, e la solitudine del cuore umano ci invitano a confrontarci con l’idea che il destino sia segnato e che il tempo non conceda risposte. Con la sua consueta eleganza e densità emotiva, Montale ci lascia con un senso di incompiutezza e di riflessione sull’ineluttabilità della vita e della morte.

Dora Esposito

Nata a Napoli nel 1986 e cresciuta a Bacoli, ha intrapreso un percorso professionale lontano dalla letteratura, lavorando come sarta nello spettacolo. Tuttavia, la sua passione per la poesia è emersa in un momento di profonda crisi personale, segnando una svolta importante nella sua vita.

Le sue esperienze e la sua sensibilità verso la natura e l’introspezione hanno trovato voce nelle sue poesie, in cui esplora temi di emozioni, turbolenza interiore e la connessione tra l’animo umano e il mondo che lo circonda. Il mare, simbolo ricorrente nella sua scrittura, diventa un potente riflesso delle sue emozioni più intime. Poetessa, con uno stile evocativo e sensoriale, riesce a trasmettere la lotta interiore tra la calma apparente e la violenza dei sentimenti, rendendo il mare un simbolo di catarsi e riflessione. Il ritmo crescente della poesia, che si mescola con l’inquietudine del paesaggio marino, coglie il senso di urgenza e la difficoltà di trovare pace in un mondo dominato dalla confusione emotiva.

La scelta

La poesia ci trasporta in un paesaggio in cui il mare diventa il simbolo di un conflitto interiore, una metafora potente delle trepidazioni emotive e della ricerca di equilibrio. La poesia esplora il contrasto tra l’apparente calma della superficie e l’inquietudine che agita le profondità dell’animo umano. Il mare, che ribolle e scuote la costa, diventa l’immagine di una lotta continua, di un’energia che non si placa mai, e che riflette la tensione interiore del poeta. Le immagini del mare che “gorgheggia” e “ribolle” evocano la potenza e la forza di un elemento naturale che rispecchia la stessa irrequietezza e fragilità dell’essere umano.

Nel testo, l’aria salmastra che riempie i polmoni e il suono della risacca che riempie il vuoto sembrano essere il linguaggio stesso delle emozioni, mentre il battito del cuore che si unisce al fischio del vento esprime una sorta di simbiosi tra l’individuo e la natura, una fusione di corpo e spirito con l’ambiente circostante. La poetessa dà voce a una condizione esistenziale caratterizzata da una continua ricerca di pace, che però si scontra con la realtà di un tumulto interiore che non trova mai completa risoluzione.

Il mare
Il mare gorgheggia, ribolle,
scuote e sfascia la costa.
L’inquietudine nel suo profondo
agita le acque grigie e verdi.
La schiuma si dimena sulla riva,
squassa e si infrange sugli scogli.
L’aria salmastra riempie i polmoni,
attraversa il corpo,
raggiunge un cuore inquieto.
Il suono della risacca riempie il vuoto:
è musica tribale.
Il battito del cuore si unisce al fischio del vento
e il ritmo aumenta di velocità nell’ansia di vivere,
in questo stato angoscioso in cui mi riconosco.
Il mare è uno specchio,
nella quiete apparente dei giorni di calma
cova l’energia che scatena la tempesta
e da un giorno all’altro la costa
viene aggredita dalla forza delle onde.
Anche dentro di me cova la tempesta,
nella mia apparente calma:
all’improvviso si scatena
e solo il mare, a volte,
riesce a domare l’irrequietezza della mia anima.

La poesia non si limita a una riflessione sul mare come luogo fisico, ma lo trasforma in uno specchio dell’anima, in cui la calma apparente dei giorni più sereni nasconde l’energia pronta a scatenare la tempesta. Il mare diventa così un’entità dinamica e misteriosa, capace di esprimere la condizione umana in tutta la sua ambiguità. La figura del mare, che diventa tanto minacciosa quanto rassicurante, diventa il simbolo della complessità dell’essere umano, capace di riflettere sia la quiete che il tumulto, ma anche di placare, almeno temporaneamente, l’irrequietezza che lo abita. In questo contrasto tra serenità apparente e turbolenza interiore, la poesia di Esposito si offre come un viaggio profondo nell’animo umano, in cui il mare non è solo un luogo fisico ma un’esperienza esistenziale che invita alla riflessione sulla fragilità e sulla forza dell’essere.

Data:

15 Novembre 2024

One thought on “MONTALE E ESPOSITO – La poesia del venerdì

  1. La ringrazio per il bel confronto tra la mia poesia e il componimento di Montale. Grazie per l’opportunità.

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