Traduci

Morire di fame a un mese di vita

Sahar è nata nella periferia di Damasco. Aveva appena un mese quando è morta per le conseguenze della sua grave malnutrizione nella clinica di Hamouria, nella regione Orientale di Ghouta, in Siria.

A causa della denutrizione, sua madre non aveva potuto allattarla e, complice l’assoluta povertà, suo padre non avevo potuto acquistare il latte, alimento fondamentale per il sostentamento della neonata.

Sahar pesava meno di due chili; è morta il 21 ottobre scorso.

Solo oggi la sua storia è stata resa nota, grazie agli scatti del fotoreporter Amer Almohibany, che con il suo reportage ha voluto richiamare l’attenzione sulle atrocità della guerra, in tutti i Paesi più poveri del mondo.

Il caso di Sahar non è purtroppo isolato: secondo quanto denunciato dall’Unicef, negli ultimi tre mesi oltre 1.100 bambini hanno sofferto di malnutrizione “acuta” nella regione a est di Damasco, in mano ai ribelli ma assediata dalle forze del regime.

È di fondamentale importanza sottolineare l’aspetto dell’assedio sopra citato, in quanto in quest’area rurale alle porte della capitale – dove, secondo le Nazioni Unite, vivrebbero quasi 400mila persone – gli aiuti arrivano a singhiozzo proprio a causa dell’esercito di Bashar-al-Assad. Pare infatti che quest’ultimo, innalzando un impenetrabile muro umano, impedisca l’ingresso agli operatori delle varie associazioni umanitarie mondiali.

cms_7551/2.jpg

Per citare qualche dato, i bimbi siriani a rischio sarebbero all’incirca 1600: con l’assedio di Ghouta e “l’aumento dei prezzi alimentari, la questione della malnutrizione si sta aggravando”, come sottolineato dal funzionario Unicef, Monica Awad. Secondo l’organizzazione Onu, negli ultimi tre mesi si sono riscontrati sintomi di “malnutrizione acuta” su 1.114 bambini, mentre 1.600 sono in situazione “di rischio”.

cms_7551/3.jpgNel gennaio del 2014, su “La Repubblica”, Adriano Sofri aveva narrato la drammatica fine di Israa al Masri, di Yarmuk (a sud di Damasco), morta anch’essa di stenti per le stesse ragioni di Sahar.

Sono trascorsi quasi quattro anni dall’episodio denunciato da Sofri e reso noto, come nel caso di Sahar, grazie a una fotografia, inoltrata insieme al video da cui è tratta all’Associated Press da Sami Alhamzawi, un venticinquenne abitante del campo di Yarmuk. Non immaginiamo quanti altri innocenti abbiano perso la vita in simili circostanze, a causa della follia umana.

La denuncia, per chi svolge la professione di reporter, è un obbligo morale, oltre a essere un dovere di cittadino affinché vi possa essere un’azione di prevenzione, al fine di rendere questi episodi drammatici sempre meno frequenti.

Autore:

Data:

25 Ottobre 2017