Fethullah Gülen, predicatore islamico turco e un tempo alleato dell’attuale presidente Erdogan, è morto a 83 anni negli Stati Uniti, dove viveva in una sorta di esilio forzato. Da fedele amico, Gülen è successivamente caduto in disgrazia agli occhi del presidente, che lo ha addirittura accusato di essere l’ideatore del tentato colpo di stato del 2016.
Secondo un sito vicino al suo movimento, Gülen, “il nostro insegnante”, si è spento il 20 ottobre alle ore 21:20 nell’ospedale dove era in cura da tempo. Diverse ore dopo, la notizia è stata confermata anche dai media turchi, con il giornalista di Hürriyet che ha annunciato la sua morte in diretta su CNN Türk, riferendosi a lui come il “leader dell’Organizzazione Terroristica Fetullahista (FETÖ).
Classe 1941, Gülen fondò agli inizi degli anni ’60 un movimento religioso che ben presto raccolse attorno a sé donatori e credenti, prendendo il nome di “Hizmet”, ovvero “Servizio”, crescendo a dismisura nel corso degli anni. Gülen ed Erdogan ebbero modo di avvicinarsi e di stringere un’ottima amicizia, sia personale che tra i due movimenti, quello religioso Hizmet e quello dell’allora politico. I valori promossi da Gülen si fondavano su un islamismo moderato e promuovevano l’educazione e il dialogo interreligioso; tuttavia, dopo diversi anni di vicinanza – e di aiuti reciproci – i rapporti tra i due iniziarono a incrinarsi. La parabola divenne sempre più discendente e raggiunse un vero e proprio culmine col mandato di arresto spiccato nel 2014, con Gülen considerato un vero e proprio oppositore del presidente.
Già però dal 1999, Gülen fu costretto a partire per la Pennsylvania. Hizmet, nel frattempo, era cresciuto talmente tanto da essersi ramificato in diverse strutture statali, tra cui governo, magistratura e polizia, in maniera tale da essere considerato dalle autorità di Ankara uno “stato nello stato”. Hizmet, per le autorità di Ankara, divenne allora FETÖ, ovvero Fethullahçı Terör Örgütü, acronimo che in turco significa “Organizzazione Terroristica di Fethullah Gülen”.
Nel 2016, dopo il fallito colpo di Stato militare che causò centinaia di morti e migliaia di feriti, Fethullah Gülen fu accusato di essere il principale ideatore del complotto. Questo diede il via a una vasta operazione di polizia contro i presunti membri infiltrati del FETÖ, con l’arresto di migliaia di persone e la rimozione dalle cariche pubbliche che ricoprivano fino a quel momento. L’operazione colpì vari settori della società, inclusi militari, magistrati, accademici e funzionari governativi.
Fethullah Gülen ha sempre negato ogni coinvolgimento in questo grave episodio di cronaca e di storia del paese, condannando da sempre l’uso della violenza. Ciononostante, il presidente turco Erdogan ha sempre pressato gli Stati Uniti per favorirne l’estradizione, giammai evasa, in quanto non sarebbero mai state fornite prove convincenti a Washington circa la sua colpevolezza.
Nel frattempo, però, l’ormai miliardario Gülen viveva in una “grande casa al 260 Kennel Road, Saylorsburg, PA 18353″ a circa 12 minuti di distanza dal Chestnut Retreat Center, nella città di Saylosburg, secondo un’informazione raccolta giusto qualche giorno fa dal sito Hürriyet. Il leader abitava in una costruzione del 2008 di 3 camere e 4 bagni, del valore di circa 1 milione di dollari, edificata all’interno di una foresta e “protetta da telecamere di sicurezza” accuratamente posizionate nel circondario.
“La morte di Fethullah Gülen non allenterà la pressione nella lotta contro FETÖ”, ha affermato il ministro degli Esteri Hakan Fidan all’interno di una conferenza stampa, promettendo che detta battaglia “continuerà con immutata determinazione”. “FETÖ ha ingannato i nostri giovani, strumentalizzando i valori religiosi per trasformarli in traditori della propria nazione”, ha proseguito il ministro nel dialogo con i giornalisti. Anche il portavoce del partito AKP di Erdogan ha commentato la morte di Gülen, definendolo “un traditore che ha tradito l’Islam, l’umanità e la nostra nazione”, significando come oggi sia “morto da apolide”.
Secondo il giornalista Hande Firat, invitato alla CNN TURK, nell’organizzazione si aprirà adesso una “seria lotta” per chi debba “guidare questo potere”, ipotizzandone persino una sua disgregazione. Alcuni analisti internazionali hanno visto nelle accuse mosse a Gülen e ai suoi sostenitori parte della strategia di Erdogan tesa ad eliminare un movimento antagonista con una significativa influenza nelle istituzioni turche. Sebbene alcuni analisti ritengano che effettivamente il movimento di Gülen abbia operato nell’ombra dello Stato turco, pressoché nessuno riconosce effettive responsabilità o un suo coinvolgimento nel tentativo di colpo di stato.
Il movimento Hizmet sostiene da sempre che Islam e modernità possano coesistere e che l’istruzione rivesta un ruolo fondamentale per migliorare la società. Per questo e per gli sforzi profusi nel promuovere la tolleranza religiosa e il dialogo interculturale, il movimento è stato spesso elogiato. Attualmente è attivo in oltre 100 paesi e gestisce numerose organizzazioni, scuole, università, istituzioni di beneficenza e media. Non vi sono dati ufficiali circa la consistenza del suo patrimonio, specie a causa della sua decentralizzazione e di una rete complessa di strutture di cui si avvale, ma si stima che abbia accesso a miliardi di dollari, provenienti per lo più da donazioni private, indirizzate nella gestione delle scuole e in attività di beneficenza.
Il movimento Gülen continua quindi a operare a livello internazionale, sebbene abbia perso molta della sua influenza in Turchia a causa della repressione governativa. Molte scuole e organizzazioni all’estero continuano a funzionare, ma la sua reputazione del movimento è stata seriamente messa in discussione dalla mirata campagna denigratoria del governo turco.