“A diamond is forever”, così recita un noto slogan coniato dalla giovane France Jerety. Un motto in grado di esprimere in maniera semplice e geniale un concetto chiaro e imprescindibile: un diamante non è solamente una pietra come tante, ma qualcosa di ben più importante. Inutile dire che la trovata commerciale funzionò in modo superlativo: in breve tempo, i diamanti divennero tra gli oggetti più desiderati dalle donne di tutto il mondo, ma, soprattutto, si trasformarono in un autentico must per qualunque uomo desiderasse chiedere la mano della propria donna (ad oggi, il 75% delle proposte di matrimonio nel mondo Occidentale sono accompagnate da un diamante).
In pochi anni, le aziende produttrici di diamanti sono riuscite a inculcare nella mente di migliaia di consumatori l’idea che una piccola pietra dalla bellezza e dalla rarità non superiore a quella di molte altre gemme sia in realtà simbolo di eleganza, di potere e di ricchezza, nonché oggetto meritevole dei nostri più ardenti desideri e delle nostre più ingenti spese. Chissà se France Jerety, coniando il suo slogan, immaginava che quelle semplici parole potessero avere un simile impatto sull’economia mondiale! La sua frase, tuttavia, non è stata l’unica in favore del prezioso oggetto: negli anni, sono state numerose le star del cinema – il ramo nel quale le aziende minerarie hanno investito più soldi in termini di pubblicità – ad aver espresso il proprio viscerale legame con queste tanto discusse pietre. “Le grandi star hanno bisogno di grandi diamanti” arrivò a dire Liz Taylor. “Non ho mai odiato un uomo così tanto da restituirgli un diamante” aveva invece rivelato l’amatissima attrice ungherese Zsa Zsa Gabor (ed è una che ha divorziato otto volte!).
Nel 2019, per la prima volta dopo tanti anni, la richiesta di diamanti supererà l’offerta degli stessi. Un enorme smacco per tutti gli attivisti e i personaggi pubblici socialmente impegnati che, entrando in polemica con le imprese del settore, hanno sostenuto che l’estrazione di diamanti avvenga ad oggi attraverso lo sfruttamento di migliaia di lavoratori africani e grazie alla complicità di alcuni fra i più spietati dittatori del continente. A inizio anni 2000, si arrivò perfino a parlare di “blood diamond,” diamanti sporchi di sangue, una definizione che ispirò l’omonimo film del 2006, interpretato da uno dei divi più sensibili alla questione, Leonardo Di Caprio (buffo che, dopo tanti investimenti per ottenere il favore delle star di Hollywood, sia stata proprio una di esse a guidare la lotta ai diamanti). Proprio per tentare di boicottare le aziende estrattrici, nel corso degli anni sono stati creati una serie di diamanti sintetici che avrebbero dovuto fare concorrenza a quelli veri, arrivando a limitarne il più possibile le vendite ed il valore. Eppure, proprio nel momento di maggiore difficoltà, la “De Beers”, azienda leader nel settore, è riuscita a tirar fuori dal cilindro un autentico capolavoro comunicativo, mettendo al centro del dibattito una parola magica fino ad allora pressoché inutilizzata: “autenticità”. Il messaggio che sono riusciti a trasmettere è che certamente è possibile comprare qualcosa di simile a un diamante, mentre non è possibile comprare qualcosa di uguale allo stesso. “Real is rare”, come recita uno dei loro ultimi slogan.
Bisogna apprezzare la capacità dell’ufficio marketing dell’azienda sudafricana nel riuscire a intuire il disagio socio-economico delle nuove generazioni, che si sposano sempre più tardi e divorziano sempre più in fretta: perché spendere tanto per comprare un diamante che durerà per sempre, se non si è neppure sicuri che il proprio matrimonio resista per l’eternità? Bene, ancora una volta, subito dopo aver individuato l’ostacolo, l’impresa ha trovato anche il modo per superarlo. Immediatamente sono partite numerose campagne pubblicitarie, i cui protagonisti erano giovani ragazzi confusi e indecisi. Giovani ignari di ciò che la vita avrebbe riservato loro, giovani incerti sul proprio futuro e sulle decisioni da prendere nella vita. In questo modo, la “De Beers” è riuscita a trasmettere un sincero messaggio di vicinanza ai ragazzi del terzo millennio, lasciando intendere di aver compreso i loro problemi e di essere pronti ad offrire loro una soluzione per contrastare la caducità della propria vita: un oggetto in grado di simboleggiare fino in fondo tutti i loro sogni e le loro speranze… un diamante, ovviamente.
Il risultato? Milioni di diamanti venduti e miliardi di fatturato realizzati. Eppure, proprio le copiose vendite hanno generato un piccolo problema: i diamanti stanno terminando. L’estrazione di queste pietre preziose negli ultimi 12 anni è calata complessivamente di ben 23 milioni di carati (con conseguente aumento dei prezzi, com’è facile intuire) e si calcola che entro il 2033 le riserve terrestri di diamanti si esauriranno del tutto.
Una tragedia? Niente affatto, un’opportunità! La “De Beers” (che, per inciso, nel frattempo ha smesso di essere sudafricana ed è stata venduta a un colosso minerario anglo americano) ha annunciato che nei prossimi anni lavorerà alacremente al fine di ottenere la licenza per le estrazioni sottomarine in numerose nazioni del mondo. L’azienda è stata fin dal 1991 una delle più lungimiranti sull’argomento, arrivando ad acquistare a prezzi estremamente ridotti rispetti a quelli attuali la concessione di circa 6.000 chilometri quadrati presso le coste namibiane. Fino ad ora, solamente il 3% di tale perimetro è stato esplorato, ma le cose sembrano destinate a cambiare in fretta nei prossimi anni. “La zona di perforazione è circoscritta a 200 metri di distanza dallo scavo, l’impatto è ridotto e meritevole se si pensa al numero di posti di lavoro creati e ai guadagni per un Paese che rimane il terzo al mondo per disuguaglianza” ha asserito Jan Nel, uno dei leader del settore operativo della “De Beers”.
Le estrazioni avverranno attraverso enormi navi dal costo di oltre 150 milioni di dollari l’una, dalla lunghezza di ben 170 metri e con a bordo un equipaggio che oscillerà fra gli 80 e i 100 uomini in tutto. Il loro compito non sarà solamente quello di estrarre il materiale roccioso, ma anche quello di dar vita a una prima pulizia dei diamanti, in modo da separarli dai detriti grezzi che verranno immediatamente rigettati in mare. Alla fine di questa operazione, le pietre preziose verranno messe in elicottero e spedite finalmente a Windhoek, la piccola capitale della Namibia.
Nel 2017, le imprese coinvolte in estrazioni marittime di pietre preziose hanno fatturato oltre 600 milioni di dollari, mentre si calcola che in pochi anni il 95% dei diamanti venduti sul mercato proverranno dai fondi marittimi, numeri inimmaginabili fino a poco tempo fa.
Che aspetto avranno dunque questi nuovi diamanti, e quanto costeranno? Alla prima domanda possiamo rispondere rassicurando gli amanti del settore: la qualità dei nuovi diamanti sarà eccelsa (malgrado saranno un po’ più piccoli rispetto a quelli estratti attualmente). Tuttavia, com’è risaputo, la qualità si paga. È difficile fare una previsione in merito all’andamento inflazionistico dei diamanti o delle altre gemme; eppure, a detta del dipartimento di scienze biologiche di Città Del Capo, il loro prezzo dovrebbe attestarsi intorno ai 528 dollari a carato, contro i “soli” 187 dei diamanti estratti da terra.
C’è da dire che investimenti simili, in futuro, non riguarderanno solamente le aziende private, ma anche istituzioni nazionali; basti pensare che, fin dai tempi del governo di David Cameron, il Regno Unito ha investito copiose risorse nel settore, stimando, secondo i dati ufficiali di Downing Street, che da una simile spesa sarà possibile ricavare oltre 1,2 miliardi l’anno per i prossimi 30 anni.
Certo, parlare di introiti e di privilegi finanziari può essere affascinante; eppure, il timore che tutti noi nutriamo è che queste operazioni possano rivelarsi nocive per gli oceani africani e per una serie di specie marine già messe a dura prova negli ultimi anni dalla cosiddetta pesca estensiva. In altre parole, se da un lato è comprensibile che le aziende minerarie lavorino duramente per garantirsi un futuro prospero, bisogna al contempo sottolineare che esiste un prezzo che non può e non deve essere pagato per arricchirsi. Il nostro ambiente, i nostri mari e la nostra terra sono e rimangono tutt’ora il bene più prezioso di cui disponga l’umanità… un bene perfino più prezioso del denaro.