Finora non abbiamo visto alcun reale sforzo coordinato per porre fine alla guerra in Ucraina. È giunto il momento di affrontare questa impasse. Riusciranno i principali attori della comunità internazionale a trovare un formato comune per discutere della fine della guerra?
La guerra in Ucraina compie 30 mesi e l’offensiva di Kiev in Russia solleva interrogativi sulla direzione del conflitto. L’attuale offensiva dell’Ucraina in Russia ha cambiato molte cose, ma il suo consolidamento è complicato e l’incursione non è così profonda come le autorità di Kiev cercano di farci credere. Questa è la fotografia di questi giorni di una guerra che dura da trenta mesi da quando l’esercito russo ha iniziato l’invasione dell’Ucraina, il 24 febbraio 2022. E la fine sembra molto lontana.
Se fino a poche settimane fa il conflitto sembrava limitarsi ad una guerra di posizioni, con i russi che avanzavano a malapena nella regione di Donetsk, nell’est dell’Ucraina, e con l’offensiva lanciata a Kharkiv, nel nord, senza grandi progressi, non c’è dubbio che l’incursione lanciato dall’Ucraina nella regione russa di Kursk il 6 agosto abbia ribaltato il conflitto. Ben presto questo attacco si è trasformato in un’offensiva a tutti gli effetti, il che ha permesso all’Ucraina di riprendere l’iniziativa bellica e sfidare la superiorità che Mosca mostrava da più di un anno, con il consolidamento dell’esercito russo nel Donbass e la vittoria in battaglie simboliche, come Avdivka e Bakhmut.
La massiccia incursione ucraina ha segnato una svolta nella guerra: ha trasformato il confine tra i due paesi in una linea del fronte, e ha aperto la possibilità di ulteriori incursioni che approfittano della debolezza di una Russia troppo concentrata sulla protezione dei territori annessi. Aprire strade colpendo nel cuore della Federazione Russa, è stata un’iniezione di morale per l’esercito ucraino, quando le cose andavano male sul fronte del Donbass, dimostrando il fallimento dell’intelligence russa nella sua apparente incapacità di individuare attacchi non previsti e gli errori commessi all’inizio dell’invasione.
È anche chiaro che la potenza mostrata dall’esercito russo nell’est non si ripete nel resto della linea di confine con l’Ucraina. È comprensibile la rabbia del presidente russo Vladimir Putin per questo schiaffo alla sua strategia in Ucraina, che potrebbe addirittura mettere a repentaglio la sua stessa stabilità se l’offensiva venisse rafforzata, e lo ha fatto con il sostegno occidentale, con intelligence satellitare, munizioni e accelerando l’arrivo a Kiev delle decine di caccia F-16 promessi dai paesi europei.
Gli ucraini sono consapevoli che devono colpire le linee di rifornimento russe, il rifornimento di munizioni e il trasporto delle truppe, se non vogliono presto una controffensiva molto più potente. Come ha dichiarato il presidente Volodymyr Zelensky, le truppe ucraine stanno raggiungendo gli obiettivi prefissati, ottenendo un gran numero di prigionieri. Il presidente ha specificato come tra gli obiettivi della controffensiva che servono a “distruggere il più possibile il potenziale bellico russo”, ci sia quello di creare una zona cuscinetto in territorio nemico.
Tuttavia, l’esercito ucraino può sostenere l’avanzata di terra solo se Kiev dispone di aerei da combattimento a terra e missili a lungo raggio con cui colpire le linee di rifornimento russe e le loro retrovie. Ma è necessario il permesso esplicito dell’Occidente per usare queste armi contro obiettivi nel cuore della Russia, e quel via libera, se dato, coinvolgerà ulteriormente la NATO e l’Unione Europea. La Russia potrebbe schierare le sue testate nucleari per minacciare l’Occidente, ma non le utilizzerà a meno che la sua integrità territoriale non sia in pericolo.
In questo quadro, si può cominciare a parlare di negoziati?
L’impegno occidentale a sostenere la battaglia della democrazia sul suolo ucraino ha portato gli alleati a passare dalla consegna iniziale a Kiev di armi leggere, razzi anticarro e missili portatili, carri armati di ultima generazione, caccia, a sistemi antiaerei Patriot e missili balistici in grado di colpire obiettivi in Russia, anche se non autorizzati.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha ora un compito enorme davanti a sé nel caso in cui le sorti politiche cambino nelle elezioni presidenziali di novembre negli Stati Uniti. Se l’ex presidente Donald Trump, il candidato repubblicano, dovesse prevalere sul suo avversario democratico, l’attuale vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, le cose potrebbero complicarsi per l’Ucraina. Trump ha promesso di porre fine a questa guerra entro 24 ore, il che è se non altro una dichiarazione di intenti sul suo interesse in questo conflitto.
Naturalmente, ci sono dubbi sull’offensiva ucraina. Ci si interroga sull’obiettivo finale dell’offensiva e su come sia possibile che Zelensky stia rischiando tutto, inviando il miglior personale e materiale militare in Russia. Arrischiamo allora un’ipotesi di risoluzione di questo conflitto.
Una proposta di mediazione e risoluzione dei conflitti
La Russia conduce la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina ormai da più di due anni, eppure non esiste ancora una struttura coordinata per mediare la pace. Prenderebbe spunto dalla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvata un anno dopo lo scoppio della guerra, che invitava tutti gli Stati e le organizzazioni internazionali a sostenere gli sforzi diplomatici per raggiungere una pace giusta e duratura, la proposta di un gruppo di contatto internazionale per affrontare la guerra della Russia in Ucraina
Gli iniziali negoziati bilaterali russo-ucraini falliti a Istanbul sono stati seguiti da una serie di iniziative con Cina e Brasile che hanno presentato piani di pace, e anche il Papa si è applicato, nel tentativo più vasto di portare la pace, allo scambio di prigionieri e al ritorno dei bambini trasferiti dai territori ucraini in Russia arbitrariamente. Il vertice multilaterale di Bürgenstock, in Svizzera, proposto dall’Ucraina in assenza della Russia, si era proposto non di raggiungere la pace ma di avviare un processo che potesse portare alla pace.
Tra tante iniziative isolate, i piani di pace e le conferenze di pace generali, una cosa è mancata: una struttura flessibile e duratura che riunisca regolarmente le principali parti interessate. Ecco perché abbiamo bisogno di un gruppo di contatto internazionale per affrontare la guerra della Russia in Ucraina. Questa nostra proposta si inserisce dunque nella mediazione e gestione dei conflitti, come supporto per gestire le dinamiche conflittuali e attivare il dialogo e il confronto tra le parti, nel nostro caso, un conflitto armato in cui un paese ha aggredito l’altro con intenzioni di occupazione permanente di porzioni di territorio, con motivazioni che qui non esploreremo, ma che alimentano il conflitto e la divisione.
Tuttavia, nessuno di questi sforzi era collegato tra loro. Perché, allora, un gruppo di contatto?
Un gruppo di contatto non è una panacea e non raggiungerà la pace in poco tempo. Sarebbe, tuttavia, in grado di coordinare gli attori internazionali rilevanti, identificare posizioni comuni nei piani di pace e parlare alle parti in conflitto con una voce collettiva. Tali gruppi generalmente lavorano secondo regole non vincolanti ed esistono esclusivamente per promuovere il coordinamento, la cooperazione e la coesione in una determinata situazione di conflitto.
Per avere un’influenza politica sufficiente, il gruppo di contatto dovrebbe essere composto dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (esclusa la Russia) e costituirne il nucleo originale. I gruppi di contatto internazionali servono a evidenziare l’urgenza di particolari situazioni di conflitto, possono, in tempi di crescenti tensioni geopolitiche, essere uno strumento importante per riunire le potenze rilevanti attorno allo stesso tavolo, e questo di per sé può avere un effetto di allentamento della tensione.
Un tale gruppo di contatto dovrebbe facilitare il dialogo tra le parti in conflitto e, cosa altrettanto importante, presentare iniziative congiunte ed esercitare pressioni sulle due parti affinché avviino i negoziati, che potrebbero contribuire a migliorare la situazione della popolazione civile, contribuendo a porre un freno agli attacchi alle infrastrutture civili e alla salvaguardia degli impianti nucleari nell’agenda internazionale.
Può un simile approccio avere successo?
Poiché è evidente che la Russia sta chiaramente ignorando ogni possibilità di composizione del conflitto Russia-Ucraina, frutto dell’aggressione della Russia, la composizione del gruppo sarebbe fondamentale. Non essendo inteso come piattaforma negoziale, le due parti in conflitto evidentemente non dovrebbero far parte del gruppo di contatto, ma dovrebbe esserci un formato supplementare che consenta loro di essere coinvolti. Il gruppo di contatto dovrebbe essere composto in modo tale da avere un’influenza politica sufficiente.
I membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (esclusa la Russia) dovrebbero costituirne il nucleo. In quanto potenza europea-chiave, la Germania dovrebbe essere inclusa, così come la Turchia, che ha contribuito a mediare il successo dell’accordo sul grano e continua a mantenere buoni rapporti con entrambe le parti in guerra. Oltre ai membri del Consiglio di Sicurezza, dovrebbero essere coinvolti anche gli Stati BRICS per rafforzare le credenziali globali del gruppo, in particolare l’India -il cui Primo Ministro Modi ha appena visitato l’Ucraina e si offerto di mediare per la pace- ma anche il Brasile e la Cina, insieme alla Svizzera, un paese neutrale e con una significativa esperienza nella mediazione di questo conflitto, che potrebbe svolgere il ruolo di facilitatore.
Per favorire il corretto funzionamento di questo formato, sarebbe opportuno che i partecipanti nominassero “inviati speciali” che si concentrerebbero principalmente sul conflitto e agirebbero come contatto sia internamente che esternamente. Ciò richiederebbe stretti legami con le organizzazioni multilaterali. L’ONU potrebbe quindi nominare un “consigliere speciale”, che sosterrebbe il lavoro del gruppo di contatto con l’aiuto del Segretariato delle Nazioni Unite. Un ruolo simile potrebbe essere svolto dall’OSCE, che ha una lunga esperienza in Ucraina e potrebbe quindi contribuire all’adempimento del suo mandato di organizzazione centrale per la sicurezza europea.
È evidente la necessità che qualcuno dia l’avvio a questa iniziativa e vi investa il proprio capitale politico, affinché un tale gruppo possa funzionare ed eserciti un’influenza sulle iniziative finora frammentate e non coordinate per promuovere la pace, anche considerando che c’è solo una piccola finestra di opportunità prima delle elezioni americane. Il fatto che un qualsiasi gruppo di contatto possa offrire un valore aggiunto dipenderà dalla volontà di collaborazione delle due parti in conflitto, che fino ad ora la Russia non ha dimostrato.
Una seconda possibilità sarebbe un’iniziativa diplomatica da parte del governo finlandese, che assumerà la presidenza dell’OSCE nel 2025 e potrebbe fare di un gruppo di contatto una missione-chiave durante il suo mandato. A 50 anni dalla firma degli Accordi di Helsinki, questa iniziativa rappresenterebbe un approccio lungimirante volto a focalizzare l’attenzione e realizzare una pace duratura in Europa.
La più volte citata “maturazione del conflitto” – necessaria affinché entrambe le parti considerino i negoziati come un’opzione praticabile – potrebbe essere accelerata dalla formazione di questo gruppo di contatto, offrendo un formato adeguato alla necessità di un maggiore coordinamento internazionale.
Prima si troverà un formato comune per discutere su come porre fine alla guerra, o almeno evitare un’ulteriore escalation, meglio sarà. Altrimenti si dà semplicemente la parola a illusionisti politici come Viktor Orbán, che attualmente detiene la presidenza di turno dell’UE che attraverso cosiddette “missioni di pace” usa la pace come veicolo per la propria pubblicità, a causa anche e soprattutto del vuoto politico internazionale e mancanza di iniziative coordinate, efficaci e credibili.