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BIORISANAMENTO

Lo sviluppo tecnologico e scientifico ha consentito di raggiungere obiettivi ecosostenibili e superare le maggiori sfide in campo ambientale, in gran parte delle nazioni del mondo, utilizzando tecniche innovative. Una di queste è il biorisanamento – o bioremediation -, una tecnica di risanamento ambientale più naturale ed ecologica, rispetto alle tradizionali le quali fanno uso di sostanze chimiche: nel biorisanamento, infatti, la decontaminazione viene operata da organismi biologici come batteri o anche funghi, sebbene siano i batteri i microrganismi più utilizzati, poiché dotati di un genoma più plastico che li rende maggiormente adatti ai cambiamenti ambientali. Per vivere, alcuni batteri si nutrono di sostanze tossiche per l’uomo e sono proprio questi ultimi, quando vengono posti all’interno del terreno inquinato, a trovare un habitat favorevole nei suoli contaminati per riprodursi, arrivando a crescere e disperdersi per l’intera superficie del terreno. Le sostanze tossiche, in questo modo, sono protagoniste di un processo di trasformazione: le molecole delle sostanze nocive vengono progressivamente biodegradate in molecole di base. Nel momento in cui le sostanze tossiche si esauriscono nell’ambiente, le colonie dei microrganismi immessi nel terreno si riducono fino a scomparire. Il vantaggio della tecnica del biorisanamento è il suo impatto ambientale molto basso perché produce sostanze facilmente assorbibili dall’ambiente, come acqua, biomasse o anidride carbonica.

Al contrario un risanamento ottenuto mediante l’utilizzo di soluzioni chimiche o solventi ha un impatto più invasivo sulla biosfera e sull’ecosistema naturale, in quanto le proprietà del suolo vengono modificate in modo radicale. Per evitare di rompere l’equilibrio dell’ambiente è preferibile usare batteri o funghi locali, presenti nella zona da risanare, poiché non è possibile prevedere completamente le conseguenze di un bioagente estraneo all’ecosistema da risanare. Uno dei primi tentativi di biorisanamento risale al 1989, quando, con l’utilizzo di fonti di azoto e fosforo, si è tentato di decontaminare le acque e il suolo inquinato dal petrolio uscito dalla superpetroliera Exxon Valdez, che si scagliò su una scogliera al largo dell’Alaska, incidente considerato uno dei più grandi disastri ecologici della storia. Tuttavia, nonostante sia preferibile l’utilizzo del biorisanamento per l’impatto minimo che esso ha sull’ambiente, ancora oggi, nel caso in cui fossero presenti molteplici sostanze tossiche, è necessario far uso delle tecniche tradizionali, perché non è considerata una soluzione generale quella del biorisanamento. E La ricerca scientifica, in questo campo, secondo me, potrebbe essere uno sprone a trovare un rimedio che non sia impattante sull’Ambiente!

Data:

11 Agosto 2019