La dislessia rientra nel ventaglio dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, noti con l’acronimo DSA e riconosciuti con la legge n.170 del 2010.
In particolare, questo disturbo del neurosviluppo si presenta come una difficoltà nella decodifica strumentale dei segni scritti.
La scuola dunque, per la specificità della sua funzione e valenza connotativa dove “si impara a leggere, scrivere e far di conto”, è il principale luogo in cui emerge tale sintomatologia, perché non si apprende in misura adeguata all’età e al contesto classe.
A causa dell’alterazione della capacità di riconoscere i segni scritti, dopo aver letto qualche parola l’alunno spesso si accorge di non comprenderne il senso e talvolta si arresta, per poi riprendere poco dopo in un nuovo tentativo. Si manifesta in bambini che non presentano deficit visivi, uditivi o cognitivi che possano giustificare la discrepanza tra l’abilità specifica in quel preciso dominio deputato alla lettura e il livello di intelligenza generale, che risulta nella media – se non più alto in alcune aree, come quelle espressive.
Dopo la prima importantissima fase dell’osservazione pedagogica da parte del team docente, si procede con il coinvolgimento della famiglia che, intrapreso l’iter della valutazione diagnostica, rappresenta l’imprescindibile anello di congiunzione tra il proprio figlio, la scuola e i centri di neuropsichiatria infantile, pubblici o privati, purché accreditati dal sistema sanitario regionale di riferimento. Secondo i dati forniti dal Ministero della Pubblica Istruzione, circa il 5% del totale degli alunni ha ricevuto una diagnosi di DSA; se le diagnosi sono aumentate in questi ultimi anni, non vuol dire che ci sono più bambini con disturbi specifici ma che gli studenti che fino a qualche tempo prima venivano etichettati come svogliati o pigri, in realtà hanno una difficoltà ben precisa che può essere compensata con opportune strategie metodologiche e strategie di intervento. Bisogna anche considerare, nell’analisi del fenomeno, una maggiore sensibilizzazione alla tematica dei Bisogni Evolutivi in genere che ha preparato un terreno più favorevole per promuovere un diverso approccio alle difficoltà scolastiche nell’ottica del potenziamento dell’autostima dei bambini coinvolti, che potrebbe risultarne compromessa.
Un recente studio condotto da due ricercatori dell’Università di Cambridge, Helene Taylor e Martin Vestergaard, nell’ambito di un approfondimento più ampio intitolato “Developmental Dyslexia: Disorder or Specialization in Exploration?” , getta un fascio di luce nuova sulla dislessia che potrebbe essere un’opportunità e rivelarsi il segno di una personalità geniale. Secondo i dati forniti dagli studiosi, nonostante l’oggettiva limitazione dell’abilità della letto-scrittura che si tenta di arginare con strumenti compensativi e dispensativi, sembra che i soggetti che hanno difficoltà nella lettura siano in grado di sviluppare altre capacità più vantaggiose nell’ambito artistico-espressivo, maturando competenze di progettazione che si riveleranno utili in età adulta per ricoprire ruoli che richiedono spirito esplorativo di creatività e di imprenditorialità.