Le proteste che dilagano negli Stati Uniti dalla morte dell’afroamericano George Floyd, durante un fermo di polizia a Minneapolis, sono un’occasione per un “risveglio” politico, per “cambiare l’America”, nonostante il momento “tragico” e “incerto”. Così l’ex Presidente Barack Obama, che ha chiesto “a ogni sindaco di questo Paese” di riformare la polizia e che, nelle prime dichiarazioni dall’inizio delle proteste, ha parlato direttamente agli afroamericani: “Le vostre vite contano”.
Queste giornate, ha affermato, “offrono un’opportunità per lavorare tutti insieme”, per “cambiare l’America e portarla all’altezza dei suoi ideali”.
Si schiera dunque, com’era prevedibile, dalla parte dei manifestanti pacifici Barack Obama, primo e finora unico presidente nero degli Stati Uniti d’America, che con la sua elezione nel 2008 aveva portato speranza di giustizia ad una comunità oppressa da secoli. I problemi sociali degli USA, ed il razzismo insito in determinati strati della cittadinanza, erano malattie però troppo radicate per poter essere debellate in soli due mandati, durante i quali, tra l’altro, Obama non poté quasi mai contare su una maggioranza solida in suo sostegno. Il trionfo dell’elettorato reazionario nel 2016 fu un evidente segnale di volontà di un ritorno al passato, cosa che oggi sta presentando un conto salatissimo su tutto il territorio.
Come sempre, le dichiarazioni dell’ex-Presidente sono in totale contrasto con quelle del suo successore, Donald Trump, il quale ha invocato l’intervento dell’esercito per reprimere le manifestazioni: “Legge e ordine”, il motto più volte ribadito dal Presidente in carica. Tuttavia, circostanze spiacevoli si sono create per il tycoon quando da parte delle più alte cariche presenti e passate dell’esercito sono arrivate pesantissime critiche, ai limiti dell’insubordinazione.
Dal Pentagono giungono dichiarazioni di fortissima contrarietà ad un “uso politico” delle forze armate, mentre il segretario alla difesa Mark Esper è costretto a dichiarare che i soldati non saranno impiegati. Lapidario l’ex Capo del Dipartimento della Difesa, James Mattis: “Trump deride la Costituzione. È il primo Presidente americano che non finge neppure di tentare a unire il popolo, ma prova solo a dividerlo”. Più diplomatico, ma non certo più leggero, l’ex Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Mark Milley, che ha reso pubblico un memorandum rivolto ai vertici della Difesa, in cui ricorda che ogni membro del corpo militare Usa ha giurato di difendere la Costituzione e gli uomini in uniforme non possono violare i principi costituzionali. Ha fatto inoltre parlare di se Art Acevedo, capo della polizia di Houston, che ha invitato il Presidente a “chiudere la bocca, se non ha nulla di utile da dire”.
Una vera e propria sommossa interna, che sta spingendo Trump a tornare sui suoi passi, e ad affermare che non pensa che sarà necessario l’intervento dell’esercito. Tuttavia, indiscrezioni affermano che il Presidente sia furioso con Esper e Milley, i quali potrebbero addirittura essere rimossi dagli attuali incarichi.
Mentre le proteste proseguono senza sosta, sono stati arrestati anche i 3 colleghi di Derek Chauvin che avevano assistito alla tortura di Floyd senza battere ciglio. Mentre Chauvin è accusato di omicidio volontario e rischia fino a 40 anni, i suoi colleghi sono stati accusati di complicità in omicidio di secondo grado.