Nuovo terremoto, questa volta nei Paesi Bassi. Il governo guidato dal liberale Mark Rutte non è andato oltre il grande sisma metaforico esploso in Olanda a causa delle false accuse perpetrate dal fisco a circa ventimila famiglie beneficiarie del cosiddetto bonus figlio. A seguito dell’incontro di ieri mattina tra i quattro partiti che formavano l’oramai attuale ex maggioranza, il governo esecutivo ha deciso di dimettersi. E non è una cosa da poco, visto che il 17 marzo sono in programma le elezioni. Il volto di copertina di tutto questo, come già detto, è il (prossimamente ex) primo ministro Mark Rutte: era alla guida del gruppo degli Stati denominati “frugali”, che presenterà le dimissioni al re Guglielmo Alessandro.
Gli Stati “frugali” per mesi hanno tentato di limitare lo stanziamento di liquidità del Recovery Fund per i Paesi dell’Unione Europea più colpiti dalla pandemia del Covid-19. La loro uscita di scena, dunque, è un bene o un male? Difficile rispondere. Quel che è certo è che la decisione del gabinetto è “unanime”, stando a quanto detto in conferenza stampa Rutte. Il premier dimissionario ha precisato poi che “lo Stato deve proteggere di diritto i cittadini contro il governo onnipotente ma le cose sono andate male”.
Nonostante lo scossone e le dimissioni del governo, Mark Rutte continuerà a svolgere il suo ruolo di leader del partito VVD. “Io stesso non ho avuto alcun coinvolgimento diretto, ma ovviamente uno indiretto – continua, chiarendo la sua posizione – Penso di poter continuare come leader del partito, ma alla fine spetterà agli elettori decidere”. Conclusione lapalissiana, se non fosse che lo stesso Rutte, in passato, si era dichiarato contrario alle dimissioni. Ipse dixit: “Il Paese ha bisogno di stabilità in un momento come questo, a causa della nuova ondata che sta investendo l’Europa”. Ma non tutti concordavano con lui, soprattutto alcuni dei partiti che compongono la maggioranza di governo. Partiti che già in settimana avevano preannunciato delle conseguenze politiche, dopo che avantieri sera si era già dimesso Lodewijk Asscher, leader del Partito laburista e ministro per gli Affari sociali all’epoca di tutti i fatti. Che risalgono al 2012, quando decine di migliaia di famiglie richiesero il cosiddetto “bonus figlio” introdotto dal governo. Da lì un inarrestabile effetto domino: accuse infondate di frode da parte dei funzionari del fisco a circa ventimila famiglie, costrette a indebitarsi per restituire i soldi ricevuti. Un errore del fisco i cui effetti, ora, sono sotto gli occhi di tutti.