La musica ha il potere di influenzare qualsiasi racconto, di darci informazioni che non sono presenti nelle immagini, di rivoluzionare il messaggio visivo, sconvolgerlo. Non è soltanto in grado di rafforzare ciò che è già ma è in grado di regalare strumenti di comprensione sia da un punto di vista estetico che espressivo. Da quando sono state introdotte nella cinematografia le colonne sonore danno un volto in più ai film, sono capaci di far provare emozioni e sensazioni inerenti alle varie scene. Inizialmente i brani, durante il periodo del cinema muto, erano suonati dal vivo, solo successivamente, con l’introduzione del sonoro si incominciarono a registrare melodie e canzoni da utilizzare specificamente per una pellicola cinematografica. La scelta della colonna sonora in un film dipende dal genere che tratta. Ad esempio se è un thrillerpsicologico o un horror prevarrà musica “ansiosa”, basata sulla suspense, mettendo quel misto di paura ed incertezza nel corpo dello spettatore. In una commedia romantica prevale la dolcezza, con quartetti d’archi ed orchestre che portano lo spettatore ad un sentimento di pace, serenità e felicità. Invece nei film d’azione, è d’obbligo musica adrenalinica che faccia uscire dalla sala cinema il pubblico. La musica nel cinema, fa apprezzare di più le diverse scene, fa vivere il momento, portando lo spettatore spesso a provare forti emozioni, come spavento, tristezza, o felicità.
Oggi per spiegare meglio il forte legame tra musica e cinema voglio prendere come esempio, uno dei mie film preferiti “Colazione da Tiffany” diretto dal grande Blake Edwards e le sua straordinaria colonna sonora.
Tratto dall’omonimo romanzo del 1958 di Truman Capote. Sotto la coltre patinata di un danese e del tubino nero più famoso del mondo – quello di Givenchy – in Colazione da Tiffany giace un cupo sottotesto con cui trattare dell’incapacità dell’individuo di trovare il proprio posto nel mondo. Questo capolavoro cinematografico ripercorre la storia di Holly Golightly (Audrey Hepburn) una giovane di alto borgo che vive in un piccolo appartamento a New York in compagnia del suo amico Gatto. Frequenta l’alta società e feste esclusive con lo scopo di sposare un ricco milionario e vivere di rendita. Ha l’aria sempre frizzante e fuori dal mondo e vive pensando solo a come realizzare questo suo sogno. I suoi piani vengono però sconvolti quando conosce Paul (George Peppard) , giovane scrittore mantenuto dall’ amante che viene a vivere proprio qualche piano sopra il suo appartamento. I due all’ inizio si scontrano ma poi diventano amici e da subito scatta la scintilla. Trascorrono moltissimo tempo insieme e si scoprono innamorati ma Holly rifugge questo sentimento e decide di volare in Brasile per sposare un ricco miliardario che la sta aspettando. La scena finale in cui Paul la lascia nel taxi con l’anello e la proposta di matrimonio è di fama mondiale: Holly dopo aver abbandonato il gatto e Paul decide che non è questa la sua strada e insegue finalmente i suoi sentimenti dichiarando amore allo scrittore.
Colazione da Tiffany mostra una New York nel pieno del suo sviluppo economico e culturale alla fine degli anni ’50, ma anche i segni di un deterioramento sociale che sta affermando l’individualismo e la superficialità nelle relazioni come base della società americana. Il regista ha lo scopo di rappresentare la società dell’epoca con un misto di divertimento e malinconia, ironia e critica, attraverso uno stile tipico di molti suoi film. Per descrivere questo, fa ricorso ad una storia semplice, facendo leva sulla capacità interpretativa di due grandi del cinema come George Peppard e Audrey Hepburn.
Non c’è solo il glamour inColazione da Tiffany; o il tubino di Givenchy; la collana di perle della vetrina di Tiffany; c’è molto di più. La solitudine mista a paura; l’immagine che tradisce l’intimo; l’incapacità di lasciarsi andare e l’incomunicabilità umana. La solitudine più disperata che trova ristoro nell’amore e nell’accettazione di sé. Occorre andare oltre a una rischiosa generalizzazione che vuole la pellicola come una rappresentazione scenica di poco conto, perché oltre alle sequenze funzionali alla storia, messe in campo dal regista, oltre all’effimero apparire della figura di Holly, superficiale ed evanescente, c’è altro. C’è la dimensione affettiva, l’amore, quello autentico in grado di superare i molti ostacoli che spesso si frappongono fra le persone. Filo conduttore del film è la passione della protagonista per la celebre casa di gioielli Tiffany di New York. Essa racchiude tutta l’essenza della protagonista, che ha bisogno di un po’ di serenità d’animo che le viene garantita per il momento solo entrando nel famosissimo negozio dalle insegne turchesi. Una serenità che essa ricerca nella futilità delle cose, nel luccichio dei gioielli ma che la rendono sempre vuota e malinconica e in preda alle paturnie. Una serenità che guadagnerà solo una volta accettate le conseguenze dell’amore.
La colonna sonora di Colazione da Tiffany, vincitrice dell’Oscar nel 1962, venne interamente composta e da Henry Mancini. Prenderemo in considerazione il brano simbolo del film Moon River, ispirato proprio alla malinconia dell’attrice protagonista.
Nella scena che accompagna questa canzone, vediamo Paul che è intento a scrivere il suo romanzo e improvvisamente si cominciano a sentire le prime note della celebre canzone accennate con la chitarra.
Si tratta di una musica extradiegetica, di puro accompagnamento per la scena che ode solo lo spettatore, ma subito dopo sentiamo una voce femminile che intona il canto, ed è proprio la voce della Hepburn, infatti Mancini scrisse la canzone appositamente per lei, in modo che fosse adatta alla sua estensione vocale. A uno sguardo più attento notiamo poi che il protagonista cambia l’espressione del suo volto, diventa curioso perché anche lui come noi si sta rendendo conto che il canto proviene dall’esterno e infatti si alza per affacciarsi alla finestra e quando vede Holly con in mano la chitarra si ha la certezza che è proprio lei che sta suonando e cantando Moon River, la musica quindi è strettamente diegetica visto che lo spettatore ha chiaramente individuato la fonte sonora dalla quale proviene; essa in realtà è sempre stata diegetica in questa scena ma in un primo momento chi guarda non ha la certezza che sia così perché non sa se Paul, che sta scrivendo a macchina, sta ascoltando quella melodia così come lo stiamo facendo noi, il suo sguardo non ci permette di capirlo, lui è concentrato solo sulla scrittura quindi si vela di indifferenza, solo dopo qualche istante lo vedremo distratto dalla musica e dunque ci renderemo conto solo in quel momento che si tratta di musica diegetica, di una musica interna alla scena, che si muove dentro di essa, che proviene dalla chitarra e dalla delicata voce di Holly; proseguendo nella scena la melodia diventa poi più ricca, non è più accompagnata dalla semplice chitarra ma da altri strumenti di supporto che rendono la scena più sublime e donano una nota romantica allo scambio di sguardi tra i due protagonisti.