La missione delle Nazioni Unite in Mali è stata indetta nel 2013 per aiutare a stabilizzare il Paese che stava affrontando la violenza dei gruppi armati nel nord, già diffusa negli stati vicini.
Dopo diversi anni di sanguinosi conflitti, compreso un intervento militare francese, il governo del Mali e i ribelli guidati dai Tuareg hanno firmato un accordo di pace nel giugno 2015. Tuttavia, anche dopo questo accordo la situazione della sicurezza in Mali è rimasta instabile.
Secondo alcuni calcoli, già nell’ agosto 2016 la missione per il mantenimento della pace delle Nazioni Unite nella regione malese (MINUSMA) risultava la più mortale al mondo, con 110 vittime e 69 morti a causa di “atti dolosi”.
Il presidente malese, Ibrahim Boubacar Keita, venne rovesciato nell’agosto 2020 da ufficiali inaspriti per il fallimento nel respingere una rivolta armata che ha ucciso migliaia di vite e cacciato centinaia di migliaia di cittadini dalle loro case. I militari elessero un governo civile ad interim ed iniziarono a stringere legami più stretti con il Cremlino.
L’arrivo dei mercenari russi ha portato la Francia ad interrompere l’assistenza allo sviluppo del paese. Tra il 2013 e il 2017 la Francia ha donato 473 milioni di euro in aiuti a Bamako, attraverso l’Agenzia francese di Sviluppo (Afd).
Il portavoce del governo tedesco ha dichiarato che la Germania ritirerà le sue truppe dalla missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite in Mali entro maggio 2024. La scorsa settimana, anche il Regno Unito e la Costa d’Avorio hanno annunciato il loro ritiro da MINUSMA.
Dopo un anno di battute d’arresto politiche e di sicurezza, è chiaro che il mantenimento della pace da parte delle Nazioni Unite non può essere messo in atto senza l’impegno del governo maliano e dei gruppi ribelli.
MINUSMA dovrebbe facilitare la pace in un ambiente in cui le parti interessate, compreso il governo maliano, non appoggiano completamente l’accordo di pace.