In tempi tanto caotici, mentre dilaga ogni più cieca manifestazione di una bestialità fuori controllo, risulta sconfortante soprattutto il sentirsi costretti ad uno scenario in cui il pressapochismo e l’impreparazione sembrano non soccorsi da uno sforzo di più coerente logica dettata da onestà intellettuale, in direzione di prese di posizione e atti consequenziali da affrontarsi con lucida buona volontà. Così, poco o niente si appronta confusamente in concreto, come confusamente si incrociano opinioni che restano, fine a se stesse, nel tutto e il contrario di tutto; mentre si susseguono i frutti derivanti da ideologie di una “libertà” che non ha un unico colore, secondo una cronaca che non ne fornisce un unico intendimento; per cui, ogni occasione è colta o ricercata per darne la propria estrinsecazione nel più che drammatico scontro fra due civiltà, dall’apparenza quasi aliena l’una all’altra, così tanta è la differenza di modelli culturali che sembrano porre una distanza temporale quasi millenaria fra loro.
Forse, non era stata manifestazione di una intesa propria “libertà” di opinione, per quanto oltraggiosa, da parte dei Charly’s Abdò che un anno fà indirizzarono le loro “macchiette” umoristiche all’opposta ideologia religiosa musulmana? Forse, la strage contro quegli articolisti dissacratori non fu intesa come “libertà” di vendetta in linea con il credo musulmano più radicale, ritenuto anch’esso “libero” e improfanabile, in un Allah che non disdegna il bagno di sangue? Forse, non è stata intesa altrettanto come “libertà”, sia pure in senso inverso a quella pagata con la vita dai predecessori, la nuova “macchietta” di altri recenti Charly’s Abdò con la dissacrazione in direzione del Dio Uno e Trino? Forse, non è stata espressione di “libertà” che, nell’ambito del proprio convincimento religioso cristiano, la risposta all’offesa più o meno sentita sia stata la semplice recriminazione in linea con un modello di civiltà che non professa apertamente la violenza da cui, però, non è affatto esente? Forse, non è stata espressione di “libertà” l’investimento miliardario in “fashion” moda occhieggiante alla tendenza femminile musulmana del capo coperto, secondo chiara dedica delle passerelle di Dolce e Gabbana in omaggio alle immigrate e all’opportunità di un mercato di cui diventino prime fruitrici?
Di contro a tale nostra apertura, come considerare che non sia stata una manifestazione di intesa “libertà” anche il rifiuto dei musulmani cosiddetti moderati che, in conformità alla “chiusura” del loro millenario modello culturale, si sono rifiutati di sottoscrivere un documento di riconoscimento di parità fra uomo e donna? In realtà, ciò di cui non è lecito invocare una falsa forzatura di “libertà”, è il non volere vedere che la nostra “cultura”, per quanto imperfettamente basata su posizioni di avanzato modello di rispetto paritario fra i generi, è inconciliabile con una “cultura” esattamente agli antipodi per medioevalistiche concezioni di inferiorità e servitù della donna; il che falsa completamente ogni necessario relazionarsi.
Tanto hanno dimostrato non solo le stragi di Parigi ma gli stessi esempi di molestie sessuali che, sperimentati forse in misura meno pesante nella stessa Milano, si sono sommati in modo incontrollato e grave ad Helsinki Zurigo e Amburgo dopo lo scioccante Capodanno di Colonia in cui tante donne, che si presumono in numero ben maggiore delle 121 denuncianti, sono state fatto oggetto di oltraggi con prevaricazioni minacce palpeggiamenti e persino stupri (in un paio di casi) subiti dopo che le malcapitate erano state prese di mira circondate e isolate in mezzo alla folla impotente e impaurita dagli assalitori, di chiara “cultura” immigrata, resi forti dalla impreparazione o ignavia delle forze dell’ordine che, pure, erano dislocate non lontane dalle donne che, gravemente molestate, venivano anche derubate; mentre l’arroganza maschilista della masnada organizzata, non paga, stracciava permessi di soggiorno affermando che il giorno dopo ne avrebbe avuto un altro e, nel caso di un siriano, rivendicava il “diritto ad un trattamento da amico data l’ospitalità concessa dalla Merkel”.
In un tale conflitto di modelli culturali dovrebbe essere fin troppo chiaro che il limite all’ospitalità è stato ampiamente superato e bisogna porsi il problema di una maggiore preparazione collettiva al fenomeno, incontenibile in termini di insufficiente risposta di polizia nonostante questa sia l’unica percepibile dalla opinione pubblica, per la cui legittima aspettativa di tutela era stato almeno immesso il reato di clandestinità. Pertanto, bisognerebbe ripensare in termini di concretezza circa il grave pericolo della irreparabile perdita della nostra “libertà” culturale faticosamente sin qui conquistata; imponendosi un limite anche rispetto alle assurde proposte di allargare i siti di una accoglienza indiscriminata; altresì, allettando i privati che nei 400 euro, pro capite per immigrato ospitato, possano intravvedere un aiuto per le proprie difficoltà economiche. A questo punto, rendere edotte le menti all’insegna della ragionevolezza resta compito di una onesta non strisciante informazione che non sia dedita alla piaggeria perchè tutti siano accontentati nel fare sfoggio di un buonismo ad oltranza, soprattutto se sui soliti conti di un profitto su disgrazie di cui non si vuole vedere che potrebbero assumere apocalittica portata planetaria.
Bando, quindi, anche a certa informazione che non ha niente di reale approfondimento risultando nient’altro che un propinare, unicamente, un’accozzaglia di teorie prese qua e là come dalla confusione di una libreria che non si sia stati mai in grado di dividere per tematiche; derivandone solo una apparenza di erudizione che, magari con un passato di cimento solo con auditorio da scuola di grado inferiore, non abbia mai saputo maturare quella serrata linearità e consequenzialità nell’argomentare su un tema il cui titolo ne introduca una specificità che non potrebbe transigere, dall’inizio alla fine e sia pure con riferimenti strettamente pertinenti, in una omogenea coerente esposizione di valenza superiore, se non proprio aulica; alla cui carenza, quindi, non potrebbe apportare nulla, meno che risibile, l’altrettanto ambigua indicazione in cui, dell’articolista, sia fatta apparire una attuale provenienza da una Università da cui, magari, l’uscita definitiva risalga a più di quarant’anni prima. Da certa caotica “informazione” deriva un altalenante viatico poco chiaro per il lettore, che non può che sentirsene disturbato recependo solo il confuso dilagare di nozionismo del soggetto scrivente che abbia sfoggiato una esposizione dall’andazzo acrobatico, caratteristico del continuo salto della quaglia cui venga dato inopportuna allocazione in un minestrone condito con l’olio finale, quanto virtuale, dell’auspicio di buonismo e pietismo farisaicamente apparentemente accoglienti.