Andare, domani alle urne è un nostro diritto-dovere che bisognerebbe onorare, ma… Gentile signora Bindi, adoperare, a poche ore dal voto, il termine “impresentabile”, a parer nostro, significa commettere un grave “reato lessicale”. Viste le variegate possibilità che l’italiano possa offrirci, al massimo sarebbe stato meglio chiamarli “inopportuni“ o “invotabili”. Comunque resta il fatto che siano stati i partiti a “presentarli” autonomamente.
Nel rispetto della legge Severino, ricordarsi di screditare, alcuni candidati, a pochi giorni dal voto, applicando lo storico manuale Cencelli, è quanto di “meno nobile” potesse verificarsi. Non possiamo dimenticare che, fatte le giuste eccezioni, per decenni, le poltrone di Montecitorio, Palazzo Madama o gli scranni di diverse Regioni, sono stati occupati da indagati, imputati, prescritti e condannati. Roba da far invidia ad una qualsiasi casa circondariale o istituto di pena.
Per anni, alcuni pezzi da novanta, dei quali tutti conoscono nomi e cognomi, sono stati indagati, senza dilungarci troppo, di reati quali: finanziamento illecito ai partiti, dissipazione post-fallimentare, truffa, associazione a delinquere, falso in bilancio, abusivismo, cessione (gratuita) di marijuana, appropriazione indebita e ricettazione, millantato credito, resistenza a pubblico ufficiale, concorso in bancarotta fraudolenta e…chi più ne ha più ne metta.
Se ne deduce che tutti coloro i quali gestiscano un bel pacchetto voti che quasi sempre facciano comodo al proprio partito, potrebbero anche essere considerati ineleggibili, ma…in lista ci entravano lo stesso. Il Pricipe Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, più semplicemente Antonio De Curtis, in arte Totò, avrebbe detto: “basta con questa forma di perbenismo a scoppio ritardato”. A parer nostro, dovrebbero essere esclusivamente gli elettori a decidere se i candidati da eleggere abbiano ancora un pizzico di presentabilità o di onorabilità, termine oramai desueto nell’ambito dei partiti. Facciamo un esempio. Se ipoteticamente parlando, alle prossime elezioni politiche, potesse presentarsi un califfo dell’Isis, sono certo che nessun elettore penserebbe mai di votarlo. Dopo di che, lo stesso, se ne tornerebbe a casa con le pive nel sacco.
Ma, abbandoniamo questo discorso e “tiremm innanz” come disse il patriota Amatore Sciesa nel lontano 1851. Parliamo, piuttosto, del fututo destino del Senato Italiano. Tra poco più di un mese e più precisamente il 3 luglio p.v. dovrebbe essere depositato il testo che chiarirà la formazione del futuro Senato che dovrebbe insediarsi per le prime elezioni. Voci di corridoio e anticipazioni varie, dicono che lo stesso, si comporrà di 100 elementi così composti: 21 eletti fra i sindaci, 5 nominati dal Presidente della Repubblica e 74 scelti, non si sa bene da chi, fra i consiglieri regionali. Detti futuri senatori non sarebbero più eletti a suffragio diretto ma indicati dalle stesse assemblee regionali. Il nuovo Senato, pertanto, non rappresenterebbe più l’espressione del corpo elettorale ma l’espressione più becera della “casta politica”. Gli stessi nuovi senatori perderebbero di fatto il potere di dare fiducia, o meno, al governo ma si limiterebbero a esaminare ogni legge con l’unico scopo di rinviarla alla stessa Camera (qualora lo chiedesse un quinto dei componenti l’Assemblea).
Penso che questo sistema potrebbe creare ritardi più o meno pilotati. I futuri senatori, sia pur non eletti ma designati, parteciperebbero di diritto, non solo all’elezione del Presidente della Repubblica ma anche a quella dei giudici costituzionali e dei membri laici del Consiglio Superiore della magistratura. Se vi pare poco!
Tutto ciò (almeno così si dice) senza alcuna retribuzione (credo che i rimborsi spese e altri benefit di difficile quantificazione appariranno all’ultimo momento) ma godranno, essenzialmente dell’ immunità Parlamentare. E qui casca l’asino.In questo modo il Senato diventerebbe una sorta di “conferenza Stato-Regioni” consegnando di fatto alle sedi Regionali un potere ostruzionistico pur garantendo agli stessi designati la tanto agognata immunità. Questa storia non convince ne noi e nemmeno buona parte degli Italiani da noi interpellati.
Ai posteri l’ardua sentenza.