
Quando, qualche anno fa, cominciai questa mia rubrica settimanale, la condirettrice Antonella Giordano, nella sua presentazione accennò anche ad incontri di fantasia.
Ne racconto uno, il primo, questa settimana.
Ho immaginato di averlo con Oscar Wilde e non ho alcuna motivazione fondamentale per questa scelta, se non che alcune sue considerazioni acute e intrise di humour inglese, mi hanno spinto a riflettere.

- Lei è stato spesso sarcastico nei confronti della società e di persone che avevano un ruolo preminente. Mi è sempre sembrato quasi rassegnato di fronte alla realtà, come se fosse inutile combattere per migliorarla. È così?
Una cartina del mondo che non contenga Utopia non è degna neppure di uno sguardo, perché tralascia il paese nel quale l’umanità continua ad approdare.
E, quando vi approda, l’umanità si guarda intorno, vede un paese migliore e issa nuovamente le vele. Il progresso è la realizzazione di Utopia.
Viviamo in un’epoca in cui la gente, così occupata a produrre, si è dimenticata di diventare intelligente.
- E lei sulla stupidità si è espresso più volte con parole taglienti…
Vuole che gliene ricordi qualcuna?
Mai discutere con un idiota.
Ti trascina al suo livello e poi ti batte con l’esperienza.
Oppure
A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio.
Ah, mio caro, gli sciocchi hanno la sorte migliore in questo mondo…
L’inghilterra ha dato una sola cosa: ha inventato la pubblica opinione, che rappresenta un tentativo di organizzare l’ignoranza della comunità, e di elevarla alla dignità di forza fisica.
Ma la Saggezza le è sempre tenuta nascosta
- Eh si, pressappoco ciò che oggi i social rappresentano... Ma Lei non sbaglia mai? Si sente superiore a questa melassa di ignoranza?
Una volta dissi che c’era tanto dolore in uno stretto vicolo londinese quanto bastava a dimostrare che Dio non ama l’uomo, e che, dovunque esistesse qualche dolore, anche quello di un bimbo in qualche giardinetto intento a piangere per una colpa che ha o non ha commesso, l’intera faccia della creazione ne veniva completamente rovinata.
Non avrei potuto sbagliarmi di più.
Ora mi pare che l’amore sia l’unica possibile spiegazione alla straordinaria mole di dolore che esiste al mondo.
Cristo fu il primo a concepire come una sola unità le razze divise.
Egli solo capì che sui sentieri della vita non c’erano altri all’infuori di Dio e dell’Uomo.
Più di chiunque altro nella storia risveglia in noi quel senso di meraviglia a cui la fantasia sempre si appella.
Chiunque si accosti a Lui scopre che in qualche modo la bruttura dei propri peccati è tolta, e rivelata la bellezza del dolore.
Naturalmente egli ha pietà dei poveri, degli umili, dei miseri.
Ma maggior pietà egli sente per i ricchi, per gli incalliti edonisti, per coloro che disperdono la loro libertà facendosi schiavi delle cose, per coloro che indossano panni delicati e abitano in case da re.
Il piacere e la ricchezza gli apparivano tragedie ben più grandi del dolore e della povertà.
Nel suo incitamento al giovane “Vendi tutto ciò che possiedi e donalo al povero” egli non pensa alla condizione del povero, ma all’anima del giovane ricco, quell’anima bella che la ricchezza stava inaridendo.
Egli insegnò come non esistano differenze tra la vita altrui e la propria.
Dalla sua venuta la storia di ogni singolo individuo è, o può diventare, la storia del mondo.
Con prodigiosa altezza di immaginazione che quasi ci colma di sacro timore fece del mondo dell’inarticolato, del mondo senza voce del dolore il suo regno e si prestò eternamente ad esprimerlo.
Si fece grido sulle labbra di coloro la cui lingua era stata mozzata.
Dalla bottega del falegname di Nazareth uscì una personalità infinitamente più grande di tutte le altre create dai miti e dalle leggende.
Possiede l’intera tavolozza dei colori della vita.
Per lui l’amore era sovrano nel più completo significato del termine.
La sua morale è tutta comprensione, proprio come dovrebbe essere la morale.
Non sopportava gli sciocchi, specialmente quelli resi tali dall’istruzione: gente con la testa piena di concetti, che sono loro incomprensibili.
Questi tipi si riassumono nelle parole di Cristo quando ci dà l’esempio di chi, possedendo le chiavi della conoscenza, non sa usarle e non permette neppure agli altri di farlo, sebbene siano state forgiate per aprire le porte del Regno.
Guardava alla ricchezza come ad un impaccio per l’uomo.
Era sordo all’idea che si potesse sacrificare l’esistenza ad un sistema di pensiero o di morale.
Mise in risalto che le forme e le cerimonie erano fatte per l’uomo, non l’uomo per esse.
Con il semplice fatto di essere condotto in sua presenza, si diventa qualcosa.

- Caro Wilde, è per puro caso che ho inaugurato questi incontri fantastici con Lei. Pensi che avevo pensato proprio di cominciarli parlando con il Cristo, ma mi era sembrato un po’ presuntuosa l’idea. Ma il caso ha voluto che Egli ci sia stato ugualmente in questo articolo. Grazie.
Il caso?
Non mi costringa a pentirmi di averLa incontrata e averLe concesso un’intervista.
(Le parole di Wilde sono fedelmente riprese da suoi scritti e dichiarazioni, nda)