“Per abbattere il debito serve uno sforzo importante ma anche continuativo”. Così il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan al festival ’Economia Come’, organizzato da Invitalia.
“Nei prossimi anni, non mi azzardo a indicare cifre, ma andremo a muoverci sotto il 130% del pil” e “da quel momento in poi potrebbe decelerare rapidamente sotto il 120% del pil”, continua il ministro parlando del debito pubblico italiano. “Non mi azzardo a dire cifre ma nei prossimi due anni ci sarà una “decisa discesa del debito, se l’inflazione non ci fa brutti scherzi e se il pil continuerà a crescere”.
“Ci aspettiamo che il debito diminuisca nel 2017, sicuramente diminuisce nel 2018”, aggiunge Padoan, soffermandosi sugli effetti dell’andamento dell’inflazione sullo stock del debito. “L’inflazione arriverà prima o poi: se fosse appena sotto il 2%, il debito scenderebbe a velocità importante e più visibile“.
Tornando sulle dichiarazione dei giorni scorsi del vice presidente della Commissione Ue, Jyrki Katainen, Padoan ha poi commentato: “Di quello che ha detto Katainen non mi è piaciuta l’esortazione al governo a non mentire: questo è intollerabile“. “L’aggiustamento strutturale di questa legge di bilancio è quello condiviso con la Commissione, al netto delle differenze di misurazione”, ha detto Padoan, aggiungendo che “il governo italiano è tranquillo di essere in linea” con quanto condiviso.
L’epistolario tra il governo italiano e la Commissione è sempre molto ricco di questioni tecniche “tra le quali anche un altro tormentone del calcolo del prodotto potenziale”, ha detto Padoan, spiegando che “non esiste un metodo di stima ideale” ma quello condiviso nell’Ue “danneggia l’Italia e avvantaggia altri paesi”.
“Mi aspetto, quando arriverà la lettera Ue” sulla manovra che faccia “riferimento a questo: ne parleremo con la Commissione e vedremo di trovare condivisione”, sottolinea.
“Questa legge di bilancio ha risorse limitate ma priorità chiare“, aggiunge osservando che la “prossima legislatura inizia con un quadro macro migliore e quindi ha una buona base per una strategia che – dovessi suggerire io- e’ la continuazione e l’implementazione delle riforme strutturali”.
Padoan interviene poi sulla gestione delle crisi bancarie da parte del governo: “All’estero qualcuno fa ancora battute, ma l’Italia non ha avuto nessun regalo, ha usato in maniera rigorosa un sistema di regole“. “Lo smaltimento delle sofferenze sta avvenendo in gran parte grazie a meccanismi di mercato, e questo significa che il sistema bancario si sta riprendendo”, ha aggiunto.
Pensioni, stop età anche per quelle di anzianità
Incontro e proposte tra governo e sindacati a Palazzo Chigi per trovare un accordo sull’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita. Terminato il confronto di oggi e in attesa degli approfondimenti, a quanto si apprende, il prossimo tavolo è stato convocato per martedì mattina alle 9:30.
APE SOCIALE – Il Governo avrebbe proposto ai sindacati l’istituzione, attraverso una norma, di un fondo con potenziali risparmi di spesa per consentire la proroga e la messa in regime dell’Ape sociale, al termine del periodo di sperimentazione.
67 ANNI – L’esecutivo avrebbe poi deciso di arricchire il pacchetto di provvedimenti proposto la settimana scorsa con altre misure di un certo peso e, in particolare, l’estensione dell’esenzione per le 15 categorie – escluse dall’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, che dovrebbe scattare nel 2019 – anche alle pensioni di anzianità e non solo per quelle di vecchiaia, avrebbe detto il presidente del Consiglio, secondo quanto riferiscono fonti presenti all’incontro.
LA CARTELLA – L’esecutivo ha quindi consegnato ai sindacati un documento di tre cartelle con le proposte aggiornate sull’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita.
IL TAVOLO – Presenti al tavolo i ministri dell’Economia, del Lavoro e della Pa, Pier Carlo Padoan, Giuliano Poletti e Marianna Madia. “Il governo ritiene di aver fatto importanti sforzi e accoglie con rammarico il fatto che i sindacati abbiano opinioni diverse sulla bontà del pacchetto: la Cisl ha espresso una posizione di condivisione importante, la Cgil una posizione di segno opposto e una posizione intermedia dalla Uil” ha detto Padoan.
CAMUSSO – “Dal punto di vista degli impegni assunti dal governo nel settembre 2016 rispetto alla fase due, le distanze mi paiono evidenti” ha detto Susanna Camusso. “Il governo non dimostra nessuna disponibilità” su quello che avevamo chiesto. C’è “un quadro di grande distanza rispetto agli impegni presi”. E “la nostra valutazione di grande insufficienza viene confermata, siamo davanti a un quadro che non risponde alle nostre richieste”. “Il governo non dimostra nessuna disponibilità” su quello che avevamo chiesto. C’è “un quadro di grande distanza rispetto agli impegni presi”. “La nostra valutazione di grande insufficienza viene confermata, siamo davanti a un quadro che non risponde alle nostre richieste”.
FURLAN – La Cisl dà “un giudizio positivo del lavoro fatto che trova accoglimento in alcune importanti proposte”. E’ quanto ha detto il leader della Cisl Annamaria Furlan al termine dell’incontro con il governo sulle pensioni, anche se ha aggiunto “servono chiarimenti e correzioni”.
Fisco, nei contenziosi l’erario vince 4-3
Negli esiti riferiti ai contenziosi fiscali registrati in tutte le Commissioni tributarie provinciali del paese, nel 45% dei casi definiti nel 2016 ha avuto ragione il fisco, nel 31,5% invece, ha vinto il contribuente. L’11,8% si è risolto con un giudizio intermedio, l’1% con un condono e il 10,7% con un condono o con altri esiti. Lo scarto aumenta quando il risultato è riferito al valore economico del giudizio: sempre nel 2016, gli importi delle sentenze a favore del fisco sono stati pari al 48,1%, mentre la percentuale di vittoria ad appannaggio del contribuente si è fermata al 23,4%. Anche in Commissione tributaria regionale si registrano più o meno gli stessi differenziali sempre a vantaggio degli uffici del fisco. A rilevarlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Insomma, per dirla con gergo calcistico: erario batte contribuente 4-3. Del resto, si deve considerare che far valere le proprie ragioni nei confronti del fisco, ricorrendo alla giustizia tributaria ha un costo, non solo in termini di tempo, ma anche di denaro – osserva la Cgia – le cifre che si deve sobbarcare il contribuente variano di molto in relazione alla complessità e al valore della pratica e sono dell’ordine delle migliaia di euro.
Inoltre, va considerato che il ricorso non evita il versamento, anche se parziale, di quanto richiesto dal fisco: ad esempio a fronte di un avviso di accertamento è prevista la riscossione di 1/3 delle imposte contestate, mentre prima di ricorrere in secondo grado (in caso di sentenza avversa al contribuente in primo grado) si deve versare 2/3 degli importi dovuti a titolo di imposta ed interessi (al netto di quanto già versato). Se a ciò si aggiunge che il tempo medio della giustizia tributaria è di circa 2 anni e 2 mesi per ognuno dei due gradi del giudizio, si comprende come per importi “piccoli” al contribuente convenga pagare piuttosto che ricorrere.