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PAKISTAN

Scoperto nel 1922 è un vero e proprio enigma il sito di Mohenjo Daro. Vecchio di almeno quattro mila anni, si trova nella regione del Sindh. Le rovine mostrano tracce analoghe a quelle di un’esplosione nucleare.

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La città sembra essere stata abbandonata improvvisamente nel II millennio a. C. Mohenjo Dario, letteralmente il “il monte dei morti”, era tra i più grandi insediamenti della Civiltà della Valle dell’Indo, che si estendeva per oltre un milione di chilometri quadrati tra l’odierno Pakistan, l’Afghanistan e l’India. Dai ritrovamenti è stato possibile intuire il grado di civiltà molto avanzato, la città, infatti, era dotata già di servizi igienici in ogni casa, parliamo di gabinetti e relativi sciacquoni, distribuzione di acqua potabile e strade pavimentate. Praticamente ci troviamo dinnanzi agli ideatori degli attuali wc, rubinetti, docce, scaldabagni e tubature. Inoltre i reperti indicano anche l’uso della scrittura, uno dei sistemi più antichi nato in modo indipendente da una fusione di simboli e forme, non ancora decifrato e terribilmente simile a quella rinvenuta sull’Isola di Pasqua. Alcuni sigilli intagliati sottintendono un sistema di riscossione delle entrate, mentre il ritrovamento di pezzi simili a quelli degli scacchi rivelano la complessità intellettuale dei giochi amati dalla popolazione.

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Portata alla luce dall’ archeologo indiano Rakhaldas Bandyopadhyay presenta un impianto urbanistico davvero complicato; gli ingegneri in effetti, non riescono a capire come una civiltà dell’età del Bronzo abbia potuto possedere infrastrutture così raffinate. Secondo le stime dei ricercatori, al massimo del suo splendore, la città raccoglieva circa 70 mila abitanti, una vera metropoli per l’epoca; anche se poi gli archeologi hanno rinvenuto solo 44 scheletri di uomini, donne e bambini distesi al suolo, come se avessero subito una morte improvvisa. Nel sito non sono state ritrovate armi, e, comunque, nessuno dei corpi presentava lesioni prodotte da strumenti di guerra.

Studi recenti aprono nuovi scenari davvero interessanti e allo stesso tempo terribili, pare infatti, che la maggior parte degli scheletri presentasse tracce di carbonizzazione e calcinazione come se fossero stati esposti ad una intensa fonte di calore. Inoltre, i mattoni trovati tra le rovine della città denotano segni di fusione da temperature estreme; fenomeni di vetrificazione sono stati individuati su campioni di roccia, vasellame e monili, effetti simili a quelli registrati dopo un’esplosione nucleare. Per questo motivo il sito è stato ribattezzato Hiroshima dell’Antichità.

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Su un antico manoscritto Indù chiamato Mahabharata si parla di “un fumo bianco caldo, mille volte più luminoso del cielo ridusse la città in cenere, l’ acqua bolliva, animali e persone furono bruciati. Uno spettacolo terribile”. Una vera e propria carneficina, le cui conseguenze sono giunte fino a noi, infatti è stata ritrovata un’intera famiglia, scheletri di padre, madre e figlio appiattiti al suolo che si tenevano ancora per mano. In questo testo antico come anche in un altro: Ramayana, le traduzioni, se fedeli, ci tramandano di antichi velivoli detti “Vimana” capaci di volare più veloci del suono e mossi da motori alimentati a mercurio; aerei monoposto da caccia ma anche carri del cielo volanti alti due piani con molte finestre, palazzi “che correvano su nei cieli a somiglianza delle comete”.

Naturalmente le speculazioni fatte sono suggestive e decisamente soprendenti: chi ha distrutto questa civiltà così avanzata? una bomba atomica o uno scontro fra extraterrestri?

Data:

28 Febbraio 2021