My name is Mohamed Alkhateb, and I was born and raised in Palmyra. I went to university in Homs, but when noises started to be made about a revolutionary movement, I knew I had to return to my home city.
At the beginning of the Revolution, my friends and I established what we called the “Palmyra Coordination” – essentially a group to coordinate and lead peaceful demonstrations calling for freedom. But the situation quickly spiralled out of control. Security forces within the city were unable to control the escalating revolution or withstand the flood of demonstrations. Tens of protesters were killed during their efforts.
After months of protests, the Assad regime sent a huge deployment of about 50 tanks and 3000 soldiers to take control of the city. After Palmyra was stormed by the SAA [Syrian Arab Army], some friends and I knew we had to flee.
After six days, however, we were captured by a group of around 30 SAA soldiers in the surrounding countryside and detained.
Needless to say, we were badly treated by these soldiers. They slapped us and beat us, and then marched us to a security branch in Palmyra to begin our interrogation. Worse was to come.
During the interrogation, we witnessed all kinds of violence; perhaps the greatest irony of all is that we were accused of participating in demonstrations and protests which had only ever been peaceful.
The interrogation didn’t end there. I was sent to what is known as Security Branch No. 291 in Damascus, where I witnessed a myriad of torture methods. It seemed like an inescapable situation. But after seven months, incredibly, the regime released me.
When I arrived back in Palmyra, everything had changed. I felt unable to remain in the city, and permanently unsafe; it was impossible to know when or whether I’d be imprisoned by the regime again. Ultimately I made the decision to leave the city, and travel with people-smugglers to Turkey.
Isis launched their assault on Palmyra in May 2015, after I had left, and I was heartbroken. I knew this would result in more tyranny and more injustice towards my own people. Predictably, once they had moved in, the group began to apply its stringent policies. Simply put, under Isis, everything is forbidden. Anyone who violates their arbitary rules is either punished severely or killed.
It is hard to live under the control of Isis, and it became harder when Assad started to bombard the city. Because Assad claims that he bombs Isis, but in actuality most of his victims are civilians. After months of bombardment, most of Palmyra’s population had fled to the north and east of Syria. According to the Syrian Observatory, there were less than 100 civilians left in the city when it was retaken from Isis.
Even now that Palmyra has been supposedly liberated by Assad’s soldiers, there’s little hope for those displaced civilians to return to their homes; they’re too afraid of Assad’s forces and the militias linked with him. Many have expressed their fear that the Assad-linked vigilante groups will suspect them of having collaborated with Isis, and punish them accordingly – as they have done elsewhere in the country. Assad claims he launched this campaign to protect Syrians and liberate the World Heritage Sites from Isis, but his bombs have destroyed as much of the city and its precious ruins as Isis did.
We, the people of Palmyra, consider both Isis and Assad to be criminals. Both commit crimes against humanity, kill innocent people and destroy cities and historical relics. Both displace hundreds of thousands of innocent citizens through their actions. Both detain, torture and kill political activists like me. Palmyra has not been liberated. It has just been transferred from one tyranny to another. Our message to the West and to the international community is this: don’t act as though you are blind to Assad’s crimes. As you penalise Isis, you must penalise Assad’s regime in equal measure. He is the essence of the problem in Syria – and both him and Isis are the enemies of normal Syrian people.
Io sono di Palmyra e, posso dire, che il regime di Assad non è migliore dell’Isis.
Palmyra non è stata liberata. È stata appena trasferita da una tirannia all’altra.
Il mio nome è Mohamed Alkhateb, e sono nato e cresciuto a Palmyra. Sono andato all’università di Homs, ma quando i rumori hanno cominciato a trasformarsi in un movimento rivoluzionario, ho capito che dovevo tornare a casa nella mia città. All’inizio della rivoluzione, con i miei amici abbiamo stabilito quello che abbiamo chiamato “il Coordinamento di Palmyra ” – essenzialmente un gruppo per coordinare e condurre manifestazioni pacifiche che chiedevano libertà. Ma la situazione è rapidamente stata fuori controllo. Le forze di sicurezza all’interno della città non sono state in grado di controllare la rivoluzione crescente o sopportare il flusso di manifestazioni. Decine di manifestanti sono stati uccisi durante le loro proteste.
Dopo mesi di proteste, il regime di Assad ha inviato un enorme dispiegamento di circa 50 carri armati e 3.000 soldati per prendere il controllo della città. Dopo Palmyra è stato preso d’assalto dal SAA [esercito siriano arabo], alcuni amici e io sapevamo che dovevamo fuggire. Dopo sei giorni, tuttavia, sono stati catturati da un gruppo di circa 30 soldati del SAA nella campagna circostante e imprigionati.
Inutile dire che questi soldati ci hanno maltrattato. Ci hanno schiaffeggiato e picchiato, e poi ci hanno condotto verso un posto di sicurezza a Palmyra per iniziare a interrogarci. Il peggio doveva ancora venire. Durante l’interrogatorio, abbiamo assistito a tutti i tipi di violenza; forse la più grande ironia di tutto ciò è che siamo stati accusati di aver partecipato a manifestazioni e proteste che erano sempre e solo state pacifiche. L’interrogatorio non è finito lì. Sono stato inviato a ciò che è noto come Security Branch No. 291 a Damasco, dove ho assistito a una miriade di metodi di tortura. Sembrava una situazione irreversibile. Ma dopo sette mesi, incredibilmente, il regime mi ha rilasciato. Quando sono tornato a Palmyra, tutto era cambiato. Mi sono sentito in grado di poter rimanere in città, in un modo di permanente insicurezza; era impossibile sapere quando o se sarei stato nuovamente imprigionato dal regime. In definitiva ho preso la decisione di lasciare la città, e viaggiare in Turchia con l’aiuto di contrabbandieri. L’Isis ha lanciato il suo assalto a Palmyra nel maggio 2015, dopo che ero partito con il cuore spezzato. Sapevo che questo si sarebbe tradotto nella più alta tirannia e ingiustizia verso la mia gente. Com’era prevedibile, una volta che si sono trasferiti, i militari hanno iniziato ad applicare le loro politiche rigorose. In poche parole, sotto l’Isis, tutto è stato proibito. Chiunque violava le regole arbitrari è punito severamente o ucciso. E’ difficile vivere sotto il controllo dell’Isis, ed è diventato più difficile quando Assad ha iniziato a bombardare la città. Perché Assad accusa le bombe dell’Isis, ma in realtà la maggior parte delle sue vittime sono civili. Dopo mesi di bombardamenti, la maggior parte della popolazione di Palmyra era fuggita a nord e ad est della Siria. Secondo l’Osservatorio siriano, c’erano meno di 100 civili che hanno lasciato la città quando è stata occupata dalle truppe dell’Isis. Anche ora che Palmyra è stata presumibilmente liberata dai soldati di Assad, c’è poca speranza per i civili sfollati di tornare nelle loro case; hanno troppo paura delle forze di Assad e delle milizie collegate a lui. Molti hanno espresso il loro timore che i gruppi di vigilantes di Assad, sospettati di aver collaborato con l’Isis, siano puniti di conseguenza – come hanno fatto nel resto del paese. Assad sostiene di aver lanciato questa campagna per proteggere i siriani e liberare i siti del patrimonio mondiale dall’Isis, ma le sue bombe hanno distrutto gran parte della città e dei suoi preziosi resti come hanno fatto quelle dell’Isis. Noi, popolo di Palmyra, consideriamo sia l’Isis che Assad come criminali. Entrambi hanno commesso crimini contro l’umanità, hanno ucciso persone innocenti e distrutto città e cimeli storici. Entrambi hanno provocato lo spostamento di centinaia di migliaia di cittadini innocenti a causa delle loro azioni. Entrambi hanno picchiato, torturato e ucciso gli attivisti politici come me. Palmyra non è stata liberata. È stata appena trasferita da una tirannia ad un’altra. Il nostro messaggio per l’Occidente e per la comunità internazionale è questo: “Non agite come se foste ciechi ai crimini di Assad. Come penalizzate l’Isis, è necessario penalizzare il regime di Assad in egual misura. Egli è l’essenza del problema in Siria – e sia lui che l’Isis sono i nemici del popolo siriano”.
(Tradotto dall’articolo I’m from Palmyra, and can tell you – the Assad regime is no better than Isis scritto da Mohamed Alkhateb pubblicato su independent.co.uk venerdì 1 aprile 2016)