La morsa del virus ancora ci attanaglia ma la stagione della vacanza è alle porte e sembra quasi che l’epidemia funzioni a orologeria e non sia, invece, l’epilogo di scelte sbagliate.
L’ora della vacanza sta per scoccare e, da maggio ad agosto, del virus non si vuol sentir parlare. Come per lo scorso anno tornano a farla da padroni la voglia di movida, gli incontri in spiaggia, al ristorante e in discoteca, le partenze frenetiche, le piscine aperte. Ma non per tutti. Per quelli che il lavoro lo hanno perso l’orologio della vacanza, ahimè, si è fermato. Cosi come per i morti che continuano ad esserci dato che le cronache ne contano oggi più di 200 al giorno. Ma di questi morti a chi interessa? Soprattutto a chi è stato toccato da vicino, agli addetti ai lavori e ai cronisti che seguono le vicende della pandemia in tutto il mondo spesso guardati con diffidenza. Per gli altri ci si divide tra chi crede e chi avanza dubbi, perplessità e formula congetture. Come se fosse una opinione e non un fatto che ha coinvolto il mondo. E questo perché? Perché quelli maggiormente colpiti dal virus sono gli anziani, i più fragili e i più deboli ed è giunto il momento che si tolgano dai piedi. “La vita sua se l’è fatta” – urla a gran voce qualcuno – “è ora che crepi”. Come se non arrivasse anche per questi Soloni la stagione della terza età. In questo periodo, come già avvenuto lo scorso anno, le regole è come se non esistessero o non valessero più. Così facendo aumentano gli assembramenti, le folle accalcate e con essi le occasioni di contagio. C’è chi suggerisce di usare il cervello, andare per gradi e non far parlare soltanto la pancia che, per alcuni, è davvero vuota. Sembra quasi che la pandemia funzioni a orologeria e non fosse, invece, l’epilogo di scelte sbagliate, di un modo di intendere l’ambiente per nulla incline a difenderlo.
Le giuste lagnanze e un’altra occasione perduta
La verità è che in Italia le regole esistono, da sempre e in ogni settore, ma si rispettano poco e chi lo fa passa per idiota o per poco furbo. Molti si lamentano e reclamano a gran voce la propria libertà. Ma di quale libertà stiamo parlando? Quella di farsi gli affari propri, noncuranti del fatto che la salute di ognuno dipende da quella dell’altro, il prossimo, il vicino della porta accanto? Alcuni sostengono che il virus non esiste o che è una semplice influenza mentre, per chi il virus lo ha preso davvero e si è sottoposto al vaccino, gli effetti sono nulla se paragonati a quelli del Covid. Forse varrebbe la pena di riflettere prima di dare fiato alle trombe e vedere ciò che avviene in altri Stati non troppo lontani da noi. Chi è stato davvero privato della libertà? Soltanto quelli che il lavoro lo hanno perduto. Si lamentano, a ragion veduta, le categorie rimaste a lungo chiuse. Altre categorie, rimaste aperte sempre, si accodano anche loro alle lamentele per non essere da meno. Il pianto, si sa, in Italia, frutta sempre. E gli scontrini e le ricevute fiscali? Se ne vedono sempre meno in giro, pare che siano gli unici rimasti a fare il lockdown. Insieme agli anziani. Intanto come per incanto, il traffico di auto è tornato quello di prima, la gente è sempre meno disposta ad ascoltare, le strade sono tornate super-trafficate, lo smog sempre più soffocante. E c’è chi teme che il ritorno alla normalità possa favorire le varianti, e, con queste, nuovi lockdown con tutti gli effetti: file ai supermercati, chiusure di vari esercizi, strade vuote, niente auto, bus e metro a singhiozzo. Per non dire altro.
Il virus fa paura, ma non a tutti. Anzi
In tutto questo bailamme non mancano i complottisti, quelli che sono più intimoriti dal vaccino e quasi per niente dal virus. C’è chi si rifiuta di farlo per gli effetti che provoca, senza sapere che non è un prosciutto o un formaggio, dicono che fa male, ti porta via l’anima, è un microchip, e c’è chi aspetta, come le iene, che gli altri lo facciano per vedere l’effetto che fa così da lucrare sulla cosiddetta immunità di gregge. Spesso sono i primi a imbottirsi di antinfiammatori o antibiotici se colpiti da una lombalgia o da qualche linea di febbre senza riflettere sugli effetti riportati all’interno del bugiardino farmaceutico tra i quali campeggiano ictus, shock anafilattici, epilessie, paralisi vocali. Basta star bene subito e riprendere a rompere le scatole in giro o a scrivere sul gueb, come dicono alcuni, a riempire di luoghi comuni e frasi fatte, per nulla coordinate nei tempi e nei modi, i social. Internet, come diceva qualcuno che di cervello e cultura ne aveva, ha finito per dare spazio agli ubriaconi della rete, agli odiatori seriali, che, se non la pensi come loro, ti riempiono di insulti, improperi e minacciano di farti fuori. E mentre questi mitici leoni della tastiera, ignoranti come zappe, copiano e incollano, senza verificare e riflettere, teorie strampalate, i marpioni del web li riempiono di patacche, gli rubano i profili e se li rivendono a fior di milioni di euro. E loro stanno lì come ebeti, a bocca asciutta e continuano a piegarsi in modo servile alle regole, sbagliate, della rete. Sono gli stessi che discettano sui medici, accusandoli di essere sfigati, menagrami, superpagati, di avere idee diverse, di confonderle ai più senza comprendere che il progresso della scienza dipende proprio dal confronto su idee diverse e dalla verifica. Questa varia Umanità, non tutta per fortuna, lascia perplessi. E la storia ancora una volta non ci ha insegnato nulla. A conti fatti la pandemia sembra fare il paio con la panfollia.