Paolo Ferrari e Valeria Valeri sono stati due pilastri del teatro e della televisione italiana.
E hanno fatto anche un bel pò di film.
Li avevo conosciuti separatamente tanti anni fa e li ho rivisti (e vissuti) insieme quando lui aveva 86 anni e lei 94 e recitarono l’ultima volta insieme in “Love letters”.
Ospitai lo spettacolo per 3 giorni nel teatro che dirigevo e trascorremmo insieme molto tempo anche fuori, accompagnandoli al ristorante per i pranzi e le cene e poi in albergo.
2 ore in scena, recitando seduti dietro due scrivanie: in questo consisteva la piece.
Una performance che possono sostenere solo attori dotati di grande carisma e abilità.
Se poi si riesce a non recitare, come facevano loro, ed essere con naturalezza i due personaggi che interpretavano, è ovvio che il pubblico viaggia su un percorso di mille emozioni diverse e le esprime palesemente molte volte durante la rappresentazione.
Io, seduto in platea, godevo di questo spettacolo corale, di quegli ultimi sublimi regali di quella coppia longeva, anagraficamente e artisticamente.
La gente che veniva a vederli li accoglieva e poi li salutava con applausi carichi anche della gratitudine per aver ricevuto tanto dalla loro storia professionale.
Ma il piacere non finiva li; sapevo e pregustavo il “terzo atto” tutto per me al ristorante, dove si arrivava verso mezzanotte e mezza.
Il solito ristoratore, che eroicamente mi aspettava in quegli orari con le varie compagnie che si succedevano, li accolse allo stesso modo in cui li vedevo essere trattati dalle persone che li avvicinavano: quasi con venerazione.
Incredibilmente la più vivace era Valeria che, “rimproverata” varie volte da Paolo di non moderarsi nel mangiare e bere, gli ricordava che non si stava rendendo conto di diventare vecchio.
E citava i molti brontolii del compagno durante i viaggi in auto.
Un elemento che mi sorprendeva, conversando con loro, era il fatto che, provavo si l’emozione di avere accanto due giganti, ma al tempo stesso mi sembrava di stare con due nonnetti che dedicavano del tempo al loro nipotino.
Il loro atteggiamento non era presuntuoso ma affettuoso.
Tra le numerose schermaglie, riuscivo anche a porre domande e ad avere informazioni.
Scoprii, per esempio, che Paolo aveva cominciato a recitare da bambino e quindi il suo mondo era stato sempre quello dello spettacolo, spaziando tra radio, televisione, teatro e cinema.
La maggior parte dei grandi attori italiani del ‘900 erano stati suoi colleghi, all’inizio della loro carriera.
Era affascinante sentirlo parlare di chiunque in base alle esperienze lavorative e di amicizia che nella sua lunga carriera aveva avuto.
Ero curioso di sapere come aveva vissuto l’esperienza da testimonial di un detersivo, che aveva avuto per lunghi anni e che lo aveva reso popolarissimo; se quella scelta lo aveva danneggiato.
Mi rispose: “io non ho mai smesso di lavorare, quindi la mia immagine accostata ad un detersivo non mi ha danneggiato, anzi mi ha reso familiare agli italiani.
E il loro enorme affetto mi ha accompagnato per tutta la vita.”
Valeria ha vissuto una storia parallela, con gli stessi ingredienti: aver recitato accanto a tutti i protagonisti della storia dello spettacolo.
Ma ha preferito spesso il teatro, per cui, agli inizi, rinunciò addirittura a fare l’annunciatrice dopo aver vinto un concorso della Rai.
Lei e Paolo hanno fatto coppia fissa per decenni in palcoscenico e la simbiosi che ne è scaturita è evidente sia in teatro e sia nel resto della giornata.
Entrambi, fino all’ultimo momento, hanno fatto il mestiere che amavano.
Come quando avevo attori anziani, speravo che la cena si concludesse al più presto e che si andasse quindi a dormire al più presto.
Ma anche quella volta (e quelle volte) ero io a capitolare per la stanchezza, cercando scuse per riportare in albergo quei due ragazzacci che si comportavano come se allora stesse cominciando una nuova giornata.
(foto di proprietà dell’autore)