Papa Francesco ha dischiuso nuovi orizzonti ad una Chiesa sempre più bisognosa di adempiere al suo più importante impegno, quello di porsi alla guida della società secondo i dettami cristiani. La corruzione e la decadenza dei costumi, però, hanno intaccato persino la più nobile delle istituzioni, luogo dove non è consentito tradire la propria coscienza.
Il 13 marzo si è chiuso il quinto anno di pontificato del Papa, periodo nel quale abbiamo visto all’opera un uomo che ha agito in tutta la sua integrità umana, con tatto e discernimento, che non ha seguito programmi, ma che ha risposto alle necessità e alle urgenze attraverso la preghiera. Come il Poverello d’Assisi, a cui deve il suo nome, ha raccolto umilmente la lezione della storia, quella che fa scendere i potenti dai piedistalli e che inizia a parlare agli umili e agli ultimi che non hanno voce. “La mia gente è povera e io sono uno di loro”, ha dichiarato quando si accingeva a compiere azioni di ordinaria quotidianità. La cosa peggiore che possa accadere nella Chiesa, ha spiegato in alcune circostanze, “è quella che de Lubac chiama mondanità spirituale”, che significa “mettere al centro se stessi”.
Francesco si serve di una diplomazia che è frutto di una visione del mondo con almeno due punti di riferimento: il fatto che mai nulla si possa dare per perso nei rapporti tra popoli, Stati e nazioni, ed il capovolgere la prospettiva tra centro e periferie. Il lavoro del pontefice in fatto di politica internazionale è diretto all’intessere relazioni e al cercare di costruire ponti. In un mondo frantumato, in cui sono gli ultimi, gli emarginati, a vivere sempre la situazione peggiore, è la pace la priorità da raggiungere. Il Papa, nei sui 5 anni di pontificato, chiede alla gente di ascoltare la voce della propria coscienza e di “lasciarsi coinvolgere nella dinamica dell’amore, aprendosi a nuove tappe di crescita e di maturazione della coscienza dell’amore, compiendo in esso il sentiero in cui ci si impegna nella dinamica di conformazione al messaggio di Dio che conduce all’interno del sentiero della storia in un processo di crescita e maturità”. Francesco, da buon ignaziano, per giungere alla via dell’amore, sostiene: “Nessuno è già alla fine: lo stesso San Francesco, alla fine della sua vita, lo ha affermato”. Il Papa “è riuscito a fare un passo importante nell’orizzonte della coscienza moderna, traducendo il messaggio biblico della coscienza umana sempre unica”.