La piattaforma promette la completa libertà di parola senza il rischio di essere bloccati. In questi ultimi mesi ha raccolto gran parte degli utenti banditi da Facebook e Twitter, tra cui molti estremisti e suprematisti bianchi, antisemiti e sostenitori di Trump.
Tra gli utenti italiani spuntano Daniele Capezzone, Nicola Porro, Alberto Bagnai, Claudio Borghi e Maria Giovanna Maglie, personaggi già noti al pubblico televisivo. Parler si definisce la nuova piazza del mondo, un’agorà nella quale ha trovato ospitalità l’estrema destra statunitense e conta oltre 4 milioni di utenti attivi e ben 10 milioni di utenti in totale, un incremento avvenuto in particolar modo negli ultimi mesi e che ha trovato nuova linfa dopo la disfatta di Trump alle ultime elezioni americane. Parler è stato fondato nel 2018 da due giovani ex studenti dell’Università del Colorado di Denver e ha le stesse caratteristiche di altri noti social di massa, mentre ha copiato da Telegram gli stessi step relativi alle modalità di iscrizione, ovvero nessuna tracciabilità della propria identità.
Nonostante però il motto sotteso “vietato vietare”, alcune regole anche Parler le possiede, come per esempio non fare spam, non sostenere organizzazioni terroristiche, non diffamare nessuno, stop alla pornografia o all’esortazione all’uso di droghe. Ogni altra opinione, chiaramente di estrema destra e non solo, è la benvenuta, come anche sono accolte le idee e la propaganda di complottisti, estremisti anti governativi e dei suprematisti bianchi. Interessante anche se sembra più un’excusatio non petita, è il principio che è alla base della permissività data ad alcuni post: i fondatori e moderatori della piattaforma sono infatti dell’idea che ospitare idee estremiste o spesso volgari nei contenuti possa funzionare da deterrente per stanare un certo tipo di utenti che così possono essere contraddetti, da altri utenti, nel momento in cui vengono allo scoperto. Una policy che comunque sia ha funzionato in special modo nei confronti di determinate categorie di utenti, ovvero tutti coloro i quali sono stati messi alla porta dai principali social per post o tweet pesanti e offensivi.
Per i fondatori di Parler i tiranni della tecnologia si chiamano Facebook e soprattutto Twitter, rei di censurare le opinioni dei sostenitori di Trump e le idee dei conservatori. Parler può allora aprire la strada a un cambiamento nel panorama dei social media, creando cioè delle piattaforme che siano a misura di determinate esigenze politiche degli utenti e che si sono stancate delle regole imposte dalle policy dei principali social network. Dire però che al momento Parler rappresenti una minaccia per Facebook e Twitter è a dir poco esagerato, i numeri delle due principali piattaforme sono ben lontani dal poter essere raggiunti e superati. Stiamo però parlando di due visioni comunicative ben diverse: da una parte i vecchi social generalisti, e dall’altra l’avanzare di piattaforme deregolamentate per un pubblico a cui piace sempre più vivere in un far west virtuale. Parler è ora chiamato alla prova del tempo; vedremo se sarà in grado di mantenere alto l’interesse e il fascino per i suoi attuali utenti e se sarà capace di richiamarne a sé dei nuovi dopo la sbornia delle elezioni.