Macchiaioli I
Il movimento dei macchiaioli fu tra i più rappresentativi della pittura italiana, ebbe avvio a Firenze, città che era al tempo crogiuolo di idee liberali, cosmopolita (a Fiesole sobborgo più ricco e benestante della città, vi era una nutrita colonia inglese) e naturalmente sempre splendida di arte, di cultura e di splendidi paesaggi, sarà anche capitale d’Italia, dall’1865 al 1871.
Il gruppo dei macchiaioli fu attivo per circa un ventennio dal 1856 al 1870, anno che segna la disgregazione del gruppo, causa vicende personali e dissidi tra di loro.
Vincenzo Cabianca- Le monachine-1861- Istituto Matteucci-Viareggio
Il nome fu utilizzato per la prima volta nel 1862 in occasione dell’Esposizione Nazionale di Belle Arti, allestita per celebrare l’Unità italiana, con intenzione dispregiativa da un anonimo commentatore sul giornale Nuova Europa, per il loro modo di stendere la pittura (nel XVI secolo fare alla macchia significava un abbozzo) e fu preso dal gruppo, un po’ come successe con gli impressionisti che adottarono tale nome, coniato da un critico d’arte con intento denigratorio a un’opera di Monet intitolata, Impression, soleil levant.
Cristiano Banti- Passeggiata sotto la pioggia-1880
Il loro punto d’incontro fu il Caffè Michelangelo, a Firenze, qui si fermavano artisti, avventurieri e patrioti per bersi più che un caffè, un punch, cioè una bevanda che era composta più da rhum che da caffè e per discorrere e infervorarsi sulle questioni italiane; tra di loro, intellettuali e letterati come Carlo Lorenzini (alias Collodi), autore di Pinocchio, critici d’arte come Diego Martelli e il gruppo dei “macchiaioli”, Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Cristiano Banti, Vincenzo Cabianca ,Odoardo Borrani e altri.
In breve tempo il Caffè Michelangelo sarà talmente noto che qualsiasi artista, intellettuale o semplice curioso di passaggio a Firenze, vi farà una capatina; dalla Francia arrivarono anche Edouard Manet e Edgar Degas, quest’ultimo riprese Diego Martelli e la sua famiglia in dipinti assai noti.
Diego Martelli li aiutò non solo intellettualmente ma anche ospitandoli nella sua tenuta a Castiglioncello, una grande proprietà di oltre 800 ettari, che si estendeva dal mare fino alle colline, che offrì ai macchiaioli uno scenario di selvaggia e intatta bellezza, non c’erano costruzioni, la moda balneare non era ancora diffusa.
Odoardo Borrani- Casa e marina a Castiglioncello- Collezione privata
I macchiaioli, per certi aspetti sono antesignani dell’Impressionismo, il dipingere all’aria aperta, lo studio della luce e dell’accostamento dei colori eseguito a macchia, con tocchi precisi di colore per contrasto di scuri su chiari e viceversa, i volumi e le ombre creati solo dal colore, senza chiaroscuro, la semplicità della composizione senza disegno, le pennellate vibranti, veloci e sfuggenti, presentano una tecnica assai simile al più celebrato dei movimenti artistici.
I soggetti delle loro opere (dipinti spesso su formato assai piccolo a volte ricavato da scatolette di sigari) sono per lo più paesaggi toscani, contadini, soldati, spesso colti in solitudine e donne in giardino o mentre suonano al pianoforte e cantano stornelli o cuciono camice rosse, donne in gruppo, amiche fra di loro, eleganti, sobrie, dolci, determinate e stimate… sono le giardiniere.
Silvestro Lega- Il pergolato- 1868- Pinacoteca di Brera- Milano
Le donne patriote erano chiamate “giardiniere” perché si riunivano in giardino, il loro motto era “Costanza e Perseveranza, Onore e Virtù”; si impegnarono nelle attività del Risorgimento, avevano anche loro un segnale per riconoscersi; non solo si dedicavano a sostenere e proteggere i loro uomini, a cucire bandiere e divise, ma combattevano anche al fianco dei loro mariti ( non vi fu solo Anita Garibaldi come in tanti pensano), resistevano con coraggio e acume agli interrogatori, molte furono infatti le donne che vennero arrestate e processate, accusate di essere giardiniere.
Odoardo Borrani -Le Cucitrici di camicie rosse- 1863- Collezione privata
Le giardiniere furono le prime a rendersi conto che l’Unità d’Italia non era solo da effettuarsi sul campo di battaglia, si dedicavano nell’istruzione della popolazione, nel cercare di abbattere la mortalità infantile, nell’aiutare le donne povere insegnando loro un lavoro, ricamo o cucito, al miglioramento delle carceri e molto altro.
Odoardo Borrani- Il 26 aprile 1859- 1861-Collezione privata (sono i giorni che precedettero la cacciata dalla città del Granduca di Lorena)
I macchiaioli, si impegnarono molto nel Risorgimento, credendo che le idee di giustizia, libertà e fratellanza potessero realmente realizzarsi, tuttavia ad Unità avvenuta, avvertirono poi che non andava tutto così bene.
“La gente nova e i subiti guadagni”, come scrive Dante, ovvero la borghesia nascente e affarista, metteva da parte, per il profitto, ciò per cui si era lottato ovvero una società ispirata ai principi fondamentali dell’umanità… già nel 1892 ci fu lo scandalo delle attività illecite e di corruzione del governatore della Banca Romana effettuate nel decennio precedente, nel quale furono coinvolti presidenti del Consiglio, gli stessi Giolitti e Crispi, ministri, parlamentari e giornalisti, lo scandalo fu tale che si istituì una commissione parlamentare di inchiesta, ma visti i coinvolti, si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati e l’erario statale si sobbarcò l’onere di tappare il buco monetario del Paese.
Cristiano Banti- Boscaiole-Galleria d’Arte Moderna-Firenze
I macchiaioli erano quasi tutti dei garibaldini, seguaci dell’eroe dei due mondi, quest’ultimo partecipò alla difesa della repubblica romana del 1849, che fu il breve sogno di Mazzini e degli altri risorgimentali, contro i soldati di Pio IX e le truppe francesi accorse in aiuto. (Contraddizioni apparenti della storia, cinquant’anni prima, 1798/1799, i francesi a Roma fondarono la repubblica romana sorella di quella francese, anche questa durò pochissimo, diventando poi impero napoleonico e con la restaurazione di nuovo dello stato pontificio)
Giovanni Fattori-Soldati francesi del ’59- Collezione privata
Tra i volontari che seguono Garibaldi nella strenua difesa di Roma vi sono preti, studenti, pittori, letterati; tra i pittori vi sono i macchiaioli e vi è anche Goffredo Mameli, autore del nostro Inno d’Italia che muore ad appena ventidue anni a causa di complicazioni dovute ad una ferita alla gamba.
In seguito alla sconfitta e alla fuga, Garibaldi coi suoi seguaci (alla caduta della repubblica romana aveva detto… la patria è con me, chi l’ama mi segua, lo fecero all’incirca in quattromila) approda a Cesenatico cercando di arrivare a Venezia, ma è intercettato dagli austriaci, vi è così, coi pochi rimasti, la cosiddetta “trafila garibaldina”, tutt’oggi ricordata in Romagna: fu una lunga serie di eventi difficoltosi, tra cui la morte di Anita, che i patrioti romagnoli di ogni condizione sociale, dal colonnello della guardia nazionale, al birocciaio sino a Don Giovanni Verità, tanto per citarne solo alcuni, affrontano per sottrarre Garibaldi all’inseguimento dagli austriaci e portarlo fuori dai confini dello stato pontificio. Quel Garibaldi, che poi farà, dopo l’impresa dei Mille, il gran regalo a Vittorio Emanuele II, a Teano, accettando la monarchia al posto della repubblica ma poi lasciato dai notabili, volontariamente a Caprera.
È in questo lasso di tempo, il Risorgimento e i primi anni dell’Unità italiana, non ancora con la capitale a Roma, che si svolge l’attività dei macchiaioli.
(Continua)
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